E’ morto Don Roberto Sardelli, il prete delle periferie romane. Non lo conobbi personalmente, ma vidi il risultato della sua azione a favore dei baraccati, quando finalmente venne loro assegnata una casa vera a Ostia, nei palazzoni di Piazza Gasparri.
Con il volontariato dei gesuiti, organizzammo un gruppo di universitari per il loro dopo scuola, nello spazio di un negozio riadattato per quei ragazzini. Che facevano fatica a studiare e spesso avevano situazioni di degrado in famiglia. Ricordo quelle classi, dove per avere la loro attenzione bisognava essere veri e interessanti. Erano esigenti e fiutavano subito i “fasulli della carità”. Certo, non ero all’altezza di Don Sardelli con la sua Scuola 725 dell’Acquedotto Felice, ma a loro piaceva quando dicevo che l’istruzione è un grande piano di evasione dal carcere dell’ignoranza. E ogni cosa in più che imparavamo, era un lenzuolo legato per scavalcare il muro.
Don Sardelli era stato sostenitore di Don Milani e aveva fatto sentire ai suoi ragazzi il profumo della dignità, senza catechismi, ma con la sua passione e vicinanza. Mi piaceva quell’approccio, così non ho mai detto ai ragazzi perché ero lì. Un giorno, però, uno dei più grandi mi chiese: ma a te, chi te lo fa fa’ de veni’ da noi? Non risposi, sorrisi e cambiai discorso. Grazie, Don Sardelli, sei stato un prete senza pulpito.
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