Rai, al via il nuovo ‘piano industriale’ ma resta una discreta confusione

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Segnali di novità, indubbiamente, dal Settimo Piano di Viale Mazzini. I maligni sosterranno che – ancora una volta – l’elefante ha partorito il topolino, ma va enfatizzato che una “macchina culturale” complessa come la Rai soffre inevitabilmente di vischiosità burocratica autoconservativa, e quindi… quelli che in un’impresa normale potrebbero essere letti come piccoli “aggiustamenti” a Viale Mazzini vanno considerati quasi incredibili “rivoluzioni”: nella serata di giovedì 24 gennaio, l’Ufficio Stampa Rai (guidato da inizio gennaio dalla giovane giornalista filogrillina Claudia Mazzola, prima donna a dirigere questa struttura), ha diramato un comunicato stampa che illustra sinteticamente le novità annunciate dall’Amministratore Delegato Fabrizio Salini, sottoposte all’attenzione del Consiglio di Amministrazione, alla luce della proposta di “piano industriale” 2019-2021. Sono state illustrate le “linee-guida” del piano, realizzato – ricordiamo – anche avvalendosi del supporto della società di consulenza Boston Consulting Group (Bcg), che ha beneficiato di un onorevole budget di 1 milioncino di euro uno (sia consentito osservare che questi incarichi esternalizzati producono spesso risultati non eccezionali, che potrebbero essere ottenuti attraverso una ottimizzazione delle risorse interne).

Giovedì scorso sono state presentate delle indicazioni generali, una sorta di “linee-guida”. Il dibattito interno al Cda si svilupperà nelle prossime settimane, dato che il “piano industriale” ed il “piano editoriale” vanno approvati entro il 7 marzo 2019.

Proviamo ad estrapolare ed interpretare:

  • a coordinamento delle reti, è prevista una “Direzione di Distribuzione”: in verità, attualmente esiste già, nel funzionigramma Rai, una direzione Coordinamento Editoriale Palinsesti Televisivi, dalla quale dipende la Direzione Palinsesti (affidata a Marcello Ciannamea) e la Direzione Marketing (vacante, da ottobre 2018, dopo la fuoriuscita di Cinzia Squadrone); questo Coordinamento è affidato “ad interim” allo stesso Amministratore Delegato; al di là del differente “naming”, non si comprende quale sia la reale innovazione…
  • vengono create 2 nuove direzioni, nell’area “prodotto”: attualmente, l’area “Canali e Generi Tv” è formata da 3 “canali” (Rai 1, Rai 2, Rai 3) e 4 “generi”(“Gold”, “Ragazzi”, “Cultura”, “Fiction”); ai 4 generi attuali, se ne aggiungono 2, ovvero “Documentari” e “Format” denominato “Rai Doc” e “Rai Format”: senza dubbio, questa è una innovazione oggettiva, soprattutto per quanto riguarda i documentari, dato che Viale Mazzini era fino ad oggi l’unico “public broadcaster service” in Europa a non disporre di una simile struttura, seppur questa esigenza fosse stata manifestata da anni, anzi decenni (è una vittoria per la battaglia condotta dall’associazione dei documentaristi Doc/it ed in particolare dal suo Past President Alessandro Signetto) ed incredibilmente era stata finora ignorata; la creazione di una direzione “Format” è anch’essa significativa, perché sta a significare – si spera non solo simbolicamente ma programmaticamente – una ottimizzazione delle risorse interne dell’azienda, che da anni esternalizza la gran parte dei programmi, soprattutto a livello di “entertainment”, sia in termini di creatività che di produzione (si ricordi che curiosamente “Rai Format” è lo stesso nome di una struttura sperimentale creata nel 1995 da Giovanni Minoli); naturale sorge il quesito… ma che budget avranno queste due nuove strutture?! Si ricordi che nel 2016, Rai Cinema ha stipulato contratti per ben 156 milioni di euro per “film, fiction, cartoni” e 77 milioni per “cinema e documentari” (fonte: Relazione della Corte dei Conti dell’ottobre 2018);
  • il famoso e misterioso (finora) “canale in inglese” viene confermato, e d’altronde non potrebbe essere altrimenti, dato che è uno degli specifici obblighi previsti dal “contratto di servizio” in scadenza ad inizio marzo 2019 (dopo una prima proroga di sei mesi): nel comunicato stampa, si legge che “l’offerta sarà poi ampliata con un canale in inglese, che conterrà l’informazione in lingua e di natura istituzionale”; o si tratta di una imprecisione (un refuso?!) del comunicato, oppure si sta ipotizzando 1 canale televisivo… diviso a metà tra lingua inglese ed informazione istituzionale?! Si attendono chiarimenti, anche perché il mitico contratto di servizio prevede esplicitamente ed inequivocabilmente 2 canali (due): 1 “canale in lingua inglese di carattere informativo, di promozione dei valori e della cultura italiana” ed 1 “canale tematico dedicato alla comunicazione concernente le istituzioni”; e questi 2 nuovi canali in quali direzione verranno “allocati”?! la domanda non trova risposta, allo stato attuale delle informazioni disponibili… Si immagina comunque che il canale “news” in inglese venga allocato presso RaiCom (essendo questa la società commerciale che gestisce la distribuzione dei prodotti e dei diritti delle produzioni Rai in tutto il mondo e per tutte le modalità di sfruttamento possibili), e quindi il desiderio della ex Presidente Rai Monica Maggioni sembra soddisfatto…
  • le “news”: si prevede il rafforzamento del polo “all news” (che potrebbe essere affidata a Milena Gabbanelli, se le verrà concesso il potere e l’autonomia che la pugnace giornalista rivendica), con la creazione di una testata digitale; potenziamento della testata digitale con lo sport e l’informazione istituzionale e, poi, l’integrazione dei poli informativi in una “news room” di flusso, mantenendo i “brand” di punta dell’informazione Rai e rafforzandone la loro storica identità; la descrizione è ancora troppo generica, per comprendere come si andrà a strutturare la rigenerazione del sistema “news” di Viale Mazzini, e non aiuta granché la precisazione che “sarà centrale il ruolo di Rai Play. che si trasformerà in una piattaforma in grado di produrre contenuti esclusivi e nativi digitali, utilizzando le nuove tecnologie. Il piano, infatti, prevede la creazione di una nuova struttura interna all’azienda dedicata ai nuovi format (ma è quella cui supra, ovvero, Rai Format, o un’altra ancora?! n.d.r.) e il potenziamento del Crit (Centro ricerche e innovazione tecnologiche) di Torino”…

