Landini esordisce come segretario della Cgil e centra le questioni: lavoro, giustizia sociale, investimenti, prevenzione morti, servizi sociali, giovani, pensioni, integrazione. La piazza è strapiena e ha voglia di sentire parole chiare e obiettivi concreti, dopo troppe Leopolde e pochi fatti. Gli striscioni arrivano da tutta Italia, da tutti i settori, ma non ci sono i camion con la musica o le bande dei tamburi. Solo fischietti che ti spaccano i timpani, dove tutti spingono il fiato per farsi sentire.
Sì, perché è questo lo scopo: chiedere al Governo ascolto: discutere le proposte del Sindacato, per il rilancio del Paese.
Richiesta snobbata con le buone e ora gridata in Piazza, davanti a una marea di lavoratori. “E noi non ci fermeremo – scandisce Landini – finché non ci ascolteranno!” L’ex capo Fiom ha un tono determinato, ma non tribunizio, non chiama l’applauso con il crescendo. E’ concentrato, segue il filo e impegna la piazza a un ascolto attento. Non concede nulla al politichese. Aggiusta pure “quel Paese qui”, in “questo Paese qui” e si prende un applauso di simpatia. “Uno così – si lascia scappare alla fine un operaio con cappellino rosso – può dare una mano anche a rimettere in moto a spinta il PD”. Vado via e sento che ho più globuli rossi.
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