All’Angelus la richiesta di aiuto «alle persone salvate nel Mediterraneo e in cerca di un porto sicuro»
di DOMENICO AGASSO JR
Solo chi lascia i propri «attaccamenti mondani» trova il Signore. Non bisogna inseguire i bagliori del potere, la luce di Dio non è lì, ma nell’«amore umile». Cercando «la ribalta» non si è a servizio del Vangelo. Il Papa lo afferma durante la Messa dell’Epifania nella basilica vaticana. Poi, nel successivo Angelus in piazza San Pietro, Francesco rivolge un «accorato appello ai Leader europei, perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti delle persone salvate nel Mare Mediterraneo» e che sono «a bordo di due navi di ONG in cerca di un porto sicuro».
Nell’omelia il Pontefice ricorda che Epifania è la parola che «indica la manifestazione del Signore, il quale, si rivela a tutte le genti, rappresentate oggi dai Magi. Si svela così la bellissima realtà di Dio venuto per tutti: ogni nazione, lingua e popolazione è da Lui accolta e amata». E simbolo di questo è la luce, «che tutto raggiunge e illumina».
l Vescovo di Roma osserva che «se il nostro Dio si manifesta per tutti, desta tuttavia sorpresa come si manifesta. Nel Vangelo è narrato un via-vai attorno al palazzo del re Erode, proprio mentre Gesù è presentato come re: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?”, domandano i Magi». Lo troveranno, «ma non dove pensavano: non nel palazzo regale di Gerusalemme, ma in un’umile dimora a Betlemme». Jorge Mario Bergoglio nota che «lo stesso paradosso emergeva a Natale, quando il Vangelo parlava del censimento di tutta la terra ai tempi dell’imperatore Augusto e del governatore Quirinio. Ma nessuno dei potenti di allora si rese conto che il Re della storia nasceva al loro tempo». E ancora, quando il Figlio di Dio, sui 30 anni, «si manifesta pubblicamente, precorso da Giovanni il Battista, il Vangelo offre un’altra solenne presentazione del contesto, elencando tutti i “grandi” di allora, potere secolare e spirituale: Tiberio Cesare, Ponzio Pilato, Erode, Filippo, Lisania, i sommi sacerdoti Anna e Caifa. E conclude: “la Parola di Dio venne su Giovanni nel deserto”».
Quindi su nessuno dei «grandi, ma su un uomo che si era ritirato nel deserto. Ecco la sorpresa: Dio non sale alla ribalta del mondo per manifestarsi».
Riflette Francesco: «Ascoltando quella lista di personaggi illustri, potrebbe venire la tentazione di “girare le luci” su di loro. Potremmo pensare: sarebbe stato meglio se la stella di Gesù fosse apparsa a Roma sul colle Palatino, dal quale Augusto regnava sul mondo; tutto l’impero sarebbe diventato subito cristiano». Oppure: «Se avesse illuminato il palazzo di Erode, questi avrebbe potuto fare del bene, anziché del male». Ecco la spiegazione: «La luce di Dio non va da chi splende di luce propria. Dio si propone, non si impone; illumina, ma non abbaglia».
Avverte poi il Papa: «È sempre grande la tentazione di confondere la luce di Dio con le luci del mondo. Quante volte abbiamo inseguito i seducenti bagliori del potere e della ribalta, convinti di rendere un buon servizio al Vangelo! Ma così abbiamo girato le luci dalla parte sbagliata, perché Dio non era lì. La sua luce gentile risplende nell’amore umile». E quante volte, «come Chiesa, abbiamo provato a brillare di luce propria! Ma non siamo noi il sole dell’umanità – evidenzia – Siamo la luna, che, pur con le sue ombre, riflette la luce vera, il Signore: Egli è la luce del mondo. Lui, non noi».
La luce di Dio «va da chi la accoglie». Però «occorre alzarsi, cioè levarsi dalla propria sedentarietà e disporsi a camminare. Altrimenti si rimane fermi, come gli scribi consultati da Erode, i quali sapevano bene dov’era nato il Messia, ma non si mossero. E poi bisogna rivestirsi di Dio che è la luce, ogni giorno, finché Gesù diventi il nostro abito quotidiano».
Però, ammonisce Papa Bergoglio, per «indossare l’abito di Dio, che è semplice come la luce, bisogna prima dismettere i vestiti pomposi. Altrimenti si fa come Erode, che alla luce divina preferiva le luci terrene del successo e del potere». I Re Magi, invece, «si alzano per essere rivestiti di luce. Essi soli vedono la stella in cielo».
