Ricordo tutto di quei giorni drammatici giorni di dieci anni fa: la protervia del governo Berlusconi, la mancata firma di Napolitano sul Decreto che imponeva la ripresa dell’alimentazione della povera Eluana, la tenace e coraggiosisima battaglia del padre Beppino per farle staccare i macchinari, l’umanità dei medici della clinica di Udine che la accolse Per il suo ultimo viaggio, la volgarità di un Parlamento spietato e feroce, Quagliariello che parla in Senato di omicidio, la risposta magistrale della Finocchiaro, Mentana che abbandona Mediaset dopo che gli avevano impedito di andare in onda con uno speciale di Matrix per non spostare la puntata del Grande Fratello e altri mille piccoli dettagli di una vicenda che ha cambiato per sempre il nostro Paese, e per una volta in meglio.
Da allora, infatti, almeno sul tema del testamento biologico e della battaglia per garantire a ciascuno una morte dignitosa, sono stati compiuti alcuni passi avanti, al punto che possiamo dire che si è creata una coscienza civile che, fino al caso di Eluana, mancava pressoché del tutto.
A tal proposito, ha ragione il radicale Cappato quando sostiene che oggi la battaglia per l’eutanasia e il suicidio assistito potrebbe essere vinta e che siano uno scandalo i ritardi e i silenzi del Parlamento in materia.
Eluana, infatti, morendo al termine della lunga ed estenuante battaglia condotta da suo padre, ha modificato il comune sentire dell’opinione pubblica. Nulla da allora è stato più come prima, in quanto il signor Englaro si è sempre rifiutato di portarla, ad esempio, a morire in Svizzera, affinché la sua tragedia non fosse individuale ma collettiva. Questa scelta ha innescato una riflessione comune su un diritto negato, fino a diventare la sfida di un Paese bisognoso di una scossa, di cambiare, di dotarsi finalmente di una legislazione all’altezza, di recuperare lo spirito degli anni Settanta per quanto concerne il progresso morale, sociale ed etico di una collettività travolta dall’ipocrisia e annegata dalla peggior politica in un insieme scomposto di parole vuote e messaggi inutilmente retorici e incredibilmente feroci.
Eluana, e prima di lei Piergiogio Welby, nonché ovviamente le rispettive famiglie, hanno reso migliore un’Italia intorpidita, chiusa in sé stessa, sconvolta dalla grettezza di chi ha speculato persino su due corpi martoriati eppure ancora in grado di esprimere un amore per la vita che vedevano ormai sfuggire loro assai maggiore rispetto alle folli predicazioni pseudo-cattoliche di tanti credenti di maniera, innamorati unicamente del proprio tornaconto e del consenso delle frange più fondamentaliste di una fede malata e spesso stigmatizzata con parole durissime da un credente vero come il cardinal Martini.
Non arrivo a dire che se oggi abbiamo la predicazione saggia e veramente in sintonia con il messaggio evangelico di papa Francesco sia merito di Eluana e di suo padre Beppino; fatto sta che oggi la barbarie di quei giorni sarebbe impensabile e i suoi protagonisti sono, in molti casi, finiti in minoranza, non tanto in Parlamento quanto nell’opinione pubblica.
Certo, ci sono ancora i Family Day e disegni di legge da contrastare con vigore come quello del senatore leghista Pillon che mette a repentaglio decenni di conquiste essenziali delle donne. Certo, non si può tacere di fronte al rischio di un clamoroso regresso su temi cruciali come i diritti e le libertà individuali cui stiamo assistendo a livello mondiale. Certo, dieci anni dopo abbiamo compiuto, come detto, dei passi avanti ma ancora troppo piccoli per poter esprimere un’effettiva soddisfazione. Tutto vero, ma forse oggi nessuno si potrebbe più permettere quei toni e quelle scenate senza pagare un pesante dazio elettorale. E questo, ribadiamo, è il più grande merito di un padre straziato dal dolore per una figlia rimasta in stato vegetativo per diciassette anni e per gli ignobili attacchi ricevuti da soggetti che non hanno mai provato, per loro fortuna, neanche la metà di quella sofferenza senza ritorno.
Eluana, con il suo fisico martoriato da una vita spentasi troppo presto e da un accanimento terapeutico durato troppo a lungo, è riuscita a scuotere l’opinione pubblica, restituendole un coraggio e una vivacità di cui non la credevamo più capace. Per questo dobbiamo essere grati a lei e alla sua famiglia, disposta ad affrontare un calvario senza precedenti pur di spezzare le catene di un bigottismo straziante e in netto contrasto con il messaggio d’amore per il prossimo proprio della tradizione cristiana.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21