Il mondo dei ” social” ha dato una particolare connotazione di violenza ad alcune forme di “conversazione” ed è a questo tipo di improbabile “discussione” che va ricondotto anche lo striscione apparso domenica allo stadio Bearzot di Gorizia. “Giornalisti terroristi” non può essere altro che la sintesi di un pensiero ammalato secondo il quale le responsabilità – e le conseguenze – di un episodio stupido, incivile e anacronistico ( i cori nazisti e gli insulti all’arbitro della settimana prima a Cordenons) non sono ascrivibili a quel gruppetto di ultras che di quel gesto si erano resi protagonisti, me debbono essere ricercate in chi ha rappresentato sulla carta stampata quella situazione di degrado morale che da tempo attraversa anche il mondo che fa da contorno allo sport.
Sui social, insomma, regna il principio del “vale tutto”. O quasi. La violenza di certe affermazioni si propaga senza che ci sia una “segnal-etica” che imponga degli stop quando si eccede oltre misura. E allora se alcuni malsani ragionamenti si trasferiscono poi su uno striscione ecco che ne esce quell’invettiva “giornalisti terroristi” di fronte alla quale dovrebbero reagire, innanzitutto, le istituzioni. Prima ancora che il mondo dell’informazione si esprima in un formale atto di solidarietà nei confronti di chi si limita a rappresentare la realtà. Che in questo caso è davvero triste e preoccupante.