Non si può comprendere Rosa Luxemburg, il suo socialismo libertario, la sua visione economica e politica, il suo rifiuto della deriva moderata dell’SPD, la sua passione per la Rivoluzione d’ottobre, la sua Lega Spartachista e la sua attenzione alla pratica dei Consigli se la si legge con le lenti appannate di questa stagione senza pensiero.
Rosa Luxemburg, al pari del suo compagno di lotta e di sventura Karl Liebknecht, venne rapita e uccisa nella notte fra il 15 e il 16 gennaio di un secolo fa dai Freikorps inviati dal ministro della Difesa Gustav Noske, al fine di reprimere un tentativo rivoluzionario destinato, con ogni probabilità, a fallire comunque ma al tempo stesso in grado di mettere in evidenza le contraddizioni e i rischi cui stava andando incontro la Repubblica di Weimar, nata morta e destinata, a causa della sua fragilità e della sua agonia, a consegnare la Germania nelle mani di Hitler.
Aveva capito, la Luxemburg, che solo una versione aggiornata del marxismo e delle sue intuizioni avrebbe potuto condurre le democrazie occidentali nel Ventesimo secolo, rispondendo al bisogno di partecipazione di masse sempre più escluse e abbandonate a se stesse, in preda a una rabbia e a una disillusione sociale che costituirono il propulsore dei regimi che si sarebbero affermati negli anni Venti e Trenta.
Rosa Luxemburg è rimasta lì, a un secolo di distanza, a indicarci la rotta e gli ideali da seguire, e la sua tragica fine, la sua morte violenta e disperata, l’esperienza del carcere e della persecuzione che dovette subire durante il primo conflitto mondiale costituiscono alcuni degli elementi che ne hanno alimentato il mito e garantito l’immortalità, al punto che lei è rimasta, la sua visione del comunismo ha trovato, mezzo secolo dopo, una moltitudine di giovani pronti a incarnarla e la sua sconfitta non è stata mai una resa, nemmeno oggi che la sua figura è stata relegata in un oblio che proprio non merita.
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