Come verranno finanziate queste novelle attività e le novità tutte tratteggiate?!

Il comunicato stampa precisa che “per quanto concerne il finanziamento del piano, si provvederà, così come dettagliatamente documentato, alla ottimizzazione dei costi – senza alcuna contrazione occupazionale – ma attraverso una minor sovrapposizione dei palinsesti, alla riduzione delle inefficienze, alla revisione dei fabbisogni del settore informazione che resta per la Rai cruciale”. Insomma, si prevedono “tagli”, ma non è ben chiaro dove la forbice andrà ad intervenire. Quell’espressione… “dettagliatamente documentato” ci incuriosisce non poco.

Il tutto è criptico, veramente criptico. Anzi anche un po’ in… “politichese”: quando il Governo boccheggia per mancanza di risorse, in effetti si ricorre sempre alla generica formula “riduzione delle inefficienze”…

Le informazioni pubblicamente disponibili sono in fondo poche, ma emerge comunque un quadro ancora discretamente confuso, rispetto al novello “piano industriale”. Volendo semplificare sembrerebbe che Salini punti più su una Rai ricca di “prodotto”, piuttosto che alla “media company” che tratteggiava il suo predecessore.

Nel corso della seduta, sono anche stati rinnovati i Consigli di Amministrazione delle consociate Rai Pubblicità e RaiCom, e l’attenzione dei quotidiani di venerdì si concentra ancora una volta su questo. A Rai Pubblicità, designato come Amministratore Delegato Gian Paolo Tagliavia, a suo tempo cooptato in Rai dall’ex Dg Antonio Campo Dall’Orto (Antonio Marano confermato Presidente, nuovi consiglieri Beatrice Coletti, Giampaolo Rossi – entrambi nel Cda della capogruppo – e Maria Pia Ammirati), mentre a Rai Com la carica di Ad sarà ricoperta da Monica Maggioni (Presidente Marcello Foa, nuovi consiglieri Igor De Biasio – anche lui membro del Cda Rai – e Roberto Ferrara – dirigente interno –, confermata Silvia Calandrelli – che dirige Rai Cultura). Il Presidente Marcello Foa e i nuovi consiglieri rinunceranno agli emolumenti per questi incarichi, e questa sembra quasi una reazione alle indiscrezioni giornalistiche (in particolare “La Stampa” di giovedì mattina) che prevedevano una “integrazione” degli attuali compensi del Presidente e dei neo-Consiglieri.

Nessuna indicazione per la guida delle due nuove Direzioni, ma sono fortemente accreditati Andrea Fabiano (già Direttore di Rai 2, prima dell’arrivo di Carlo Freccero) per Rai Format e Maria Pia Ammirati per Rai Doc (e chi andrà a sostituirla alla guida delle Teche, che l’Ammirati dirige dal 2014?!). Marcello Ciannamea sembra il candidato naturale per la Direzione Distribuzione.

