Le certezze in politica durano poco. Il bipolarismo M5S-Lega ha la “febbre alta”: può non sopravvivere alle elezioni europee di maggio. Rispunta il bipolarismo tra centro-destra e centro-sinistra cancellato appena un anno fa. Il bipolarismo populista, nato dalle elezioni politiche del 4 marzo 2018 e consacrato dalla formazione del governo Conte-Di Maio-Salvini, non gode più di buona salute. Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Abruzzo, Sardegna, Basilicata: le elezioni regionali hanno premiato il centro-destra e inferto colpi mortali all’esecutivo grillo-leghista.
Il centro-destra a trazione leghista continua a mietere vittorie: domenica 24 marzo ha vinto le elezioni regionali in Basilicata spodestando il centro-sinistra al potere da oltre vent’anni e relegando i cinquestelle al terzo posto dopo il centro-sinistra. Il M5S si presenta da solo alle regionali: perde più della metà dei voti rispetto alle politiche del 4 marzo (in Basilicata ha ottenuto il 20% rispetto ad oltre il 40% di un anno fa) e non conquista nemmeno un presidente di regione.
Matteo Salvini sembra avere la bacchetta magica. La formula magica si chiama doppia alleanza. Nel governo nazionale il segretario del Carroccio è in maggioranza con il grillino Luigi Di Maio ma nelle regioni e nei comuni è alleato con Forza Italia di Silvio Berlusconi e con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. E la formula magica potrebbe anche cambiare: Salvini lavorerebbe a un nuovo centro-destra sovranista scaricando Berlusconi e imbarcando solo la Meloni.
Comunque anche in Basilicata la vecchia coalizione a tre punte, Salvini-Berlusconi-Meloni, ha funzionato. Il vice presidente del Consiglio leghista esulta: «La Lega in un anno triplica i voti». Il vice presidente del Consiglio grillino cerca di contenere i danni. Paragona il risultato in Basilicata alle regionali precedenti e non alle politiche, vede il bicchiere mezzo pieno: il Movimento 5 Stelle avanza, «è la prima forza politica in Basilicata». Addirittura si avventura a parlare di un risultato esposto «senza esultanze da stadio».
Il problema è grave per Di Maio: continua la fuga degli elettori del M5S verso l’astensione, il Pd in versione Zingaretti o la stessa Lega. La lista degli scontri con il Carroccio si allunga: Tav, autonomia regionale differenziata, flat tax, famiglie, armi personali di difesa, castrazione chimica per gli stupri, intesa con la Cina, immigrati, sicurezza pubblica. La speranza di un arresto della caduta non si è avverata né utilizzando in campagna elettorale il movimentista e pirotecnico Di Battista né con la sua collocazione in panchina. Nemmeno l’indurimento delle posizioni del capo politico pentastellato verso Salvini è riuscito a frenare la pesantissima emorragia di voti.
Il problema è come contrastare e battere l’egemonia politica e mediatica del ministro dell’Interno sul “governo del cambiamento”. Alle volte sembra perfino che il presidente del Consiglio sia il Capitano (come i leghisti chiamano Salvini) e non Giuseppe Conte. Il tempo stringe: mancano appena due mesi al cruciale appuntamento delle elezioni europee di maggio. Il reddito di cittadinanza, carta forte del consenso popolare per i cinquestelle, rischia di essere incassato da meno persone e con importi ridotti rispetto agli impegni.
Certo le elezioni europee saranno uno spartiacque. Il bipolarismo M5S-Lega ha la febbre sempre più alta e servono delle rapide cure. Se saranno sconvolti i risultati delle politiche di un anno fa (32% dei voti al M5S, 17% alla Lega), con un sorpasso di Salvini su Di Maio, potrà succedere di tutto. Anche il disarcionamento di Di Maio dalla guida del M5S e il voto politico anticipato. Se i cinquestelle si ridurranno ai minimi termini, può riemergere il vecchio bipolarismo tra il centro-sinistra e il centro-destra con o senza Berlusconi, con connotati più sovranisti modello Donald Trump.