Conte al Senato sparge finto ottimismo a go go
Di Pino Salerno
La mozione di maggioranza sulla Tav alla Camera ha avuto il via libera con 261 voti favorevoli e 136 contrari e 2 astenuti. Respinte tutte le altre. Nel corso della votazione i deputati del Pd hanno esposto una serie di cartelli in Aula con su scritto “Salva Salvini, Boccia la Tav”. La mozione impegna il governo a “ridiscutere integralmente” il progetto della Torino Lione. La premessa ricostruisce la vicenda della Tav, ricordando anche l’Accordo Italia-Francia sul tema; descrive il progetto in dettaglio e ricorda che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha dato mandato alla ricostituita struttura tecnica di missione di “predisporre una nuova valutazione dell’adeguamento dell’asse ferroviario Torino-Lione mediante l’uso dell’analisi costi/benefici per consentire un’allocazione delle risorse più efficiente per supportare il procedimento decisionale, con cognizione di causa, in modo da definire se attuare o meno una proposta di investimento o se optare per eventuali alternative”. “Al contempo – si legge ancora – il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l’omologa francese Elisabeth Borne hanno firmato congiuntamente una lettera indirizzata al soggetto attuatore Telt per posticipare i bandi di gara relativi al tunnel di base. Tale iter, secondo quanto espresso dal Ministro, persegue dunque l’obiettivo di avere un rapporto di collaborazione e condivisione con la Francia e, contestualmente, con la Commissione europea. Del resto, secondo la Corte dei conti europea, l’analisi costi/benefici e’ per definizione lo strumento analitico utilizzato per valutare una decisione di investimento, confrontando i relativi costi previsti e i benefici attesi”.
Fratoianni: “votiamo contro la mozione perché è vuota e strumentale”. Muroni: “fanno solo ammuina”
Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali prendendo la parola nell’Aula di Montecitorio nel dibattito su Tav ha affermato che ”la verità è che anche questa discussione di oggi è una discussione strumentale: una parte delle opposizioni Pd e FI corrono a presentare mozioni Sì Tav per cercare di stimolare le contraddizioni interne alla maggioranza. Non ce n’era francamente bisogno, le contraddizioni sono talmente così evidenti che bastava guardare il testo della mozione Lega-M5S, che propone il nulla e il suo contrario. Per rimanere al merito Tav Torino Lione, e non da oggi, un’opera inutile, superata i cui presupposti sono ormai obsoleti dal momento della sua progettazione vent’anni fa. Questo infatti è un Paese curioso: nel nome dell’ecologismo si scatena la furia Si Tav, un ecologismo di maniera davvero curioso in un Paese in cui nulla in questi decenni è stato fatto per spostare significativamente sul ferro il flusso delle merci. E’ ora di investire davvero su quelle che si presentano come delle vere e proprie emergenze e che riguardano il diritto alla mobilità di milioni di persone, studenti e lavoratori. E’ arrivato il momento di chiudere questa pagina – conclude Fratoianni – per questo, annuncio il mio voto contrario a tutte le mozioni presentate sia quelle del Pd e FI a favore della Tav che il voto contrario alla mozione Lega-M5S”. A sua volta, Rossella Muroni, deputata di LeU, chiarisce “Ridiscutere il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia come prevede la mozione di maggioranzasignifica solo fare ‘ammuina’, temporeggiare fino a dopo le amministrative e le europee. Un rinvio che chiaramente non nasce dalla volontà di ripensare l’opera o da una diversa strategia per la mobilità del Paese, ma solo dalla volontà di non compromettere il consenso dei due partiti di maggioranza di fronte alle urne. Che infatti mantengono le rispettive posizioni”.
Intanto, il premier Conte sparge finto ottimismo al Senato: “nessuna manovra correttiva, cresceremo nella seconda metà del 2019”
“Non riteniamo pertanto necessaria alcuna manovra correttiva”. Se Di Maio e Salvini continuano a ripetere che è prematuro parlarne, e il ministro dell’Economia conferma, ma si augura che l’economia non cresca meno del previsto, lasciando intravedere un’alternativa tutt’altro che rosea per il governo, il presidente del Consiglio prova a rispondere alle preoccupazioni sull’economia italiana. Il ragionamento del premier è semplice: “Non intendiamo farci dettare l’agenda da ipotesi o previsioni di sorta. Alle ipotesi rispondiamo con azioni concrete – spiega rispondendo al Question time al Senato – Stiamo seguendo un percorso ben chiaro, e non ci lasciamo distrarre dalle voci dissonanti che si levano dal dibattito politico ed economico”. Tanto più che “i nostri fondamentali economici restano solidi” e “dobbiamo solo continuare nel razionale ed efficace utilizzo delle risorse finanziarie già stanziate. Peraltro abbiamo già adottato alcune misure prudenziali che ci mettono al riparo da interventi correttivi”, come il monitoraggio trimestrale sui conti e l’accantonamento di due miliardi nel 2019, da usare in caso di minore crescita.
