Il problema delle mafie che si infiltrano nei territori del Nord – Est, in particolare nei settori dell’economia e nelle attività finanziarie, non possono più essere considerate un fenomeno circoscritto a livello locale- regionale: lo si evince dal dossier “ControMafie Corruzione. Passaggio a Nord Est” pubblicato da Libera (l’Associazione Nomi e Numeri Contro le Mafie) nel richiamare all’attenzione il fenomeno della criminalità organizzata, dove spesso non viene compreso sufficientemente a causa «dell’assenza di violenza omicida» e per questo risulta «invisibile e l’impalpabilità economica degli operatori mafiosi dovuta al rovesciamento dello stigma meridionale: le mafie non riguardano il Nord perché non si registrano casi di omicidi mafiosi. Se le mafie non uccidono non esistono. C’è ancora difficoltà ad assumere le mafie e i fenomeni corruttivi come una questione nazionale. Questa resistenza è preoccupante perché proviene dalle regioni che determinano l’andamento dell’economia nazionale. Il radicamento della criminalità mafiosa nel Nord da un punto di vista economico non esistono, o meglio per inesperienza o ancor peggio per convenienza, sono accettate come operatori del mercato in contesti in cui possono movimentare flussi finanziari e garantire controllo della manodopera a prezzi competitivi. L’assenza di violenza omicida ha consentito alle mafie di nascondersi dietro la circolazione del denaro». Libera e Avviso Pubblico ha presentato il 5 marzo a Trento, presso la Fondazione Caritro, i dati sulla percezione della corruzione emersi dalla ricerca effettuata su tre regioni: Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, nell’ambito di “Libera Idee” (in cammino verso la XXIV Giornata della Memoria e dell’Impegno, in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che si terrà il 21 marzo a Padova). Al dibattito sono intervenuti Davide Mattiello presidente della Fondazione Benvenuti in Italia (deputato nella scorsa Legislatura), il vice presidente di Avviso Pubblico Nicola Leoni e Alessandra Ianes avvocato e responsabile del Progetto Prevenzione della corruzione e trasparenza del Comune di Trento con la moderazione di Caterina Lopardo della sezione Libera del Trentino. Le recenti indagini della magistratura confermano, a fronte di numerosi arresti effettuati in Veneto, come sia importante mantenere alta l’attenzione. Lo dimostrano anche le cifre che sono state fornite durante il convegno “Mafie ed economia” organizzato dalla Camera di Commercio di Veronail cui presidente è Giuseppe Riello, insieme ad Avviso Pubblico l’11 marzo scorso. «Negli ultimi anni a Verona e provincia – ha spiegato Paolo Arena, componente di Giunta della Camera di Commercio di Verona – è emersa la presenza di gruppi criminali di tipo mafioso, in particolare nel settore economico locale. In collaborazione con Avviso Pubblico (l’associazione di enti locali impegnati per la diffusione della legalità, che conta 450 enti in tutta Italia, di cui 24 in provincia di Verona) abbiamo ritenuto opportuno organizzare il convegno». Sono 21 le interdittive antimafia che sono state eseguite a Verona, 363 i beni confiscati alla mafia nel Veneto e 24 le aziende (dati riferiti al 2018),1.747 operazioni finanziarie sospette su 8254 in Veneto e 98.030 in Italia. Il convegno, a cui ha partecipato anche Nicola Morra presidente della Commissione parlamentare antimafia, ha permesso di comprendere quanto sia grave la presenza delle mafie e del crimine organizzato nell’ambito del settore economico-produttivo. Uno scambio proficuo per cercare di prevenire e far emergere tutte quelle azioni illegali al fine di impedire l’infiltrazione delle organizzazioni criminali favorendo una “rete di legalità organizzata” in cui far confluire ogni forma associativa in grado di offrire un contributo. «Le inchieste giudiziarie rivelano come le mafie si sono radicate anche nel territorio veneto – ha spiegato il Coordinatore nazionale di Avviso Pubblico