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‘Vite sotto scorta’, i cronisti minacciati: «Per contrastare le mafie lottiamo uniti»

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Incontro in Fnsi con Sandro Rutolo, Marilena Natale e, in collegamento telefonico, Paolo Berizzi e Michele Albanese. «Qui portiamo le storie del ‘noi’, non dell’io, perché è il noi che può fare la differenza», hanno ribadito. Lorusso: «Le minacce ai giornalisti, i temi del lavoro e quello delle querele bavaglio al centro del Congresso di Levico. Il governo raccolga il nostro invito e venga a confrontarsi con la categoria».
«Questa è una conferenza stampa dove deve emergere il ‘noi’. Perché solo lottando insieme si possono contrastare mafie, malaffare e corruzione. E questo ‘noi’ sono quei cronisti che raccontano i territori difficili, come la Campania dove vive e lavora Sandro Ruotolo, che nonostante le minacce continua a indagare e a scrivere di camorra». Il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, ha aperto così l’incontro nella sede del sindacato con i cronisti costretti a vivere sotto scorta a causa delle minacce ricevute per via del loro lavoro. Sono 21 in tutta Italia. L’ultimo, in ordine di tempo, Paolo Berizzi, finito nel mirino dei gruppi neonazisti e neofascisti sui quali ha indagato per il suo giornale.

«Senza la scorta Sandro non avrebbe più potuto svolgere il suo lavoro e non avrebbe più potuto fare da ‘scorta mediatica’ ai colleghi della Campania. Chiariamo bene una cosa: la scorta non è un privilegio. Non c’è da festeggiare quando a un giornalista viene data la scorta, perché quando questo avviene è una sconfitta per lo Stato. E non dimentichiamo un’altra forma di minaccia ai cronisti, che sta assumendo sempre più le fattezze di un vero e proprio bavaglio alla stampa: le querele temerarie. Ci sono proposte di legge per contrastarle di maggioranza e d’opposizione: chiediamo a governo e parlamento di approvarle subito», ha aggiunto Giulietti.

«Al fianco dei giornalisti minacciati – ha concluso il presidente Fnsi – il sindacato ha da tempo deciso di essere presente anche nelle aule di tribunale, oltre che con la ‘scorta mediatica’, perché i colleghi devono sentire che non sono soli. Le istituzioni accendano i riflettori su tutti i casi di intimidazioni ai cronisti e tutta la categoria si mobiliti in loro sostegno recuperando e rilanciando le inchieste dei colleghi finiti nel mirino».

Il segretario generale Raffaele Lorusso ha ricordato che il tema dei colleghi minacciati, sotto scorta, colpiti da querele bavaglio saranno al centro del Congresso, che inizierà martedì a Levico Terme, assieme al tema del lavoro. «In questo Paese va ridata centralità al lavoro, parola scomparsa dall’agenda politica. Per questo – ha spiegato – la Fnsi aderisce alla manifestazione nazionale in programma domani a Roma che Cgil Cisl e Uil hanno dedicato proprio al lavoro».

Il XXVIII Congresso nazionale della Stampa italiana sarà dedicato ad Antonio Megalizzi, il giovane cronista precario rimasto vittima della follia omicida di un suo coetaneo. «Apriremo i lavori ricordando lui e il suo lavoro. E ringraziamo il Consiglio della Provincia autonoma di Trento che nei giorni scorsi ha deciso di dar vita ad un forum annuale dedicato a Megalizzi e ai temi dell’Europa», ha detto ancora Lorusso.

«Sui temi del lavoro, del futuro della professione, delle querele bavaglio e della libera informazione – ha concluso il segretario Fnsi – auspichiamo di poterci confrontare anche con il presidente Conte, il ministro Di Maio e il sottosegretario Crimi, che abbiamo formalmente invitato al Congresso della stampa italiana. Da più parti si è detto che è necessario che sindacato e governo si confrontino sui temi del precariato e del lavoro giornalistico: non c’è sede più idonea, pubblica e trasparente per confrontarsi con la categoria su questi temi. Il nostro Congresso è una sede aperta».

Spazio poi alle testimonianze dei cronisti sotto scorta, con Paolo Berizzi e Michele Albanese, responsabile legalità del sindacato, in collegamento telefonico; di Marilena Natale e Sandro Ruotolo.

«Il clan che minacciò Sandro Ruotolo è ancora attivo. Lui è ancora in pericolo. Perché qualcuno ha pensato di togliergli la scorta?», ha chiesto Natale. «Toglieteci la scorta e ci difenderemo da soli con il nostro lavoro», ha spiegato.  «La scorta è necessaria per poter continuare ad essere giornalisti liberi dalla violenza e dal potere in generale che vorrebbe la stampa meno libera. Vivo sotto scorta da due giorni e questo è bastato a farmi capire quello che Paolo Borrometi ripete sempre: non è un privilegio ma un provvedimento necessario che ci limita nella vita e nel lavoro», ha detto Berizzi. «Non dobbiamo abbassare la guardia, ma continuare a raccontare cosa accade sui nostri territori, perché solo così potremo contrastare le mafie in Campania, Calabria, Sicilia. Ha ragione Paolo Berizzi quando dice che vivere sotto scorta, specie in contesti piccoli, non è facile. Ma è necessario per poter continuare ad occuparsi delle storie di mafia. Impegniamoci tutti a raccontare la mafia per contrastarla», è stato l’appello di Albanese.

Prima della chiusura affidata a Sandro Ruotolo, il segretario del Sindacato unitario giornalisti della Campania, Claudio Silvestri, ha ricordato altre storie di cronisti, «nomi noti e meno noti finiti nel mirino dei clan per aver svolto con la schiena dritta il proprio lavoro. Siamo accanto a loro – ha detto –. Ci siamo e ci saremo. Per strada e in tribunale. Firmiamo tutti insieme le loro inchieste, facciamo squadra, come abbiamo fatto quando abbiamo saputo che volevano togliere la scorta a Sandro e abbiamo reagito compatti stringendoci attorno a lui».

Qui, ha detto Ruotolo, «portiamo le storie del noi. Non dell’io perché è il noi che può fare la differenza. La mobilitazione così estesa e trasversale che c’è stata negli ultimi giorni intorno alla mia vicenda è un buon segnale. Significa che la gente ha voglia di informarsi. Che c’è ancora un’opinione pubblica. Per queste persone dobbiamo continuare a fare il nostro lavoro e tutti insieme dobbiamo lottare uniti per contrastare con il nostro lavoro il potere della criminalità. Noi giornalisti abbiamo una responsabilità enorme e il fatto che i cittadini sentano il bisogno di informazione deve farci riflettere. Se la categoria è delegittimata in parte ce lo meritiamo. Lavoriamo per tornare a meritarci l’appoggio dell’opinione pubblica: raccontiamo le storie scomode, illuminiamo i territori difficili, rendiamo onore con il nostro lavoro ai colleghi che sono caduti per mano di mafie e terrorismo».


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