Ma la minore crescita è già stata ipotizzata da Ue, Fmi e Upb, mentre si attendono per venerdì 22 le nuove stime di Fitch – e il downgrading sembra inevitabile – e per la prossima settimana il Country Report dell’Unione europea che potrebbe contenere le raccomandazioni per i Paesi messi sotto osservazione a dicembre, come l’Italia. Un quadro che sembrerebbe spostare la discussione non sul fare o meno la manovra di correzione ma piuttosto quando. Il governo deve approvare il Def entro il 10 aprile, aggiornando le proprie previsioni economiche. Ed entrambi gli azionisti hanno tutto l’interesse perché di manovrina, se proprio si deve, si parli dopo il voto delle Europee di fine maggio. Il messaggio lanciato da Conte al Senato è però di tutt’altro tenore. “Il Governo rimane fiducioso nelle proprie stime di crescita – assicura – perché valutiamo che il secondo semestre del 2019 sarà accompagnato da un allentamento delle tensioni commerciali e da condizioni più favorevoli alla crescita”. Condizioni in cui rientrano “una linea di politica economica chiara, incentrata sugli investimenti e la crescita, senza dimenticarci delle fasce deboli, di chi si trova in difficoltà” e l’introduzione “di numerose forme di detassazione per investimenti e occupazione”. Ottimismo anche per la partita relativa alle clausole Iva. Conte ribadisce la “determinazione a disinnescare le clausole per gli anni 2020 e 2021, così come già avvenuto per il 2019 nella Legge di Bilancio”. E allo stesso modo “si adopererà per il corrente anno e per l’anno prossimo, confidando nelle varie misure di crescita economica e in specifici interventi di razionalizzazione della spesa pubblica”. Quanto alla questione delle riserve auree di Bankitalia, il premier ha ricordato che “non sembra possibile che possano essere rivendicate dai partecipanti al capitale, i cui diritti patrimoniali sono limitati al valore del capitale e agli utili netti annuali”.
E la Camera approva anche la riforma costituzionale del referendum, altra botta alla democrazia rappresentativa
La riforma costituzionale che introduce il referendum propositivo incassa il primo via libera della Camera e passa all’esame del Senato. Esultano i 5 stelle, che della riforma hanno fatto un cavallo di battaglia: “E’ un giorno storico per la democrazia”, commenta esageratamente il ministro Riccardo Fraccaro. Più timida la Lega che, pur votando a favore e sostenendo sempre la riforma anche nei momenti di tensione con le opposizioni, non si lascia andare a esternazioni di giubilo: anche gli applausi in Aula, subito dopo il voto, sono pochi e alquanto timidi. Una timidezza che, forse, si ripercuote sui numeri: la maggioranza ‘perde’ infatti qualche voto: i sì sono stati 272, 71 in meno rispetto ai numeri su cui i giallo-verdi possono contare, esattamente 343 voti (123 deputati della Lega e 220 deputati di M5s). A ‘mancare’ alla maggioranza sono sicuramente i voti delle opposizioni: nonostante le aperture fatte durante l’iter della riforma alle richieste e critiche delle opposizioni, Pd e Forza Italia votano contro, mentre Fratelli d’Italia e Leu si astengono. Non sono mancate dure polemiche e momenti di tensione in Aula durante l’esame del provvedimento, fino all’episodio dell’abbandono dei lavori da parte dei dem, dopo che il 5 stelle Giuseppe D’Ambrosio ha mimato il gesto delle manette verso il collega del Pd Gennaro Migliore. Coinvolto nella protesta anche il presidente Roberto Fico che, nella concitazione del momento, ha salutato l’uscita dall’emiciclo dei deputati con un “Arrivederci”, per poi scusarsene poco dopo.