Infatti per trovare Cristo «c’è da impostare un itinerario diverso, c’è da prendere una via alternativa, la sua, la via dell’amore umile. E c’è da mantenerla». Il Vangelo di oggi «conclude dicendo che i Magi, incontrato Gesù, “per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. Un’altra strada, diversa da quella di Erode. Una via alternativa al mondo, come quella percorsa da quanti a Natale stanno con Gesù: Maria e Giuseppe, i pastori. Essi, come i Magi, hanno lasciato le loro dimore e sono diventati pellegrini sulle vie di Dio». Perché solo chi lascia «i propri attaccamenti mondani per mettersi in cammino trova il mistero di Dio».
E tutto ciò «vale anche per noi. Non basta sapere dove Gesù è nato, come gli scribi, se non raggiungiamo quel dove. Non basta sapere che Gesù è nato, come Erode, se non lo incontriamo». Quando il Suo «dove diventa il nostro dove, il suo quando il nostro quando, la sua persona la nostra vita, allora Gesù nasce dentro e diventa Dio vivo per me». Perciò «oggi siamo invitati a imitare i Magi. Essi non discutono, ma camminano; non rimangono a guardare, ma entrano nella casa di Gesù; non si mettono al centro, ma si prostrano a Lui, che è il centro; non si fissano nei loro piani, ma si dispongono a prendere altre strade». Nei loro gesti «c’è un contatto stretto col Signore, un’apertura radicale a Lui, un coinvolgimento totale in Lui. Con Lui utilizzano il linguaggio dell’amore, la stessa lingua che Gesù, ancora infante, già parla. Infatti i Magi vanno dal Signore non per ricevere, ma per donare».
Per questi motivi il Papa invita a chiedersi: «A Natale abbiamo portato qualche dono a Gesù, per la sua festa, o ci siamo scambiati regali solo tra di noi?».
Assicura Francesco: «Se siamo andati dal Signore a mani vuote, oggi possiamo rimediare. Il Vangelo riporta infatti, per così dire, una piccola lista-regali: oro, incenso e mirra». L’oro, considerato l’elemento «più prezioso, ricorda che a Dio va dato il primo posto. Va adorato. Ma per farlo bisogna privare sé stessi del primo posto e credersi bisognosi, non autosufficienti». L’incenso simboleggia «la relazione col Signore, la preghiera, che come profumo sale a Dio. Ma, come l’incenso per profumare deve bruciare, così per la preghiera occorre “bruciare” un po’ di tempo, spenderlo per il Signore. E farlo davvero, non solo a parole».
A proposito «di fatti, ecco la mirra, unguento che verrà utilizzato per avvolgere con amore il corpo di Gesù deposto dalla croce. Il Signore gradisce che ci prendiamo cura dei corpi provati dalla sofferenza, della sua carne più debole, di chi è rimasto indietro, di chi può solo ricevere senza dare nulla di materiale in cambio».
Ripete due volte: «È preziosa agli occhi di Dio la misericordia verso chi non ha da restituire, la gratuità!». Conclusa la Celebrazione, il Papa si affaccia alla finestra dello studio nel Palazzo apostolico vaticano per recitare l’Angelus con i 60mila fedeli e pellegrini (dato della Gendarmeria vaticana) in piazza San Pietro.
Nell’introdurre la Preghiera mariana il Pontefice medita su «Erode e gli scribi di Gerusalemme»: hanno «un cuore duro, che si ostina e rifiuta la visita di quel Bambino. Essi rappresentano quanti, anche ai nostri giorni, hanno paura della venuta di Gesù e chiudono il cuore ai fratelli e alle sorelle che hanno bisogno di aiuto». Erode teme di «perdere il potere e non pensa al vero bene della gente, ma al proprio tornaconto personale. Gli scribi e i capi del popolo hanno paura perché non sanno guardare oltre le proprie certezze, non riuscendo così a cogliere la novità che è in Gesù». Bergoglio esorta: ««Non permettiamo alle nostre paure di chiuderci il cuore, ma abbiamo il coraggio di aprirci a questa luce mite e discreta. Allora, come i Magi, proveremo “una gioia grandissima”».
Dopo l’Angelus, scandisce con durezza il Papa una richiesta precisa: fare sbarcare i migranti in mare sulla Sea Watch e la Sea Eye. «Da parecchi giorni – afferma – quarantanove persone salvate nel Mare Mediterraneo sono a bordo di due navi di ONG, in cerca di un porto sicuro dove sbarcare. Rivolgo un accorato appello ai Leader europei, perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di queste persone».
Dedica un pensiero ad «alcune Chiese orientali, cattoliche e ortodosse, che seguono il calendario Giuliano» e che «celebreranno domani il Santo Natale. Ad esse rivolgo il mio augurio cordiale e fraterno nel segno della comunione tra tutti noi cristiani, che riconosciamo Gesù come Signore e Salvatore».
Infine, l’Epifania è anche «la Giornata Missionaria dei Ragazzi, che quest’anno invita i giovanissimi missionari ad essere “atleti di Gesù”, per testimoniare il Vangelo in famiglia, a scuola e nei luoghi di svago». (Vatican Insider)
Da sanfrancesco
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