Tra i parlamentari funziona così: uno diffama chi vuole e se parte la querela del diffamato, il parlamentare deve solo ripetere l’insulto in una sua dichiarazione in aula e il gioco è fatto: come per incanto, non è più perseguibile, perché la bestialità che ha detto diventa “espressione politica”, rientrante nelle prerogative parlamentari e pertanto non soggetta al giudizio della magistratura.
Così la tutela è diventata privilegio.
Lo scudo dei deputati e senatori contro l’eventuale persecuzione strumentale di giudici è diventata licenza di insulto, nella arrogante certezza che il parlamentare premedita di non doverne rispondere. Ecco un privilegio – oltre agli altri – che fa dei parlamentari una casta invisa e divisa dal Popolo. Occorre che le escrescenze delle originarie e giuste tutele siano rimosse. E che le diffamazioni siano lasciate al vaglio del giudice ordinario. E’ il minimo sindacale per ridare dignità ad un Parlamento, sempre più mal frequentato da mediocri violenti, più simili a ultrà da curva, che a custodi della Democrazia.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21