Come accadeva ai tempi dei romani, dove gli ‘spettacoli’ del Colosseo e di tanti anfiteatri erano donati al popolo per distoglierlo da problemi economici, sociali e politici, in parte della storia del XX secolo è stato confermato questo sistema, sostituendo le lotte dei gladiatori con il calcio utilizzato in maniera più o meno scoperta per non far pensare alle ingiustizie, a situazioni politiche impossibili, al male. Da qui, partendo dal Fútbol giocato e vissuto in America Latina, ha origine il bel testo pensato e messo in scena da Giorgio Gallione che si sviluppa su eventi, quasi sempre drammatici, che hanno utilizzato da tramite lo sport per giustificare anche incredibili efferatezze.
Gallione è personaggio importante nel panorama teatrale italiano (ma ha anche lavorato con successo per la televisione) ed è legato a Genova, città in cui è nato e si è diplomato nel 1980, dove dall’anno successivo ha iniziato la sua attività registica. Ha creduto in un’impresa difficile – la creazione di uno Stabile privato, il Teatro dell’Archivolto – di cui nel 1986 è diventato direttore artistico: qui ha tenuto a battesimo i Broncoviz (Maurizio Cesena, Maurizio Crozza, Ugo Dighero, Mauro Pirovano, Carla Signoris) con cui ha avuto intensa attività. Un inizio particolarmente gratificante e un continuo lavoro di ricerca che è passato anche attraverso l’Opera Lirica e collaborazioni con scrittori quali Stefano Benni e Daniel Pennac. Tra i suoi testi più riusciti Alda diario di una diversa (sulla figura di Alda Merini) e Scritti corsari (che racconta Pier Paolo Pasolini). Questa premessa è indispensabile per capire il suo modo di intendere la drammaturgia, come impegno sociale e politico, col desiderio di far conoscere realtà poco note o addirittura disconosciute.
Sono passati poco più di 40 anni da quei campionati mondiali di calcio disputati nell’Argentina, dominata dai militari e triste terreno in cui proliferò la terribile piaga dei desaparecidos. Era il 25 giugno 1978 e ospitato dall’Estadio Monumental di Buenos Aires si gioca Argentina-Olanda, finale dei mondiali di calcio a cui tutti gli Stati hanno partecipato non dando peso alla situazione del Paese dove la vita di un uomo poteva avere poco valore. I giocatori della nazionale ospitante sanno di dovere obbligatoriamente vincere, pena ritorsioni contro di loro e le famiglie. Sulle tribune, tra gli ospiti ‘illustri’ c’è il generale Jorge Videla al potere dal golpe del 1976, e Licio Gelli, il Venerabile della loggia P2 suo amico personale nonché socio in varie imprese industriali e commerciali. Per la cronaca, vinsero 3 a 1 e in quel particolare giorno il paese, festoso come non mai, si dimenticò dei continui eccidi; con questo incontro ebbe termine l’onerosa operazione di propaganda politica a mezzo dello sport che può essere paragonata solo alle Olimpiadi tedesche del ’36 volute da Alfred Hitler.
Gallione racconta a 360 gradi questo mondo dove c’è posto per uccisioni in Colombia ma anche ricordi di personaggi come l’anziano portiere Gato Diaz che para un rigore per amore, calciatori ingaggiati per una forma di formaggio (poi divenuti grandi campioni) e il dramma del capitano del Cile Francisco Valdés che dovette accettare – per paura – di fingere un’azione e conseguente gol senza avere di fronte un’altra squadra. C’è spazio anche per il figlio del cowboy Butch Cassidy amante della filosofia ma costretto a fare l’arbitro con tanto di pistole per farsi rispettare. La presenza delle Madri di Plaza de Mayo con il loro composto dolore e il desiderio di non abbandonare mai le speranze aggiunge un ulteriore contatto alla realtà in cui tutto avveniva. La scelta drammaturgica è di far raccontare tutti questi eventi a un uomo adulto che vive ancora le emozioni di quando era bimbo, 40 anni prima anche attraverso i ricordi di suo nonno.
Con un tono dolce, suadente e vari stacchi verso il dramma, Neri Marcoré vive in maniera completa un personaggio che sente SUO. Balla, suona, canta con bravura, si muove da par suo rendendo importante anche la volutamente scarna scenografia – pali che pendono dall’alto, tavolini, sedie ma anche un’enorme pellicola trasparente che scende dal alto e trasforma le luci in momenti di intensa emozione – rendendo in maniera perfetta questo mix tra commedia e tragedia condito con i suoni e la drammaticità del tango. Coprotagonisti Ugo Dighero e Rosanna Naddeo, che assieme a Marcoré hanno varie volte collaborato con Giorgio Gallione, presenze sicure in grado di tratteggiare con ironia i vari personaggi a loro affidati. Piacevole sorpresa i giovanissimi Fabrizio Costella e Alessandro Pizzuto in perfetta simbiosi con i più esperti compagni di avventura. Le musiche di Paolo Silvestri e la colonna sonora in generale, sono coprotagoniste al pari dei dialoghi.
Al Teatro della Gustavo Modena di Genova – Tango del calcio di rigore – Per non dimenticare le dittature latino-americane
Scheda spettacolo:
Tango del calcio di rigore di Giorgio Gallione, collaborazione alla drammaturgia Giulio Costa
Interpreti Neri Marcorè, Ugo Dighero, Rosanna Naddeo, Fabrizio Costella, Alessandro Pizzuto
Musiche Paolo Silvestri
Luci Aldo Mantovani
Scene e Costumi Guido Fiorato
Regia Giorgio Gallione
Assistente alla regia Luca Cicolella
Direttori di scena Fabrizio De Sanctis, Andrea Bertocci
Produzione Teatro Nazionale di Genova