Ci sono ancora molti lati oscuri nell’omicidio di Jan Kuciak, avvenuto esattamente un anno fa. Delitto cui hanno fatto seguito indagini palesemente incomplete, come ha raccontato in queste ore un lungo e dettagliato articolo di Repubblica. Per la morte del giovane giornalista investigativo slovacco e della fidanzata Martina Kusnirova fu inizialmente seguita la cosiddetta pista italiana legata agli investimenti che la ndrangheta ha fatto nel Paese, nell’ambito di progetti beneficiari di fondi comunitari. A settembre sorso la Procura generale slovacca ha reso noto l’arresto di tre persone, due delle quali considerate gli esecutori materiali e una che, invece, avrebbe dato l’incarico a pagamento. In specie, la donna, Alenza Zsuzsova,avrebbe dato 70mila euro ai killer, un ex militare e un ex poliziotto. La Procura non ha però finora chiarito né fornito alcun dettaglio circa il movente dell’orribile delitto, che peraltro, ha coinvolto la fidanzata del giornalista rea solo di poter diventare una teste scomoda. In realtà non è stata mai presa in seria considerazione la pista che legava il lavoro di Jan, i suoi articoli d’inchiesta per il sito Aktuality.sk, e l’esecuzione spietata, precisa al millimetro, quasi sfacciata per come è stata portata a termine. Nel mezzo c’è la necessità, e adesso anche la richiesta delle maggiori associazioni europee di giornalisti, di continuare nelle indagini e non tralasciare alcuna ipotesi ma di scandagliare i legami tra le inchieste del cronista e quanto accaduto. Quel delitto, infatti, ha ottenuto, almeno in parte, l’effetto di rallentare indagini giornalistiche su cosa sta accadendo nell’Est Europa e su cosa è cambiato nelle ramificazioni della criminalità organizzata a livello internazionale.
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