Gentile onorevole Lotti,
La ringrazio per la Sua lettera, sul cui contenuto mi consentirà, almeno mi auguro, di dissentire.
Intanto, mi preme sottolineare che nella mia relazione non c’era alcuna forma di indulgenza nei confronti dell’attuale governo. Devo perciò dedurre che della mia relazione Lei abbia ascoltato o letto soltanto le parti che La riguardano. Un vero peccato. Perché se avesse avuto la pazienza di leggerla tutta, si sarebbe reso conto di quanto pesantemente negativo sia il giudizio sull’attuale governo e sulle attuali politiche contro il mondo dell’informazione.
Le critiche rivolte a lei – niente di personale, ovviamente – altro non sono che l’elenco dei rilievi che, più volte, Le abbiamo sottoposto sia durante gli incontri che ci ha concesso – per i quali Le siamo grati – sia in numerose dichiarazioni pubbliche sia durante le manifestazioni davanti al Palazzo di Montecitorio.
Niente di nuovo, insomma. Nella mia “scandalosa” relazione mi sono permesso di sottolineare quello che Lei sa già: pieno sostegno alle misure messe in campo dal governo per consentire al settore di affrontare la difficile fase di transizione, dissenso per la mancanza di misure idonee a contrastare il precariato e a favorire l’inclusione sociale.
Nessuno vuole disconoscere quello che Lei ha messo in campo per il settore, dall’obbligo di un‘assunzione per ogni tre uscite in prepensionamento, agli sgravi sulla pubblicità.
Quello che non abbiamo condiviso – ma avevamo già avuto modo di farglielo presente – è che a fronte di ulteriori 188 milioni di euro stanziati nel quadriennio 2014-2018 per i pensionamenti anticipati nulla è stato fatto per consentire un numero maggiore di ingressi nel mondo del lavoro. Che cosa o chi ha impedito al governo di modificare il rapporto di un’assunzione ogni tre uscite in senso più favorevole ai lavoratori, considerati anche i vantaggi economici riconosciuti indirettamente agli editori con gli sgravi sulla pubblicità?
Sa bene, inoltre, che abbiamo contestato anche il parere contrario espresso dal governo, e nella fattispecie dal Dipartimento allora guidato da Lei, sull’emendamento presentato, fra l’altro, da due parlamentari del Pd, volto a cancellare i collaboratori coordinati e continuativi nel settore giornalistico, di gran lunga la forma di sfruttamento più utilizzata dalle aziende editoriali.
Ci saremmo aspettati maggiore coraggio. Non un intervento per contrastare il precariato, non una parola – neanche una – sul tema delle querele bavaglio. La Sua è stata una scelta di campo, legittima, ma dal nostro punto di vista non condivisibile.
Lo stesso discorso vale per le agenzie di stampa. Nessuno Le ha addebitato tagli, peraltro mai effettuati. I rilievi hanno riguardato – anche qui niente di nuovo – la scelta di procedere con gara d’appalto, quando era chiaro a tutti che sarebbe stata sufficiente una modifica al codice degli appalti per non stravolgere il sistema. Punti di vista, ovviamente.
Quello che non ci vede concordi, gentile onorevole, è il giudizio sulle politiche per il lavoro e il contrasto al precariato portate avanti dai governi di cui Lei ha fatto parte.
Sono convinto, ma è la mia opinione, che una maggiore attenzione al lavoro e ai lavoratori, non soltanto del mondo dell’informazione, avrebbe evitato al nostro Paese l’attuale deriva.
Mi permetto, infine, di invitarLa a rileggere la mia relazione. Se lo riterrà, sono pronto a consegnarglieLa di persona confrontandomi con Lei su ogni punto.
Con viva cordialità
Raffaele Lorusso