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M5S un po’ Casta e un po’ anti Casta

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Tutto cambia rapidamente. Il Movimento 5 stelle era e resta populista, ma alzando la bandiera contro la Casta entra nella Casta. La mutazione avviene da giugno, da quando i cinquestelle hanno conquistato Palazzo Chigi con il “governo del cambiamento”.

A fine gennaio Giuseppe Conte ha accompagnato ad Abu Dhabi l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi a caccia di affari petroliferi. Il presidente del Consiglio, professore universitario di area cinquestelle, ha dato una caratura politica all’avvenimento: ha esaltato il mega contratto petrolifero siglato negli Emirati Arabi Uniti perché ha un «valore strategico per il nostro Paese».

Più esattamente ha elogiato l’acquisto da parte della multinazionale energetica italiana di un complesso di raffinerie per l’imponente cifra di 3,3 miliardi di dollari dalla Adnoc, la compagnia petrolifera di Stato di Abu Dhabi. La società del Cane a sei zampe ha aumentato così con un sol colpo del 35% la propria capacità di raffinazione. Conte è soddisfatto: «È un grande risultato frutto delle avanzate tecnologie e delle elevate competenze sviluppate da una nostra azienda partecipata, Eni, che sta contribuendo ad affermare nel mondo l’eccellenza italiana in campo energetico».

Strano. Il M5S è sempre stato a favore delle energie alternative e rinnovabili e contro l’uso degli idrocarburi perché inquinano l’ambiente. Le energie pulite, come anche l’acqua pubblica, è una antica battaglia del Movimento fondato da Beppe Grillo: identitaria. È un simbolo del programma grillino per riconvertire l’economia con l’obiettivo di uno sviluppo eco-sostenibile.

L’anima ambientalista era ed è così forte da imporre al governo giallo-verde, anche in decisa contrapposizione con la Lega, il blocco delle trivellazioni petrolifere al largo delle coste italiane e l’ecotassa sulle auto più inquinanti a benzina e a gasolio, incentivando l’acquisto di quelle a trazione elettrica.

Ma l’Eni è un colosso petrolifero potente e, anche se il mega investimento da 3,3 miliardi di dollari è nelle raffinerie e non nelle energie alternative pulite, Conte non si pone problemi. In questo caso sembra non esserci la divaricazione tra èlite e popolo, quella “separazione” con le classi dirigenti che secondo il presidente del Consiglio ha permesso il trionfo del “populismo” del quale va fiero. Dalla battaglia contro le élite si arriva all’affiancamento alle élite.

Un po’ contro e un po’ accanto alle classi dirigenti. Luigi Di Maio è stato il promotore della svolta pro-governativa con l’addio alle posizioni di opposizione totale. Nel settembre 2017 gettò al vento la politica del “vaffa..” di Grillo al convegno dello Studio Ambrosetti a Cernobbio: «Vogliamo governare questo Paese…Il mio modello è il governo Rajoy». Assicurò stabilità e fece sparire le battaglie per uscire dall’euro e perfino alla Ue: «Non vogliamo un’Italia populista, estremista e anti-europeista. Il nostro obiettivo è creare e non distruggere».

Tuttavia è lo stesso Di Maio, nei panni di vice presidente del Consiglio, di ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico a rettificare la linea. In motoslitta sulle piste di Belluno, all’inizio di gennaio, ha fatto sentire la sua voce tramite Facebook per difendere il reddito di cittadinanza dalle critiche: chi avanza dei dubbi lo fa «per perpetuare lo Stato elitario ai danni dello Stato sociale», ai cinquestelle «piace difendere i diritti degli italiani soprattutto contro la classe dei privilegiati che ci ha rubato soldi in tutti questi anni».

Un po’ anti Casta e un po’ con la Casta. Beppe Grillo a gennaio ha sottoscritto, assieme al suo acerrimo avversario Matteo Renzi,  il Patto per la scienza in favore, tra l’altro, dei vaccini. Molti cinquestelle non l’hanno presa bene e durante i suoi spettacoli hanno contestato il comico, un tempo per la libertà di vaccinazione e contro le case farmaceutiche.

L’uguaglianza, “uno vale uno”, è stato un principio alla base della rivoluzione grillina. Nel 2013, quando il M5S da zero trionfò nelle elezioni politiche raccogliendo il 25% dei voti, i deputati pentastellati buttarono alle ortiche il titolo di “onorevole” e si fregiavano dell’appellativo di “portavoce” e di “cittadino deputato”, in evidente ossequio ai canoni della Rivoluzione francese.

Adesso non è più così. La segreteria della presidente della commissione Finanze della Camera Carla Ruocco a gennaio ha dato questa risposta sconcertante all’invito per un convegno a Montecitorio sull’Olocausto degli ebrei: «Buongiorno, per la Presidente On. Carla Ruocco è stato riservato un posto tra le autorità?». Il messaggio di posta elettronica, però, è stato inviato per una svista a tutti i deputati. È una brutta caduta quella richiesta di “un posto tra le autorità”. In questo caso l’anti Casta è diventata Casta.


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