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La «Biennale Democrazia» tra il visibile e l’invisibile. Intervista a Gabriele Magrin

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Gabriele Magrin: «Dal 27 al 31 marzo la kermesse che fonda le sue radici nella Costituzione italiana proporrà lezioni magistrali, spettacoli teatrali e musicali nel Capoluogo piemontese» 

«Visibile» e «invisibile» sono le due «parole chiave» scelte per l’iniziativa «Biennale Democrazia 2019», che dal 27 al 31 marzo animerà la citta di Torino con appuntamenti, dibattiti, lezioni magistrali, spettacoli teatrali e musicali. Ne abbiamo parlato con il curatore scientifico, Gabriele Magrin.

Viviamo in un’epoca in cui tutto è a nostra disposizione: immagini, dati, informazioni, notizie. Cos’è dunque invisibile?

«Tutto sembra essere “leggibile” ma la verità è un’altra. Ci sono realtà che possono ancora essere “indagate”, “sondate”, scoperte. Da quest’assunto nasce la scelta del focus 2019 di Biennale Democrazia: la visibilità e l’invisibilità. Per riflettere su ciò che è visibile, ossia su ciò che è esibito, esposto, pubblicato e reso noto, con ciò che è sommerso, nascosto, talvolta ignorato».

La vostra è un’iniziativa decennale. 

«Un bel traguardo. Biennale è nata in un’altra epoca. Il mondo in questi anni è cambiato radicalmente. Pensiamo alla rivoluzione digitale che ha modificato le forme della nostra socialità, della comunicazione, della politica e che ha contribuito a costruire una nuova gerarchia dei poteri. Una cosa sappiamo per certo: la democrazia non potrà più essere quella di prima. Biennale, dunque, propone un’alternativa, quella di concedersi delle pause di riflessione e di approfondimento. Un desiderio che spinse Gustavo Zagrebelsky e tanti altri intellettuali torinesi a dar vita a una kermesse che fonda le sue radici nella Costituzione italiana. Senza gli strumenti culturali necessari d’interpretazione dei fenomeni sociali è difficile poter comprendere appieno la realtà».

Per «diffondere la democrazia» bastano quattro giornate di eventi? 

«No. Infatti operiamo nel tempo e nello spazio. Lo facciamo nei due anni che precedono le giornate: un lavoro certosino che condividiamo con tante scuole piemontesi e sul territorio nazionale, e a un’ottantina di associazioni culturali. L’unico modo per crescere insieme è condividere».

L’evento di apertura sarà la lectio magistralis del professor Adriano Prosperi. Cosa si aspetta?

«Abbiamo deciso di iniziare al Teatro Regio di Torino con uno dei massimi storici italiani, Adriano Prosperi. Il tema sarà La visibilità dell’altro. Prosperi ci guiderà in un viaggio nell’Europa di ieri e di oggi, da quella che fu l’Europa conquistatrice all’attuale, nata grazie all’incontro con “l’altro”. Ho avuto la possibilità di poter leggere in anteprima la sua lezione e ne sono rimasto davvero impressionato. Un incontro da non perdere».

Quali altri percorsi sono previsti?

«133 proposte che vedranno i grandi protagonisti del dibattito culturale e civile europeo salire sui palchi delle prestigiose Sale di Torino. Quest’anno, poi, per la prima volta, è coinvolto anche il quartiere Aurora – oggi attraversato da una profonda trasformazione. Tra gli approfondimenti ricordo appena: le trasformazioni inesorabili del Capitalismo con la partecipazione di due grandi economisti, il sociologo Wolfgang Streeck, che si soffermerà sulla fine del capitalismo, e Branko Milanović che interverrà sul graduale e inesorabile declino del reddito dei ceti medi, analizzando anche l’attuale fenomeno dei gilets jaunes. Si parlerà di “populismi” e dell’America di Donald Trump con Nadia Urbinati. Il filosofo francese Jacques Rancière interverrà sulle radici che portano “all’odio della democrazia rappresentativa”. Rupert Younger, fondatore e direttore del Centre for Corporate Reputation dell’Università di Oxford, e coautore di The Reputation Game e The Activist Manifesto, intratterrà il pubblico a “170 anni dal Manifesto del partito comunista”, partendo dalle chine più deleterie dolorose del capitalismo, per arrivare al suo “Manifesto degli attivisti”».

Qual è il valore di Biennale democrazia?

«Ribadire un’idea di cultura come confronto tra opinioni diverse, anche per questo in epigrafe al programma di quest’anno abbiamo voluto inserire una frase di Luigi Bobbio, un grande politologo e amico di Biennale, che non è più con noi. La frase dice: “É importante che le opinioni, prima di contare, si formino e si confrontino”. Il compito di Biennale è favorire la formazione e lo scambio delle idee, al di là delle appartenenze politiche».

Tra gli ospiti nazionali chi possiamo ricordare?

«Sono talmente tanti e autorevoli che sarebbe ingiusto e difficile citarne solo alcuni. Dunque invito a visitare il sito di Biennale per averne un’idea ».

Arte, musica e spettacoli. Non solo lezioni e dibattiti.

«Ricordo l’illusione della celebrità con Pif e Ambra Angiolini e lo youtuber Luis Sal. Uno spettacolo nel quale emergeranno sia gli aspetti lusinghieri sia quelli ingannatori della celebrità nell’era dei social network. Celebrità che può essere lucrativa, ma anche costosa, effimera e illusoria. Infine, segnalo Goran Bregović, musicista e compositore, uno degli artisti più rappresentativi e amati dell’area balcanica che proporrà una conversazione sull’invisibilità della cultura rom e la difficoltà che spesso si ha nel comprenderla. E che poi terrà un concerto presso le Officine Grandi Riparazioni».

Sono previsti «esercizi di memoria»?

«La serata inaugurale al Teatro Regio di Torino è  dedicata a Primo Levi nel centenario della sua nascita con le letture del libro I Sommersi e i salvati. L’attore Fabrizio Gifuni interpreterà alcuni passi. Per la serata conclusiva, Biennale proporrà uno spettacolo dedicato e tratto da Le Città invisibili di Italo Calvino con Lella Costa».

Qual è, o quale potrebbe essere a suo avviso, Magrin, un filo conduttore, un senso comune, a tutte le proposte messe in campo da Biennale Democrazia in questi dieci anni?

«Riavvicinare ciò che sembra essere destinato a stare lontano. Quest’anno è previsto un percorso culturale dal titolo “I legami invisibili”. Molti dei nostri incontri tentano di approfondire la necessità di aver cura dei legami. Legami che tengono insieme le società democratiche; di aver cura anche di quelli apparentemente invisibili, come la capacità di ascoltare le ragioni degli altri o il rispetto. Abbiamo bisogno di elementi narrativi da poter condividere e di occasioni per trovarci vicini a chi è diverso da noi. La “manutenzione” dei legami è uno dei temi che ci sta più a cuore».

da Riforma.it

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