L’analisi di Ispi: tra giugno e gennaio 45 mila dinieghi e meno di cinquemila rimpatri. Nel 2020 il numero degli irregolari aumenterà di 140 mila unità e si potrebbe raggiungere la cifra record di 750 mila. Attualmente sono 533 mila, tra loro anche stranieri di lungo corso e 100 mila tra colf e badanti
ROMA – Crolla la protezione umanitaria: a gennaio, quarto mese di applicazione del “decreto sicurezza”, a ricevere la protezione umanitaria sono solo il 2 per cento dei richiedenti. Erano il 25% nel 2017. Lo sottolinea L’Istituto di politica internazionale Ispi. In particolare, secondo un’analisi di Matteo Villa, “tra ottobre e gennaio, a causa della riforma sono state protetti circa settemila richiedenti asilo in meno rispetto allo scenario pre-riforma”. Inoltre tra giugno 2018 e oggi, circa 45 mila nuove persone hanno ottenuto un diniego alla loro richiesta d’asilo. A fronte di questo, le cifre dei rimpatri non superano le cinquemila persone. Il risultato è che ci sono almeno 40 mila irregolari in più.
Secondo le stime dello stesso Istituto di ricerca, nel 2020 il numero degli irregolari in Italia potrebbe arrivare a 140 mila. La cifra sarebbe il frutto proprio della riduzione delle forme di protezione inserite nel nuovo decreto sicurezza, fortemente voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Le restrizioni dei diritti dei richiedenti asilo si sono verificate anche in altri paesi dell’Europa occidentale, a partire dal 2014, quando cioè il flusso di migranti verso il vecchio continente è aumentato. “La Svezia ha dato un giro di vite già nel 2016. La Francia ha adottato provvedimenti restrittivi a inizio 2018. Anche la Danimarca starebbe valutando di relegare i richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta ma che non possono essere rimpatriati in un’isola remota – sottolinea Ispi -. Ma cosa succede quando un governo riduce il livello di protezione riservato ai richiedenti asilo, pur non essendo capace di aumentare i rimpatri verso i paesi di origine? La risposta è semplice: aumentano gli stranieri senza… Continua su redattoresociale