Da segnalare anche che non 1 parola una, nel comunicato stampa, rispetto ad alcuni altri obblighi del “contratto di servizio”: d’accordo, non saranno questioni fondamentali operativamente, ma sono culturalmente strategiche. A quando il concreto sviluppo dell’indice di coesione sociale (che dovrebbe rafforzare il senso della struttura Responsabilità Sociale affidata a Roberto Natale) ed a quando il previsto Ufficio Studi Rai (che consentirebbe tra l’altro ai membri del Cda di svolgere meglio il proprio compito)?!

E a che punto è il nuovo “bilancio sociale” Rai previsto dal “contratto di servizio”? Questo strumento cognitivo deve dare “conto delle attività svolte in ambito socio-culturale, con particolare riguardo al rispetto del pluralismo informativo e politico, alla tutela dei minori e dei diritti delle minoranze, alla rappresentazione dell’immagine femminile e alla promozione della cultura nazionale. Il bilancio sociale dà altresì conto dei risultati di indagini demoscopiche sulla qualità dell’offerta proposta così come percepita dall’utenza e della corporate reputation della Rai” (su questo argomento, vedi anche “Articolo21” del 19 novembre 2018, “Bilancio Sociale Rai 2017, di male in peggio”). Nessuna traccia nei radar, ma vogliamo sperare che ci stia lavorando, silenzionsamente eppur intensamente la Direzione Relazioni Istituzionali, retta da Fabrizio Ferragni (che resta più giornalista che uomo di relazioni), dipendente dalla mega Direzione Comunicazione, Relazioni Esterne, Istituzionali e Internazionali (diretta da un ex cooptato da Antonio Campo Dall’Orto, qual è Giovanni Parapini, ex socio della potente società di relazioni esterne Hdrà, ed anche anch’egli in “stand by” da mesi per il rinnovo dell’incarico).

È interessante osservare le reazioni, nella sera di giovedì. Assai pochi dispacci di agenzia. Plausi prevedibili ed a gogò da deputati e senatori grillini, più o meno noti (in ordine di… apparizione, ovvero di diramazione di dispaccio): Primo Di Nicola (Vice Presidente della Commissione Vigilanza Rai), Alberto Airola, Felicia Gaudiano, Francesca Flati, Gianluigi Paragone, Conny Giordano

Il piddino Michele Anzaldi, Segretario della Commissione Vigilanza Rai, sostiene, con la sua solita “vis polemica”: “altro che rivoluzione, con il Movimento 5 stelle e la Lega arriva in Rai il Bengodi delle poltrone: non soltanto il raddoppio degli incarichi per Foa ed i consiglieri di maggioranza (un premio fedeltà per chi si attiene alla linea decisa dal Governo), ma la proliferazione di costose direzioni, come se non bastassero le decine e decine già esistenti…”. Anzaldi si concentra sui “sovraccosti”, ma sembra ignorare che il comunicato stampa diramato dalla Rai sostiene che verranno coperti attraverso economie interne del gruppo: “arrivano 5 nuovi direttori, da moltiplicare per i relativi vicedirettori, capi struttura, vice capi struttura, etc. Un aggravio di spesa e di burocrazia senza precedenti, pagano gli italiani. Vengono create ex novo le direzioni RaiDoc per i documentari e Rai Format, viene creata l’ennesima direzione di coordinamento denominata ‘Distribuzione’, viene creata una nuova testata per l’informazione online (altro che riduzione delle testate prevista dal Piano News di Gubitosi!) e viene sdoppiata la direzione di Radio1 e Gr. Tutto questo significa solo una cosa: aumento dei direttori, con rispettivi super-stipendi, di spese, di sprechi”. L’approccio di Anzaldi è paradossalmente quello tipico dei grillini: polemiche sui costi. Comunque, il calcolo di Anzaldi forse è sbagliato e la preoccupazione eccessiva: per esempio, la “Direzione Distribuzione” di fatto non sembra che essere un “restyling” – come abbiamo già segnalato – del “Coordinamento Palinsesti”.

Più tardi, emerge il Senatore Francesco Verducci, componente della Commissione Vigilanza Rai e Vice Capogruppo del Partito Democratico: “oggi giornata nera per la Rai. L’occupazione di Rai Com e Rai Pubblicità, società controllate dall’Azienda, da parte dei membri del Cda indicati da Lega, M5S e Fratelli d’Italia, a partire dal Presidente Foa, configura un gigantesco e pericoloso conflitto di interessi. Le forze di governo stanno trasformando il servizio pubblico nel megafono dei propri partiti, in sfregio al pluralismo e all’autonomia. Il ‘monumentale’ speciale in preparazione per celebrare Beppe Grillo è degno di una tv di regime”.

