Un singolare e affascinante episodio della tradizione epico-cavalleresca, tratto da un anonimo cantore del sec. xv, confluito poi nella ottocentesca “Storia dei paladini di Francia” di Giusto Lodico, da sempre la principale fonte letteraria dei pupari, “La Rovenza incantata” è uno spettacolo elaborato da Alessandro e Fiorenzo Napoli sulla base delle antiche serate dell’Opira dei pupi catanese. La vicenda ha come protagonista una donna, la saracena Dama Rovenza di Soria, invincibile guerriera decisa a vendicare Mambrino, ucciso da Rinaldo. L’arma temibile di cui la pagana si serve è anch’essa insolita: un martello. Durante l’assedio di Parigi l’implacabile e imbattibile Rovenza uccide o stordisce molti valenti paladini della corte di Carlo Magno, tra cui persino Orlando. La verità la scoprirà Malagigi, negromante cugino di Rinaldo, dopo avere sconfitto Tuttofuoco: la donna, evocando il mito di Achille, è stata resa invulnerabile proprio dal mago Tuttofuoco, tranne in un punto (particolare piccante e fortemente simbolico): nella sua natura femminina.
Rinaldo allora, deciso a battere la guerriera, nonostante la sua sfolgorante bellezza, ordisce un tranello in combutta con la valorosa sorella Bradamante, riuscendo a sconfiggere Rovenza, sorpresa e uccisa perché resa fragile da un precedente incontro con l’avvenente Rinaldo da cui era stata colpita nel suo cuore di donna.
Nell’uomo prevale il guerriero, nella donna l’amore. Qui si rivelano nella loro natura i due sessi. Sulla simbologia e sulla crudeltà dell’eccidio tramite il punto da cui la vita è generata si potrebbe cercarne le ragioni o le fonti, ma comunque l’Opira dei pupi tende a soddisfare il pubblico tradizionale, confermato nei suoi valori fondamentali di lealtà, amore, fede cristiana. La guerra qui ha il solo scopo di difendere e tutelare la Cristianità e i suoi principi.
Lo spettacolo, suddiviso in una grande varietà di accurate scene e quadri, si avvale della maestria dei “manianti” (coloro che muovono i pupi) e dei “parraturi” (coloro che danno voce ai pupi), nonché della ricchezza scenografica e musicale, a fronte di un testo corposo e ben orchestrato. Di particolare fascino la prima scena dove un gruppo di esseri alati costruisce in diretta, davanti agli occhi degli spettatori, il castello turrito di Montalbano. La bellezza dei Pupi, l’artata ed elegante manifattura delle armature e dei vestiti, l’intensità interpretativa, la singolarità della vicenda, fanno di questo spettacolo una prelibata occasione culturale per gustare un’opera interessante e poco frequentata della tradizione popolare.
L’innovazione del resto è uno dei due binari su cui scorre l’arte dei Fratelli Napoli, che, pur mantenendo i codici tradizionali, ma con uno sguardo aperto al presente, hanno messo in scena con i loro pupi anche opere contemporanee, come “Conversazione in Sicilia” di Vittorini, o innestato in opere classiche scene dove i pupi recitano accanto o in alternanza agli attori, creando un affascinante ibrido che dimostra il valore eterno di una tradizione patrimonio dell’Unesco, tenuta alta da questo straordinario ensemble familiare, il cui capostipite e fondatore Gaetano Napoli nel 1921 ha dato grande forza e valore, insieme ai suoi tre figli Pippo, Rosario e Natale. Quest’ultimo seppe superare grandi crisi come quella negli anni ‘50 in cui il cinema, nuova arte del xx secolo, antagonista implacabile, dava un duro colpo agli intrattenimenti tradizionali. La resistenza e il valore della famiglia Napoli, ereditata dai figli di Natale, Fiorenzo con i suoi figli, insieme ai fratelli Gaetano, Salvatore, Giuseppe, e al cugino Alessandro Napoli, dove coesistono tre generazioni, dove tutto il lavoro ereditato è sostenuto dall’intera famiglia appassionatamente coinvolta, con grande sforzo e impegno, ha permesso che tanta arte sia tramandata e tenuta viva, radice, fuoco e linfa vitale per le nuove generazioni.
Purtroppo tanto valore a Catania non è legittimato dalle amministrazioni che trascurano i pluripremiati maestri pupari, lasciando i Napoli senza una degna sede e senza sostegno economico, a seguito di farraginose e complesse lungaggini burocratiche. Fortunamente l’ospitale Teatro Machiavelli, antica culla dell’Opira dei pupi catanese ha accolto con entusiasmo le loro opere e una piccola, ma significativa mostra dei loro meravigliosi pupi.
LA ROVENZA INCANTATA
Di Alessandro e Fiorenzo Napoli
Copione elaborato sulla base delle antiche serate dell’Opira catanese
Con la Marionettistica dei Fratelli Napoli
Al Teatro Machiavelli di Catania