Intanto, in tv i tre candidati del Pd d’accordo su quasi tutto, dal Rei al no alla patrimoniale
Di Beppe Pisa
Sergio Mattarella si conferma la bussola della politica italiana. Con saggezza e buona dose di senso pratico, il presidente della Repubblica affronta alcuni dei temi caldi ma in punta di penna. Succede nel suo giovedì milanese, trascorso tra l’inaugurazione dell’anno accademico dell’università Iulm e il taglio del nastro della XXII Esposizione internazionale della Triennale. Il capo dello Stato, davanti a studenti e professori, nell’auditorium dell’ateneo che festeggia i cinquant’anni dalla fondazione, in qualche modo detta la linea. E lo fa con pacatezza: “Io non pretendo, non aspiro a che il nostro Paese ragioni in termini di secoli, sarebbe ampiamente sufficiente, sarei pienamente soddisfatto se ragionasse in termini di decenni con la capacità di essere pronti appunto ad affrontare il futuro e a progettarlo”. L’intervento di Mattarella spazia fra l’Europa e le sfide del futuro, seguendo il filo conduttore della cultura. E a colpirlo sono le parole della rappresentante degli studenti, Martina Bosin, sulla capacità di essere pronti e sul dinamismo dell’innovazione, che lo spingono a sottolineare “l’esigenza che tutti avvertiamo: questa capacità di guardare al futuro, di non essere prigionieri catturati dal presente”. E non solo. Un rapido excursus della storia dell’Europa per immagini, a meno di quattro mesi dalle elezioni che potrebbero cambiare gli equilibri dell’Unione, fa gioco al presidente della Repubblica per ricordare che “la nostra Europa attraverso la sua cultura ha sviluppato il proprio futuro man mano in mezzo a tanti ritardi, a tanti errori, a tanti scontri fratricidi e a tanti orrori nella sua storia. Ma il suo tessuto culturale comune, che ha sempre superato i suoi confini – rimarca – ha consentito all’Europa di andare avanti. La capacità e la cultura le ha assicurato di andare oltre il presente”. Il leitmotiv della giornata milanese è proprio la cultura. In tutte le sue forme, tanto che la seconda tappa della visita di Mattarella è alla Triennale per il taglio del nastro della XXII Esposizione internazionale, dal titolo ‘Broken nature: design takes on human survival’. A proposito di sfide da affrontare, anche quella dell’ambiente non va sottovalutata.
E intanto in tv si consuma un dibattito moscio e noioso tra i candidati alla segreteria del Pd. Primarie domenica 3 marzo
Zingaretti punta a un milione di votanti alle primarie, pronostico per il quale Martina metterebbe la firma, mentre Giachetti non si esprime. A dimostrare, una volta di più, che la partita delle primarie si giocherà tutta sull’affluenza sono gli stessi candidati alla segreteria dem durante il confronto televisivo su Sky Tg24. E Zingaretti, che ha chiesto al partito di investire in una campagna di comunicazione per portare le persone ai gazebo, si è spinto anche oltre, rinunciando alla domanda diretta a Maurizio Martina per chiedergli, invece, di fare un appello al voto: “Dobbiamo lottare per arrivare almeno al milione di elettori – avverte – Le primarie non interessano solo i tre candidati, ma sono una opportunità per chi pensa che non ce la fa più. Se vanno bene le primarie si apre una nuova battaglia politica”. Il riferimento è agli ultimi risultati in Abruzzo e Sardegna, dove i dem hanno dato prova di essere ancora della partita, fino a lasciar intravedere un possibile ritorno al bipolarismo centrodestra-centrosinistra. Risultato maturato in virtù della credibilità dei candidati, a detta di tutte e tre le mozioni, e per le coalizioni allargate ai partiti di sinistra, per Zingaretti. Uno schema con cui il governatore ha vinto la corsa alla Regione Lazio contro il Movimento 5 Stelle e Roberta Lombardi, e che si potrebbe mettere in campo anche alle europee, sempre che sia proprio Zingaretti il prossimo segretario. Nel frattempo è Maurizio Martina a fissare l’asticella del Pd al 20 per cento: raggiunta quella soglia si potrà parlare di successo, altrimenti ci si troverebbe di fronte a un nuovo ‘flop’. Un confronto quasi ‘british’, senza effetti speciali e senza litigi in diretta, quello andato in scena su Sky Tg24 tra i tre candidati alla segreteria del Partito Democratico. Tanto pacifico che anche gli spazi a disposizione per le repliche sono stati utilizzati con parsimonia e solo dopo sollecitazione del moderatore. L’unico momento in cui lo studio televisivo si è acceso è stato quando Roberto Giachetti è tornato a minacciare il suo addio alla casa madre in caso di alleanze con il Movimento 5 stelle o ritorno di esponenti fuoriusciti con la scissione che portò alla nascita di Mdp e Leu. “Ho letto con una certa preoccupazione alcune affermazioni di Giachetti sulla possibilità che dopo il congresso esca dal Pd”, dice Martina. E Giachetti risponde, telegrafico: “Caro Maurizio, sto in una comunità, non in una caserma. Se il Pd viene portato con i Cinque Stelle o si fanno rientrare quelli che sono usciti, quella non è più casa mia”.
La polemica sul Venezuela e il no unanime alla tassa sui patrimoni
A cercare di sdrammatizzare il clima ci pensa Nicola Zingaretti: “La notizia è che Giachetti non se ne va: perché nessuno vuole allearsi con i Cinque Stelle e nessuno vuole un ritorno al passato”, chiosa il presidente della Regione Lazio che, però, si trova anche a dover difendere un suo sponsor politico, l’europarlamentare Goffredo Bettini, dall’accusa mossa da Giachetti sul Venezuela: “Il governo sostanzialmente sostiene un dittatore. Non è solo un problema dell’Italia, c’è un problema del Parlamento Europeo. Mi rincresce che solo 8 deputati hanno votato insieme a M5s e Lega e tra i deputati che lo hanno fatto c’è Goffredo Bettini che sostiene Nicola Zingaretti”, è l’accusa di Giachetti. “Non si può mettere in discussione la scelta di un parlamentare europeo che era finalizzata a una maggiore adesione così come anche l’Alto Commissario Federica Mogherini ha spiegato”, la replica di Zingaretti che al suo competitor, poco dopo, riserva una frecciatina: “Che ci siano delle idee diverse in un Partito Democratico è auspicabile, altrimenti rimaniamo in quattro gatti”, spiega rivendicando la coalizione messa insieme per vincere la corsa alla Regione Lazio. Una vittoria che, per il Pd odierno, “è cosa rarissima”, ha chiosato. Confronto meno frizzante sui grandi temi nazionali, a partire dai giudizi sul governo per arrivare fino alla crisi in Venezuela. Per tutti e tre i candidati occorre sostenere l’iniziativa europea, abbandonando la linea adottata dal governo lega-M5s che ha portato “all’isolamento del nostro Paese”, spiegano quasi in coro Martina, Zingaretti e Giachetti. Stessa sintonia riguardo al ‘No’ all’idea di introdurre una tassa patrimoniale e sul giudizio sul governo: “La situazione è drammatica dal punto di vista finanziario, questo governo ci sta portando in una tempesta pericolosissima per gli italiani. Hanno abbassato l’asticella della lotta all’evasione fiscale”, dice Martina. “La vergogna è che ci sono 140 miliardi in pancia dello Stato. Il danno della propaganda del governo è che si dimenticano di spenderli. Dobbiamo togliere ogni riserva sui cantieri e avviare le opere”, rincara Zingaretti.