Estratto dalla postfazione “Sovranismo all’attacco: prima le donne e i bambini” di Luisa Betti Dakli in “I nostri corpi come anticorpi – La risposta delle donne alla reazione della destra” di Beatrice Brignone e Francesca Druetti, con contributi di Giulia Siviero e Claudia Torrisi (ed. People 2019), libro che sarà presentato a Verona presso la libreria Libre il 30 marzo alle ore 18.00 nell’ambito delle proteste contro il Congresso mondiale delle famiglie.
L’ondata travolgente di autoritarismo, populismo e intolleranza, in Europa e nel mondo, veicola continuamente messaggi di esclusione: dalle politiche razziste, divisive e misogine del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a quelle marcatamente fasciste di Bolsonaro in Brasile, fino ad arrivare ai governi populisti e autoritari di Ungheria e Polonia, che continuano il loro processo di limitazione delle libertà dei cittadini e delle cittadine, sull’esempio della Russia di Putin o della Cina. Autoritarismi e populismi che appaiono come un’ineluttabile deriva a livello planetario con gruppi politici che cercano di sostituire la democrazia con la loro interpretazione egoistica, facendola passare come ciò che la maggioranza desidera. Questo modello attrae l’ammirazione dei populisti occidentali che, una volta in carica, hanno il vantaggio di sfruttare il potere dello Stato, ampliando la loro demagogia: come Matteo Salvini, che sta tessendo le fila per unire tutti i gruppi sovranisti presenti nel Parlamento Europeo per costruire un blocco di destra compatto.
In quest’avanzata di una politica che demonizza le minoranze e mina le istituzioni democratiche, le donne rappresentano indubbiamente uno dei primi bersagli da colpire e da affondare. Oltre all’attacco al diritto al divorzio e il tentativo manifesto di silenziare la violenza maschile in ambito domestico, c’è il mai morto attacco all’aborto e ai diritti civili, ma anche attacchi alle Ong che lavorano con i migranti o con le donne che cercano di sottrarsi alla violenza. Una rimonta a destra che non riguarda solo l’Italia o l’Europa ma tutto il mondo. (…) A settembre dello scorso anno il World Congress of Families (Wcf) si è riunito in Moldavia coinvolgendo partiti e movimenti che difendono la “famiglia naturale” e il matrimonio indissolubile e che lottano contro l’aborto e le unioni civili. Salutato da Salvini con un messaggio letto dal palco in cui si raccomandavano «i valori fondanti delle nostre culture» e «gli sforzi per proteggere la famiglia naturale», il congresso ha accolto con calore il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin.
Dopo soli sei mesi il Wcf è stato riprogrammato prima delle elezioni europee di maggio, ovvero per la fine di marzo, e in Italia. La città prescelta è Verona, una città che si presenta, per molti versi, come laboratorio in cui verificare l’efficacia di politiche di estrema destra, strettamente legate a ideali religiosi ultrareazionari: azioni sul territorio locale che possono poi diventare programmi di governo grazie alla Lega, che trasversalmente unisce tutti questi gruppi dando loro credibilità istituzionale. Il Wcf previsto a Verona ha infatti ottenuto il patrocinio di Provincia, Regione e Ministero per la famiglia, e prevede interventi di Tajani, presidente del Parlamento europeo, Salvini, ministro dell’Interno nonché vicepremier, Bussetti, ministro dell’Istruzione, e Fontana, ministro per la Famiglia.
Ma da dove nasce questo raduno? Tutto ha inizio nel 1997 nell’appartamento del “mistico russo-ortodosso” Ivan Shevchenko, dove l’americano Allan Carlson, attuale presidente emerito del Wcf, e i russi Anatoly Antonov e Viktor Medkov, professori di sociologia a Mosca, hanno dato vita a un’organizzazione che avrebbe dovuto svegliare e guidare la destra cristiana globale, rimettendo la Russia in una posizione centrale dopo il periodo dell’Urss. Obiettivi principali: difendere la famiglia tradizionale, sostenere campagne contro aborto e omosessuali. Un progetto finanziato dal miliardario ortodosso Konstantin Malofeev, uomo fidato di Putin che tiene le fila di tutta l’estrema destra in Europa.
Oggi il Wcf è gestito dal presidente dell’omofoba National Organization for Marriage, Brian Brown, che tiene ben stretti i legami tra Russia e destra religiosa americana, e che è uno dei più influenti attivisti americani anti-Lgbt nel mondo, noto per aver impedito le adozioni dei bambini russi da parte di coppie gay straniere, e grande amico del premier ungherese, l’ultrareazionario Viktor Orbán. Il Wcf è ormai uno dei poli principali delle destre dell’Est e costituisce un riferimento per gli evangelici statunitensi di estrema destra, che hanno avuto un ruolo fondamentale anche nelle elezioni del nuovo presidente in Brasile, il fascista Bolsonaro, diventando una delle organizzazioni antiabortiste e anti-Lgbt più forti del pianeta.
Mosca, che ha avuto e ha un ruolo importante nella rinascita della destra cristiana internazionale, ospita da tempo conferenze neonaziste provenienti da tutto il mondo, dà appoggio alla destra americana fondamentalista, e le sue banche finanziano gruppi di estrema destra ovunque, compreso il Fronte Nazionale francese, con rapporti diretti anche con la destra repubblicana di Trump.
