Nei minuti che antecedono lo spettacolo, sopra il palco incombe un enorme cubo sospeso nell’aria sulle cui facce scorrono unicamente notizie di guerre, crisi, momenti di terrore uniti a volti conosciuti della politica italiana ed estera degli ultimi decenni. L’atmosfera è tesa e crea subito sconcerto, uno sbigottimento confuso – eppure così chiaro – che proseguirà senza un momento di stanchezza per tutta la narrazione. Poi l’arrivo del protagonista Charles, Luca Barbareschi, uno psicoanalista che sta leggendo un diario, il suo. All’improvviso si spengono tutte le insegne e notizie che scorrevano sul cubo ed entra in scena la moglie, Kath, un’incalzante e preparatissima Lunetta Savino. Charles comincia a tessere una polemica contro tutto ciò che è informazione, perché – spiega alla moglie – ai giornali, ai TG non interessa la verità ma solo il gossip, privo di ogni tipo di saggezza.
Charles è emotivamente coinvolto nella denuncia dell’ingiustizia sociale dei media, volti solo a creare e diffondere scandali, perché lui stesso, psichiatra molto conosciuto, ha deciso di rifiutarsi di rendere testimonianza nel procedimento contro un suo paziente, chiamato “ragazzo”, accusato di una serie di orribili crimini. Il ragazzo informa i giornali di essere omosessuale e dichiara che il rifiuto del suo psicoanalista è dovuto all’omofobia di Charles.
I giornalisti non perdono tempo e titolano gli articoli con una frase stravolta, da lui mai scritta, che si vuol far credere estrapolata da un testo dello psicoanalista: “L’omosessualità è un’aberrazione” . La falsa notizia dilaga e conta poco che Charles ripeta al suo avvocato, alla moglie o al magistrato che, a onor del vero, il suo articolo era intitolato “L’omosessualità come adattamento”.
Charles racconta dei suoi incontri con il ragazzo e la minuziosa ricostruzione delle sedute lo conduce a mettere in discussione se stesso e la psicoanalisi. Insomma questa gogna mediatica lo accompagna inesorabilmente al centro di un vero e proprio dilemma morale e alla scelta finale, in considerazione del fatto che stampa, leggi e psichiatria non sono di aiuto alla risoluzione del problema.
Il Penitente non delude le attese nei confronti dell’ennesimo copione di David Mamet, sceneggiatore assolutamente riconoscibile per la scelta di far colloquiare i suoi i personaggi con successioni velocissime e quasi sempre interrotte dall’uno o dall’altro interlocutore, dialoghi dove l’attenzione non cade mai, grazie anche alla scelta di far concludere spesso le frasi da colui che non stava parlando. Un inarrestabile Luca Barbareschi può rivendicare il merito dell’ottima riuscita di questo dramma.
Il Penitente
Lunetta Savino
Luca Barbareschi
Massimo Reale
e con Duccio Camerini
di David Mamet
scene Tommaso Ferraresi
costumi Anna Coluccia
luci Iuraj Saleri
musiche Marco Zurzolo
suono Hubert Westkemper
video Claudio Cianfoni, Marco Tursi e Andrea Paolini
dramaturg Nicoletta Robello Bracciforti
traduzione e regia Luca Barbareschi
produzione Teatro Eliseo, Fondazione Campania dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia
foto di scena Bepi Caroli