La Consigliera Rai Rita Borioni, “in quota Pd”, manifesta contrarietà, soprattutto sul metodo: “la moltiplicazione delle cariche da parte di un pezzo del Consiglio che si è dato nuove e ulteriori cariche dentro i consigli di società consociate, mi vede fortemente contraria. Sia per il merito che per il metodo… “non mi piace per nulla quello che sta accadendo”. Borioni si sofferma in particolare sul capitolo “nomine”, rilevando che “nessuno ha risposto alla richiesta di chiarire quali siano stati i criteri di autoselezione di presidente e consiglieri di maggioranza” per entrare negli organi di gestione delle due controllate. “Personalmente, visto il clima che si è creato, ho preferito rinunciare anche a partecipare ai comitati interni al cda e rinunciare, quindi, anche ai compensi correlati”. Infine, “aggiungo che ho appreso nel corso del cda che lo special sul dottor Beppe Grillo raddoppia. Ben due puntate dedicate al fondatore del Movimento 5 Stelle”.

Il Consigliere eletto dai dipendenti Riccardo Laganà (espresso dal movimento Rai Bene Comune-IndigneRai) non si è espresso pubblicamente, ma immaginiamo che la sua voce verrà udita nel corso della giornata di venerdì.

Immediata invece la reazione del Comitato di Redazione del Giornale Radio Rai, che “boccia l’ipotesi di uno scorporo di Radio 1 dal Giornale Radio” contenuta nelle anticipazioni sul nuovo piano industriale all’esame del Consiglio di Amministrazione, definendolo “una pericolosa scelleratezza”.

Non avendo il privilegio di leggere (non… ancora?!) i documenti che il Presidente e l’Amministratore Delegato hanno messo a disposizione del Cda, è prematuro esprimere un parere complessivo.

Sulla base della nostra esperienza storica (studiamo da anni l’organizzazione Rai, anche come consulenti dello stesso gruppo, ed in chiave comparativa internazionale, avendo realizzato IsICult per oltre un decennio un Osservatorio sui Sistemi Televisivi Pubblici Europei – Oss Psb Eur), abbiamo però maturato infinite perplessità sul funzionigramma Rai, che riteniamo non brilli per organicità, funzionalità, efficacia, e si caratterizzi invece per un eccesso di policentrismo, che determina un deficit di guida della macchina ed inevitabilmente dispersione di risorse. Le 6 “macro-aree” aziendali attuali, per esempio, non sembrano essere caratterizzate da una logica organica: “Area Editoriale”, “Corporate e Supporto”, “Chief Digital Officer” (ma, poi, perché questo gusto per le formule anglofone, di grazia?!), “Chief Technology Officer”, “Chier Operations Officer – Produzioni Tv”… In questo, le critiche di Anzaldi potrebbero essere fondate, ma è necessario prima prendere visione della nuova struttura aziendale che sta per essere disegnata, perché probabilmente alla creazione di 5 nuove direzioni si associa – anche se non è stato esplicitato – una qualche riorganizzazione di altre direzioni e strutture.

Un amico funzionario Rai – che conosce bene dall’interno “la macchina” – ha minimizzato l’importanza reale di questi documenti, in particolare delle “linee guida” del “piano industriale”, ed ha sorriso così esprimendosi con ironia: “si rinnova oggi… il rito dei ludi cartacei, nella sua ciclicità biennale o triennale” (si ricorda che l’ultimo “piano industriale” Rai, quello 2016-2018, concentrato sull’evoluzione Rai come “media company”, è stato approvato nell’aprile 2016). Così intendendo che una riforma reale ed una rigenerazione profonda del Gruppo Rai non può avvenire con queste modalità.

Servono metodiche molto più accurate e precise, più serie e trasparenti, a partire dall’assetto normativo primario (la legge di “mini-riforma” della Rai voluta dall’ex Premier Matteo Renzi non ha sciolto i nodi essenziali del profilo identitario del “psb” italico) per arrivare alla scrittura di uncontratto di servizio” Stato-Rai che sia meno evanescente nelle sue istanze e più rispondente ad una logica socio-economica (anche a livello di prestazioni / controprestazioni).

Lo Stato ha infatti assegnato alla Rai, nell’ultima versione del “contratto di servizio”, una serie di impegnativi novelli compiti, per i quali non sono state previste né quantificate le risorse indispensabili: siamo di fronte ad un “sinallagma” incompiuto (scritto sulla sabbia), e ciò basti, a proposito di (mal) governo del “public media service” italico.

*Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult


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