Pierpaolo Romani – e lo hanno fatto sfruttando a proprio favore la crisi economica, la sfiducia verso le istituzioni e i partiti e giovandosi anche di un certo consenso sociale presente in alcune fasce della popolazione, della politica, delle libere professioni, dell’economia e della finanza. È quindi necessario che il mondo politico, economico, sociale e culturale, maturi questa consapevolezza e si mobiliti in modo coordinato a livello generale, per rafforzare la collaborazione tra le istituzioni, le realtà associative, gli ordini professionali e i vari soggetti del mondo produttivo». Nel suo discorso anche il Presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà, ha voluto rimarcare come la presenza delle mafie sia ormai evidente in tutto il Nord Italia e nel Veneto (oltre che nel resto d’Italia) ma per troppo tempo abbiamo cercato di allontanare l’idea che in queste regioni fosse presente. La realtà invece è diversa. Le mafie al Nord ci sono perché fanno affari e turbano l’economia locale mentre è necessario fare un salto di qualità per contrastare la criminalità organizzata con la legalità organizzata. Ai giovani non viene consegnato un futuro adeguato». Non può che far provare sgomento ascoltando quanto detto dalla giornalista del Sole 24 Ore Raffaella Calandra (moderatrice del convegno) “è uno schiaffo alla città di Verona” citando una frase estrapolata dalle intercettazioni dei carabinieri incaricati delle indagini sulla presenza della camorra in Veneto: « (…) se vuoi fare l’imprenditore potente devi essere mafioso…». La gravità del fenomeno viene evidenziata nel dossier “Contro Mafie. Corruzione” di Libera dove riporta quanto afermato nella relazione finale del 2018 redatta della Commissione parlamentare antimafia nell’analizzare l’infiltrazione delle mafie imprenditrici nell’impresa legale: « (…) Sono gli imprenditori a cercare il contatto con esponenti dell’ndrangheta nell’illusione di un rapporto temporaneo, finalizzato a superare una crisi di liquidità, a recuperare crediti di ingenti valore o fronteggiare la concorrenza che ben presto si ritrovano con l’azienda in mano ai mafiosi. Al nord le mafie hanno trovato la disponibilità e la complicità degli imprenditori e un terreno di illegalità economico diffuso». Un problema che è stato sollevato anche dal presidente della Commissione antimafia Nicola Morra ricordando il caso di Mario Crisci che nel Veneto gestiva la società Aspide specializzata in usura nelle aziende in difficoltà. Un capo di un clan affilliato alla Camorra condannato in via definitiva a 15 anni di reclusione, durante il dibattimento rispose ai giudici che chiedevano le ragioni che avevano portato a scegliere il nord – est, risposte così: « la decisione di concentrare le nostre attività nel nord – est perché qui il tessuto economico non è così onesto. Io sono un esperto di elusione fiscale. Il margine di guadagno era buono, perché qui la gente non ha voglia di pagare le tasse peggio che da noi». L’indagine che portava il nome di “Serpe” si è conclusa nel 2015 con una sentenza definitiva della Corte di Cassazione di Roma che ha stabilito la presenza della mafia sul territorio veneto e in particolare a Padova. «Il problema non è solo la presenza di camorristi e mafiosi che operano illegalmente ma quella di sviluppare gli anticorpi necessari per non cadere in tentazione – ha ribadito il presidente Morra – come molti hanno fatto. Bisogna alzare sempre il livello di guardia e per questo motivo la Commissione antimafia ha deciso di effettuare una visita nel mese di maggio nel Veneto. L’emergenza mafia si fa sentire e solo a Verona le operazioni sospette sono state 1700. Il giudice Falcone ricordava sempre come lo stato e la mafia siano due soggetti perenemmente in conflitto per il controllo del territorio. Le mafie vanno studiate al di là del problema autoctono per la complessità data anche della presenza di stranieri in Italia. Morra ha voluto anche sottolineare