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Al Senato Toninelli ce la fa: la maggioranza respinge le mozioni di sfiducia di Pd e Fi

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Alla Camera passa il Decretone con l’astensione di LeU e il voto contrario del Pd

Di Pino Salerno

Dopo Matteo Salvini, anche Danilo Toninelli viene salvato dal voto del Senato che boccia due mozioni di sfiducia. I documenti, preparati l’uno dal Partito democratico e l’altro da Forza Italia, sono stati respinti rispettivamente con 157 e 159 voti. Le mozioni, citando in particolar modo il tira e molla sull’Alta Velocità con il balletto attorno all’analisi costi-benefici, chiedevano le dimissioni del ministro. Il diretto interessato, nel suo intervento, si è difeso ripercorrendo i mesi passati al dicastero di via Nomentana, rivendicando la politica dura sui migranti e le scelte infrastrutturali. Su Tav Toninelli ha sottolineato di aver agito “in totale coerenza e trasparenza”. Il progetto rimane da ridiscutere, come dice il contratto di governo, anche perché c’è troppa “sproporzione tra l’impegno finanziario dell’Italia e quello della Francia”. Toninelli ha sottolineato che “i cantieri li stiamo sbloccando noi: l’Asti-Cuneo, l’Agrigento-Caltanissetta, la 106 Ionica, la Sassari-Alghero”. Più in generale, però, la ricetta italiana deve essere fatta di progetti “piccoli e diffusi”. Quindi, per chiudere con una buona notizia, è arrivato un annuncio a sorpresa: le targhe delle auto saranno portabili. Come quando si cambia operatore telefonico ma si mantiene il numero di telefono, in futuro si potrà comprare un’auto nuova utilizzando la vecchia targa. In realtà, gli esperti fanno notare che la portabilità è già prevista dall’art.100 del Codice stradale, ma la norma non è mai stata applicata.

La difesa di Toninelli mostra però una fragilità dei numeri della maggioranza in Senato

Le parole di Toninelli non hanno convinto le opposizioni. Forza Italia e Pd si sono votati l’un l’altra le relative mozioni. La cosa ha scatenato le ironie dei 5 Stelle, secondo cui continua “l’idillio” tra i due partiti d’opposizione. Per quanto riguarda invece la maggioranza, le tre senatrici M5S ‘dissidenti’ Nugnes, Fattori e La Mura, che avevano chiesto di processare Salvini, in questo caso hanno votato per salvare Toninelli. Un ex pentastellato di peso, Gregorio De Falco, ha invece detto sì alle due mozioni di sfiducia, spiegando che la vera colpa di Toninelli sarebbe di non aver tenuto saldo il controllo dei porti italiani, lasciando una prateria all’aggressiva politica migratoria del ministro Salvini. Il dato politico è che i voti sulle mozioni di sfiducia mostrano una compagine M5S-Lega sempre più debole al Senato. La maggioranza assoluta di 161 senatori – che era necessaria per bloccare l’autorizzazione a procedere di Salvini – è stata raggiunta ieri solo perché Salvini ha avuto i voti di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Nel caso di Toninelli bastava la maggioranza relativa, che tra assenze ed astensioni si è abbassata a quota 131 per il documento Pd e 134 per quello di Forza Italia. Facile passare, con soglie così basse. Certo, è vero che si può continuare a governare con la semplice maggioranza dei presenti. Ma è altrettanto vero che, così, le acque della maggioranza giallo-verde rischiano di diventare sempre più burrascose. Voti preceduti da una seduta alquanto movimentata, che ha visto da un lato l’alta tensione tra il gruppo Pd e la presidente del Senato Casellati sui tempi d’intervento e dall’altro una vera e propria bagarre tra i senatori di FI e M5s, culminata con l’ammonizione del grillino Alberto Airola per aver urlato “bunga bunga” verso gli azzurri e per Francesco Giro, che ha replicato col gesto delle manette.

Alla Camera passa in seconda lettura il decretone con quota 100 e reddito di cittadinanza

Incassa alla Camera (con 291 sì, 141 no e 14 astenuti) il secondo via libera il Decretone che introduce le misure bandiera di M5s e Lega, il reddito di cittadinanza e quota 100 per la pensione anticipata. Il provvedimento, che scade il 29 marzo, torna ora in Senato per l’approvazione definitiva. Tra le novità introdotte nel restyling parlamentare, l’offerta minima di lavoro da 858 euro per chi richiede il reddito di cittadinanza, il sostegno extra per le famiglie numerose con disabili, la possibilità di riscatto agevolato della laurea per tutti, la stretta sui finti divorzi e per i genitori single, fino alla nuova figura del vicepresidente dell’Inps. In aula, Guglielmo Epifani ha motivato l’astensione di LeU, “perché pensiamo si tratti di una occasione persa. Il nostro voto di astensione ci pare in tutta coscienza in grado da una parte di rispettare chi ne ha bisogno e chi non ce la fa più, dall’altra di affermare che un’altra strada era e resta possibile. E’ chiaro che occuparsi di povertà e rendere meno rigida l’età del pensionamento sono scelte che vanno incontro ai bisogni della popolazione italiana, ma gli strumenti messi in campo non sono quelli giusti”. Guglielmo Epifani ha poi aggiunto: “sul reddito di cittadinanza, pr bisognava usare un altro strumento per l’avviamento al lavoro, perché tenere insieme le due cose, come si è scelto di fare con il reddito di cittadinanza, si rivelerà molto complesso. E anche per quanto riguarda l’età di pensionamento quello che andava fatto era sostenere coloro che hanno pochi contributi e una età di vecchiaia molto alta, perché fanno lavori più gravosi. Andava cioè tutelata la fatica nel lavoro. Non si possono fare norme uguali per lavori diseguali”, ha concluso Epifani.

De Magistris, sindaco di Napoli: “i poveri resteranno fuori dal reddito di cittadinanza e in giro c’è molta delusione”

“I veri poveri resteranno fuori dal reddito di cittadinanza e in giro c’è’ molta delusione” ha commentato il sindaco di Napoli Luigi de Magistris in merito all’approvazione del cosiddetto Decretone che contiene anche le norme di attuazione del reddito di cittadinanza, uno strumento che De Magistris considera “un investimento fatto con risorse sottratte ad altro e che lascerà molta gente fuori”. “Un po’ di persone lo percepiranno – aggiunge, a margine dell’inaugurazione al Pan della mostra sul campione di pugilato Muhammed Ali – ma resteranno deluse, perché durerà pochi mesi. E poi si dirà che queste persone hanno un lavoro, ma un lavoro non lo troveranno e noi avremo come sempre i disoccupati a protestare davanti a Palazzo San Giacomo”. Per De Magistris, il reddito di cittadinanza resta “una grande operazione ingannevole e propagandistica per la campagna elettorale”.

Graziano Delrio, Pd: “questo giorno avrebbe potuto essere storico per il welfare italiano”

-“Non avete sconfitto la povertà, l’unica cosa che avete sconfitto è il popolo italiano che lavora e paga le tasse e che presto vedrà una manovra da 30 miliardi per correggere errori che avete commesso con questo provvedimento”, ha detto il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio, intervenendo in Aula sul Decretone. “I democratici italiani sono fortemente contrari a questo provvedimento – ha sottolineato – e il governo ha perso un’occasione. Vi siete chiusi in voi stessi in una specie di manifesto ideologico incapace di dialogare seriamente. Avreste trovato la nostra disponibilità se aveste affrontato il tema alla radice e questo giorno avrebbe potuto essere storico per il welfare italiano”.

Da jobsnews


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