Graffiante e scottante panegirico teatrale anni ‘70 sulla libertà di autodeterminazione della donna firmato Dacia Maraini, negli anni d’oro della rivoluzione femminista, foriero di percorsi quanto mai attuali, “Una casa di donne” si colloca nello spazio imponente della fertile ricerca della celebre scrittrice. Fin dagli esordi e in seguito esplosa nel panorama letterario con Marianna Ucria, la Maraini infaticabilmente traccia ritratti al femminile, testimone di un costante impegno culturale, sociale, umano che ha aperto squarci evolutivi di consapevolezza nel variegato e complesso universo della donna.
Affine per spirito caustico antiborghese e modernità di approccio alla Celestine fine Ottocento, “Femme de Chambre“, però per costrizione sociale, di Mirbeau, sostenuto e reso pregnante e vivo dalla fresca interpretazione di Ottavia Orticello, il monologo, estremista e provocatorio, trattandosi di una voluta prostituzione, fuori dai pregiudizi e dal cinismo ipocrita dell’etica borghese maschilista e fallocrate, si attesta su frange di ricordi e spezzoni di vita di Manila, filosofa mancata, meretrice per scelta. Lo stereotipo della prostituzione forzata, dove la donna è vittima dello sfruttamento mascolino e dei condizionamenti ambientali, qui viene ironicamente ribaltato nell’assoggettamento del maschio, divenuto da soggetto oggetto, asservito al potere del corpo femminile.
Hic et nunc a gamba tesa entriamo nel mistero della prostituzione volontaria. Ci si chiede comunemente perché giovani donne colte e belle non vogliono una vita “normale” di insegnante, moglie, madre. Perché “scegliere” proprio il più aberrante e denigrato tra i cosiddetti mestieri? Per sfuggire forse ai condizionamenti sociali, alle convenzioni, ai cliché? Per i facili guadagni? Per sancire una ribellione, anche se sulla propria pelle? Per assecondare una natura incline ai piaceri (?!). Per un’apertura mentale fuori dagli schemi? Lo spettacolo non soddisfa le banali curiosità, ma pone domande e riflessioni su un fenomeno sociale oggi in espansione e sul significato esistenziale di questo percorso.
Con naturalezza e linguaggio esplicito Manila apre lo scenario di una casa dove lei insieme ad altre due donne offrono liberamente il loro corpo alla voglia degli uomini, gustati in una serie di ritratti ai bordi del ridicolo mascolino, infilzati da Manila con una descrizione dettagliata di particolari infimi e segrete manie che accendono i riflettori sull’eros mercificato con ironica sfrontatezza, a tratti poetica, quando la donna si sofferma nella rievocazione della propria intimità, familiare e umana. Spiare dal buco della serratura la vita di una prostituta potrebbe essere eccitante e soddisfare curiosità morbose, ma l’equivoco viene subito chiarito dall’eleganza della scrittura e dell’interpretazione che ci spingono su altre direzioni, scevre da facili risvolti sessuali, più profonde, intellettualmente stimolanti.
Le due donne, la scrittrice e l’attrice ci conducono con destrezza lontano dai compiacimenti, nei contorti corridoi dell’anima di una donna che pensa e dichiara di avere scelto liberamente la sua professione… forse. Mettendosi a nudo e scoprendo episodi, sentimenti, emozioni Manila, nei tremiti della sua intimità vibrante ci sposta sul piano della tenerezza, lasciando intatta la complessità di una vicenda dai variegati risvolti sociali e umani, con il suo carico di destini tracciati con mano ferma, all’apparenza.
UNA CASA DI DONNE
Di Dacia Maraini
Regia di Jacopo Squizzato
Con Ottavia Orticello
Costumi e scene Sara Gicoradi
Consulenza artistica Eugenio Murrali
Assistente alla regia Katia Mirabella e Giulia Odetto
Produzione Golden Show srl. – Impresa sociale Trieste
Al Piccolo Teatro della Città di Catania