come siano stati accertati «gravi casi di corruzione nell’ambito della magistratura e collusione tra politica e mafia. Le mafie incidono sul voto e l’aspetto legislativo come è accaduto con le elezioni nel Comune di Eraclea dove il sindaco (arrestato poche settimane fa nell’ambito dell’indagine per voto di scambio, ndr) che ha vinto con 81 preferenze». La domanda è cosa fare per ripristinare la legalità là dove è stata messa in serio pericolo dalla presenza delle mafie? Morra risponde che «è necessario promuovere incontri con la società civile seguendo l’insegnamento di Gesualdo Bufalino che le battaglie contro le mafie vanno sconfitte da un esercito di maestri elementari capaci di insegnare la legalità in forma interna, a livello di consorzio umano refrattario al pericolo. Dobbiamo operare a livello di giustizia sociale per premunirci e difendere la parte sana della nostra società». Angela Barbaglio procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verona intervenendo al Convegno ha spiegato di non aver mai creduto all’equivoco culturale che riteneva la criminalità in provincia di Verona un problema marginale: «equivoco nato per l’assenza di caratteristiche lesive e sanguinarie sconosciute sul territorio veneto ritenuto operoso. I reati “spia” o “sentinelle” sono quelli che dimostrano la capacità di infiltrazione maggiore nel caso di procedure pre fallimentari delle aziende, i concordati preventivi al fallimento». Bruno Cerchi procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia e coordinatore della Direzione distrettuale antimafia rispondendo al problema della solitudine delle istituzioni e al silenzio delle vittime che dimostrano poca collaborazione ha spiegato come sia «una particolarità culturale non solo del Veneto ma nazionale. Non dobbiamo ragionare per il futuro pensando a quello accaduto in passato. Ora la criminalità organizzata si rivolge agli appalti, al settore immobiliare che sono i più facili da gestire. L’attenzione della società civile e delle istituzioni rappresentative e quelle di libera scelta deve essere mantenuta sempre allerta». L’intervento di Antonio Calabrò vicepresidente di Assolombarda Confindustria di Milano (con delega alla legalità) ha segnato uno dei passaggi più significativi dell’intero dibattito, mostrando come sia indispensabile stimolare sempre più una coscienza civile nel nostro paese: « La presa di coscienza è il primo passo per affrontare il problema così come era accaduto in Sicilia quando venivano esposti i lenzuoli bianchi dalle finestre come segno di ribellione alla mafia che io ritengo paragonabile ad un tumore, ad un’escrescenza di cellule malate in un corpo sano. La mafia è un socio occulto all’interno di un’impresa dove si insinua e il rapporto che si viene a creare si basa su un’equivoco. Non ti accorgi dell’agire occulto sottovalutando le sue potenzialità quando invece l’inquinamento mafioso è destinato a durare per sempre. È un soggetto eversivo per la pubblica amministrazione perché si muove in modo più potente». L’indagine della DDA di Bologna denominata “Aemilia” già nel 2015 aveva evidenziato la presenza della criminalità organizzata anche nel Veneto e la stessa Direzione Nazionale Antimafia nella sua relazione annuale segnala come nel Nord Est sia determinante «la capacità delle mafie di costruire relazioni con la criminalità organizzata straniera per favorire i traffici illeciti attraverso i territori di confine rende strategico l’insediamento mafioso nel nord est e costituisce un ulteriore elemento di allarme». Fa riflettere il risultato del questionario somministrato da Libera dove alla voce “Rappresentazione della mafia”, quasi la metà dei rispondenti del Nord Est (47, 3 %) ha risposta considerando «la presenza della mafia nella propria zona marginale, mentre un caso su cinque è considerata preoccupante ma non socialmente pericolosa. Solo il 17% rileva come la mafia sia al contrario preoccupante e pericolosa».