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Migranti, per due sindaci del bresciano nuova condanna per discriminazione

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I primi cittadini dei comuni di Rovato e Pontoglio avevano deciso di aumentare del 624% e del 212% i costi del certificato di idoneità alloggiativa, che serve agli stranieri per ottenere un permesso di soggiorno di lunga durata o un ricongiungimento familiare. La decisione della Corte d’Appello di Brescia

 

MILANO – Nel 2015 i sindaci di Rovato e Pontoglio avevano deciso di aumentare, rispettivamente del 624% e del 212%, i costi di un semplice certificato di idoneità alloggiativa. Questo certificato serve in particolare agli stranieri per ottenere un permesso di soggiorno di lunga durata o un ricongiungimento familiare. E così gli immigrati residenti nei due comuni bresciani allo sportello si sono visti chiedere un balzello di 425 euro a Pontoglio e di 312 euro a Rovato. Una cittadina straniera, Sakyi Comfort, assistita dagli avvocati Alberto Guariso, Livio Neri e Marta Cavanna, ha presentato ricorso, insieme all’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) e alla Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo. Nel luglio del 2016 il Tribunale di Brescia in primo grado ha condannato per discriminazione i due sindaci, Alessandro Seghezzi (Pontoglio) e Tiziano Belotti (Rovato) entrambi alla guida di una giunta di centro-destra, ordinando loro di revocare le delibere con cui hanno stabilito gli aumenti delle spese di segreteria e di rimborsare gli stranieri che nel frattempo hanno pagato.

I sindaci hanno presentato ricorso, sostenendo, tra l’altro, che l’aumento dei costi di segreteria era stato deciso per coprire i tagli dei trasferimenti di fondi dallo Stato centrale ai comuni. La Corte di appello di Brescia ha però confermato la condanna, con una sentenza pubblicata il 25 febbraio. “Rilasciare il certificato di idoneità alloggiativa ad un costo troppo oneroso, anche se in astratto non è richiesto ai soli stranieri, è discriminatorio perché solo per essi finisce per incidere su diritti fondamentali della persona come quelli alla unità familiare”, spiegano in un comunicato Asgi e Fondazione Piccini. In particolare i giudici della prima sezione civile della Corte d’Appello (presidente Donato Pianta) riconoscono che un’amministrazione comunale ha “un ampio margine di discrezionalità nel definire la propria politica fiscale nel perseguimento delle finalità che sono proprie di un ente pubblico territoriale; ma la discrezionalità nell’esercizio della autonomia finanziaria, riconosciuto dall’art 119 Cost, trova un limite nei principi generali di parità di trattamento e di ragionevolezza nonché di tutela dei principi fondamentali della persona, come riconosciuti dalla Costituzione e dalla normativa comunitaria. Orbene gli aumenti, indicati nel provvedimento impugnato, non trovano riscontro generalizzato presso altri Comuni, assoggettati al pari degli appellanti ai tagli dei trasferimenti erariali”. Il sindaco di Pontoglio era stato condannato nel 2016 anche per i cartelli apposti dal Comune che invitavano ad andarsene quanti non condividevano la “cultura occidentale”.

Da redattoresociale


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