Andare, vedere, raccontare: in questo motto reso celebre dal fotoreporter Robert Capa sta la funzione primaria e più importante del giornalismo. Una funzione sempre meno esercitata e sempre più distante da un lavoro che spesso si esaurisce davanti al desk e che per questo inevitabilmente perde credibilità e autorevolezza. Ma a fronte di editori e istituzioni che non investono più in un’informazione di qualità e ritirano i corrispondenti, non mandano più gli inviati, si accontentano di comunicati stampa anziché consentire ai propri collaboratori di consumare le suole delle scarpe per essere lì dove le cose accadono e fare l’unica cosa che compete a un giornalista, ovvero come diceva Anna Politvoskaja “scrivere quello che vede”, ci sono colleghe e colleghi che non si arrendono a questa situazione e si organizzano per poter continuare a svolgere il proprio mestiere anche senza la sicurezza di una paga a fine mese: è il caso di Cristina Mastrandrea e Sara Lucaroni, che hanno appena lanciato un crowdfunding per poter andare, anche senza una testata alle spalle, al confine tra il Venezuela, un Paese stremato dalla fame e dalla povertà, dove mancano cibo, beni di prima necessità e medicinali e da dove in quattro anni sono fuggite oltre 2 milioni di persone, e la Colombia, il Paese dove i venezuelani in fuga si dirigono in cerca non tanto di un futuro migliore, ma semplicemente di un futuro. Il progetto che propongono di sostenere per poter raccontare le storie, i sogni e le speranze di chi lascia il proprio Paese per cercare una vita migliore altrove si chiama “Border of Hope” ed è appoggiato alla piattaforma di crowdfunding Produzioni dal basso. Si tratta — spiegano Cristina e Sara — di un progetto giornalistico multimediale in cui video, immagini e racconti possano dare voce a chi non ne ha e diffondere un giornalismo di verità e senza censure. I costi che dovranno sostenere, per i quali chiedono la collaborazione di ciascuno di noi, comprendono le spese logistiche e di produzione (viaggi, percorsi interni, fixer, assicurazione, pernottamenti), le spese di post produzione (montaggio, video, grafiche, traduzioni), la realizzazione della piattaforma multimediale. Pur essendo giovani, Mastrandrea e Lucaroni non sono certo alle prime armi, da tempo si occupano di esteri e hanno già lavorato in Siria, Iraq, Tunisia, Messico, Camerun, Ciad, Cuba. «Vorrei» dice Sara Lucaroni «raccontare un fenomeno migratorio, diverso da quello che lega l’Africa all’Europa, ma il cui senso è lo stesso: l’autodeterminazione, diritto fondamentale di ogni essere umano che non dovrebbe mai, in nessun luogo del mondo, trasformarsi in dramma». «Raccontare la vita e le emozioni di chi attraversa le frontiere» aggiunge Cristina Mastrandrea « è la continuazione di un mio percorso personale fatto di immagini, parole e storie di chi guarda con speranza oltre i confini».
Per andare oltre i confini di un giornalismo senz’anima ognuno di noi può fare la sua piccola grande parte: ogni contributo, anche il più piccolo, è utile e benvenuto.
Qui i dettagli per partecipare: https://www.produzionidalbasso.com/project/border-of-hope