Il metateatro nella Tempesta di Shakespeare per fantocci e attore solo al Teatro Elfo Puccini di Milano

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Torna in scena lo spettacolo ideato nel 2004 da Ferdinando Bruni, fondatore (insieme a Gabriele Salvatores, nel 1973) del teatro Elfo Puccini di Milano, e Francesco Frongia. Prospero, il re-mago spodestato che architetta la vendetta e il riscatto dall’isola in cui si trova naufrago, è interpretato proprio da Ferdinando Bruni. Ed è lui che sul palcoscenico dà vita e voce a tutti gli altri personaggi dell’ultimo testo teatrale di Shakespeare, raffigurati in guisa di fantocci, scheletri, maschere, insieme a soli due “servi di scena” quasi muti, che accentuano ancor più il suo carattere di padrone assoluto dell’isola e di grande burattinaio di esistenze. E così Prospero, mutando voce, tono e inflessione dialettale nel giro di un baleno, non solo è tessitore di trame e incantesimi volti a portare sull’isola gli usurpatori del suo trono, ma diventa anche cantastorie, come una sorta di aedo di antica memoria, che mantiene il focus sul racconto e limita l’empatia con gli altri personaggi se non in funzione del percorso di evoluzione di Prospero stesso, demiurgo di se stesso che alla fine deporrà le armi della magia per accedere al potere del perdono. Ferdinando Bruni dà così prova strepitosa delle potenzialità della sua voce, giungendo a ricoprire 35 ruoli diversi, tra personaggi principali (quasi sempre rappresentati da sobri burattini di legno) e piccole battute di mozzi o comparse di secondo piano, anche se i repentini cambi di voce dello stesso attore non sempre agevolano lo spettatore nel seguire la trama.

Un altro personaggio che si avverte presentissimo in scena è invece l’isola in cui si svolgono i fatti, dove la tempesta ha fatto naufragare, 12 anni prima del momento in cui si svolge l’azione, il Duca di Milano Prospero e sua figlia Miranda: il palcoscenico è ricoperto di sabbia, più spesso in penombra o sotto luci tenui, mentre sullo sfondo troneggia il relitto della nave affondata, che sembra quasi il carrozzone di una compagnia di teatranti; ma è soprattutto il lavoro accurato di Fabio Barovero (fondatore dei MauMau) e di Mauro Ermanno Giovanardi (voce dei La Crus) e non ultima la ricostruzione dei suoni da parte di Gionata Bettini a definire questo personaggio supplementare, l’allestimento sonoro e musicale infatti è molto evocativo e ne descrive perfettamente i tratti “caratteriali”, riproducendo scrosci, raffiche di vento, muggiti del mare, sciabordii che risuonano nel profondo, nenie dalle tinte fosche o marinaresche; quasi a rispecchiare un paesaggio interiore di tutti noi che, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti esiliati, isolati, irraggiungibili nella nostra solitudine, come se chiunque altro accanto a noi non fosse che un vuoto simulacro privo di vita propria, un guscio vuoto incapace di salvarci. La marionetta di Miranda, per esempio, pur lasciando intravvedere nella gabbia della gonna un uovo, simbolo di fertilità, sembra la versione inanimata della sposa cadavere di Tim Burton; anche Ferdinando, figlio dell’usurpatore del trono e di cui ella s’innamora, ha le sembianze di uno scheletro tutt’altro che vitale. Sono come relitti, anch’essi, ridotti all’osso dall’assenza di strutture sociali nell’isola selvaggia. Ariel invece è uno svolazzante panno bianco frusciante, dalla testolina illuminata e dalla voce esile; Calibano, simbolo del maligno e delle pulsioni più basse, è una maschera tipica da mamutones con voce diabolica e lubrica.

Eppure, alla fine, Prospero spezza la sua bacchetta magica, getta a terra il librone degli incantesimi, in un tonfo liberatorio e illuminante, quasi come una rinuncia alla teoria e un ritorno alla vita autentica, fatta di socialità e di tutti i rischi cui essa ci espone. E così lascia libero lo spiritello Ariel, che gli aveva ubbidito, e riconosce come parte di sé il selvaggio Calibano, giungendo a una piena consapevolezza di tutte le sue voci interiori e perdonando chi gli aveva fatto torto. È questa la vera libertà, scegliere di perdonare e di lasciar andare, nel vento, quello che ci ha causato sofferenza ma che ci ha trasformato in quel che siamo, più potente di qualsiasi magia. Sarà forse questo il compito dei sogni, che – ci ricorda Shakespeare – sono fatti della stessa sostanza di cui siamo fatti noi umani, o quello del teatro, che in fondo di storie e fantasie e sogni si compone? Guardare le umane vicende rappresentate sul palcoscenico ci aiuta a renderci consapevoli di quel che siamo e a riappacificarci con noi stessi e coi nostri nemici, senza più mirare a poteri magici egoriferiti, preservando piuttosto la nostra debole e precaria indole umana, sempre in bilico tra aspetti contraddittori? Questa rappresentazione metateatrale di Bruni e Forgia sembra davvero incarnare questi temi della riflessione shakespeariana, in un’isola di metafore senza tempo. Da vedere, ma soprattutto ascoltare.

 

LA TEMPESTA DI SHAKESPEARE

di William Shakespeare

uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia

per attore, fantocci, figure animate e musica

sculture di scena Giovanni De Francesco

parole e voci Ferdinando Bruni

musica, suoni e rumori Mauro Ermanno Giovanardi, Fabio Barovero, Gionata Bettini

Al Teatro Elfo Puccini dal 6 al 24 FEBBRAIO 2019


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