La difesa della famiglia “naturale” sarebbe dunque un paravento che nasconde una guerra condotta congiuntamente da movimenti ultracattolici e di estrema destra, che ha come primi obiettivi l’autodeterminazione delle donne e i diritti civili, per poi allargarsi al restringimento dei diritti di tutti sul modello russo: dalla repressione della libera informazione a quella del libero pensiero.
Cinque anni fa, due milioni di persone hanno firmato e presentato alla Commissione europea la petizione «One of Us» per salvaguardare il concepimento fin dal primo giorno. Campagne finanziate dalla Russia e dagli Stati Uniti in un intreccio tra istituzioni evangeliche americane, cattolici europei e oligarchi ortodossi russi. Come Vladimir Yakunin, finanziatore di CitizenGo, importante associazione pro-life che in Spagna ha reso virale la campagna «L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo», ripresa in Italia dai negazionisti della violenza maschile e dai responsabili del comitato del Family Day, ma anche dal ministro Fontana.
Una piattaforma mondiale, quella di CitizenGo, che lancia campagne in dodici lingue facendo pressione su istituzioni, governi e organizzazioni di cinquanta Paesi. Un omologo della European Centre for Law and Justice che da Strasburgo fa pressione su Nazioni Unite, Consiglio d’Europa, Parlamento europeo e Osce, su temi come la vita, la famiglia, l’educazione, ma che è controllata da Jay Sekulow, l’evangelico più influente degli Stati Uniti nonché avvocato di Trump.
Tornando a Verona, che è stata scelta per ospitare quest’anno il Wcf, non è da sottovalutare il fatto che sia non solo la città dell’attuale ministro della Famiglia, il leghista Lorenzo Fontana, antiabortista convinto e con forti legami con l’estrema destra, ma anche il comune dove è stata presentata la prima mozione contro l’interruzione volontaria di gravidanza. Qui il consiglio comunale ha accolto la proposta del leghista Zelger per finanziare associazioni cattoliche pro-life. Una mozione che secondo Roberto Todeschini, responsabile Giovani della Lega, sarà portata in tutti i comuni d’Italia «con l’obiettivo di estenderla a livello regionale e nazionale», tanto che la mozione è stata poi proposta, senza essere approvata, anche a Ferrara, Roma, Milano, Modena e a Genova, dove invece è stata accolta. Valori in linea con il ministro Fontana per il quale «la famiglia è quella naturale» e, appunto, «l’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo».
Iscritto dal 2011 al Comitato No194, Fontana firmò per abrogare la legge 194 e per punire donne e medici con una pena tra gli otto e i dodici anni. Cattolico oltranzista, il ministro della Lega rappresenta il connubio perfetto tra l’ideologia dell’estrema destra, per cui i flussi migratori portano a “un annacquamento devastante dell’identità del Paese che accoglie”, e i principi di un integralismo religioso che, se fosse applicato, cancellerebbe la laicità dello Stato. Legato a Vilmar Pavesi, il parroco ultrareazionario monarchico che celebra la messa in latino, per Fontana i valori da difendere “sono quelli della Chiesa cattolica” contro le coppie gay.
Spesso presente in eventi pro-life, Fontana nel 2015 era al Family Pride di Verona, organizzato da Forza Nuova e dal circolo Christus Rex, e in una foto appare con i militanti di Fn e con l’attuale sindaco veronese, Federico Sboarina, molto vicino ai gruppi di estrema destra. Ma il ministro è anche grande sostenitore di ProVita Onlus, che promuove il Family Day e la Marcia per la vita, e che ha come portavoce Alessandro Fiore, figlio del leader di Forza Nuova, Roberto Fiore. Mentre Toni Brandi, presidente di ProVita, Jacopo Coghe, presidente di Generazione Famiglia, e Filippo Savarese, che dirige CitizenGO in Italia, fanno parte del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, il cui portavoce è Massimo Gandolfini, leader del Family Day, e tutti appartengono alla piattaforma del Wcf, compresa Novæ Terræ che, secondo l’inchiesta fatta da Francesca Sironi e Paolo Biondani per L’Espresso («Pioggia di rubli ai cattoleghisti», 16 novembre 2018), avrebbe intercettato negli anni finanziamenti russi per organizzare in tutto il mondo campagne contro aborto e gay: soldi che dalla Russia sono stati ridistribuiti in Italia, Spagna, Gran Bretagna, Stati Uniti, Polonia, Ungheria, per finanziare organizzazioni religiose di destra che solo dal 2012 al 2014 hanno smistato 3 miliardi e 104 milioni di dollari, 519 milioni di euro, 1 miliardo e 220 milioni di rubli, 3 milioni di sterline.
Flussi andati anche all’Istituto Dignitatis Humanae, dove Steve Bannon, il più importante teorico del sovranismo mondiale ed ex stratega di Trump, sta progettando la sua scuola per forgiare nuovi e giovani leader per la destra europea presso la certosa di Trisulti.
Ma chi c’era alla fondazione Novæ Terræ dal 2015 al 2018? Il senatore Simone Pillon, padre del tanto dibattuto ddl 735, che è una delle chiavi di questo schieramento trasversale. Il neocatecumenale senatore è infatti sia contro l’aborto che contro le unioni gay, è naturalmente per la famiglia tradizionale, ma attraversa il mondo cattolico di destra, dal Wcf al Family Day, per posizionarsi anche come elemento organico e strategico nelle associazioni dei padri sperati, strenui sostenitori del suo ddl, per diventare uno degli uomini di punta negli incontri ai convegni organizzati dallo psicologo Marco Casonato, ex ricercatore della Bicocca a favore dell’alienazione parentale e ora in carcere per omicidio.