Migranti. Da Melissa e dalle persone salvate dalla Sea Watch commoventi storie di umanità, quella che manca a Salvini e Di Maio

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Lunedì incontro coi sindaci sulla legge (in)sicurezza

Di Pino Salerno

Una barca a vela con 51 migranti curdi a bordo si è incagliata e capovolta, poco dopo le 4 di giovedì mattina, davanti alla spiaggia di Torre Melissa, nel crotonese. Gli abitanti del piccolo borgo, frazione di Melissa, sono stati svegliati dalle urla di quanti erano finiti nell’acqua gelida. “Faceva freddo e pioveva, la riva era vicina ma molti non sapevano nuotare”, racconta il sindaco Gino Murgi, tra i primi a giungere sulla spiaggia insieme con le forze dell’ordine. “Sono stato chiamato al telefono poco dopo le 4, sono arrivato lì e mi hanno colpito le grida disumane, in particolare delle donne che avevano paura per i loro bambini”. Tra i naufraghi c’erano infatti anche cinque donne e quattro bambini, tra cui una piccola di pochi mesi. Un uomo risulta disperso: un suo amico ha detto ai soccorritori che si era gettato in acqua poco prima e non è più stato visto. In tarda mattinata, come ha confermato lo stesso sindaco, sono stati arrestati due russi sospettati di essere gli scafisti che hanno portato la barca ad arenarsi sulle coste calabresi. Erano in un albergo della zona, “uno si stava riposando sul letto e l’altro stava facendo una doccia”, quando sono stati prelevati dai carabinieri, ha detto Murgi. I migranti sono stati trasferiti al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto.

Così, mentre l’Europa non trova un’intesa sull’accoglienza, un forte segnale arriva da un paesino calabrese che si è mobilitato per prestare i primi soccorsi ai migranti curdi. Murgi elogia la velocità di intervento di “tutte le forze dell’ordine, che sono arrivate e ci hanno aiutato, poi anche il 118, che ha prestato le prime cure a donne e bambini che apparivano disidratati”. Ma soprattutto il sindaco è colpito dalla solidarietà dei suoi concittadini. “Ho visto miei paesani che, nonostante il freddo pungente, si toglievano i loro giubbotti e li davano a queste persone. L’uomo è capace di umanità, altruismo, amore. Chi ha un cuore tende la mano”. Parole che suonano come un richiamo a quanti, in Italia e in Europa, non riescono a trovare una soluzione al dramma dei migranti. Il sindaco di Melissa sottolinea: “La nostra comunità ha fatto quello che qualsiasi uomo farebbe, in una simile situazione. Non dimenticherò mai le urla disumane di queste persone”. In questo momento di accese polemiche sul tema dell’accoglienza, alcuni sottolineano il gesto della comunità di Torre Melissa, in particolare dal centrosinistra. “Grazie alle persone che si sono mobilitate. In questi giorni difficili dalla Calabria arriva un bel segnale di umanità”, scrive su Twitter il senatore Pd Ernesto Magorno. Sempre su Twitter arriva il commento di Giuseppe Civati: “Mentre Salvini prosegue nella sua indegna sceneggiata, ridicola se non fosse inquietante, nel crotonese arrivano 51 migranti, soccorsi dal sindaco e dagli abitanti di Torre Melissa”.

Da poche ore i 49 migranti della SeaWatch e della SeaEye sognano l’Europa con i piedi per terra, sul vecchio Continente

Madri, bambini e tanti giovani africani, dopo quasi venti giorni, adesso hanno il mare alle spalle e diversi Paesi che hanno deciso di accoglierli. Ed è proprio in Italia che potrebbe essere ospitata, in uno dei centri della Chiesa Valdese, una donna libica che con il figlio di sei anni ha lasciato Tripoli per scappare dalle violenze di suo marito, il quale prima o poi avrebbe finito per ucciderla. Lei, 32 anni e una laurea in ingegneria, ha deciso di rischiare la morte pur di far vivere suo figlio – dice parlando un inglese fluente -. Non è scappata solo dalla guerra, qui in Europa sa che ha il diritto di ribellarsi ad un uomo senza rischiare di essere uccisa. “Se fossimo rimasti lì, prima o poi io sarei morta e non so chi si sarebbe occupato di lui”, spiega guardando a distanza suo figlio che gioca con gli altri bimbi sbarcati a Malta. “I gommoni su cui abbiamo tentato di lasciare la Libia fin da settembre – ricorda – , sono naufragati due volte e molte persone che avevo conosciuto in quei giorni sono morte. E quando non è successo è stata la motovedetta libica ad intercettarci e a portarci indietro. Ma stavolta per fortuna io e mio figlio ce l’abbiamo fatta”, spiega. “Vorrei solo un po’ di tranquillità adesso. Ho studiato e ho tanta voglia di darmi da fare per lavorare”. Non è solo il terrore delle violenze a spingere molti naufraghi della SeaWatch verso le coste nord del Mediterraneo. Molti hanno pagato con la schiavitù, la prigionia e gli abusi il loro prezzo per abbandonare la fame. “Riusciremo a sopravvivere perché sappiamo adattarci a fare qualsiasi cosa”, spiegano alcuni giovani contadini algerini. “Se penso che qualche mese fa ero in un campo a Sabratha – spiega un ventenne nigeriano -, non riesco a credere che adesso avrò la possibilità di andare nel Nord Europa e lavorare. So che qui mi aspetta un’altra vita”. Tra alcuni naufraghi sono nate nelle ultime settimane nuove amicizie che sembrano durare da anni. E seppure divisi a bordo delle due diverse navi di SeaWatch e SeaEye, dopo giorni passati in mare ora sperano di ritrovarsi nello stesso Paese dell’Unione. Un modo per condividere – dicono – un viaggio che ci ha segnato per la vita: “Nelle prigioni, sui gommoni e sulle navi eravamo come pecore. Ora cambia tutto, siamo fuori dal gregge. Siamo nel nuovo mondo”.

I sindaci ritrovano l’unità, e lunedì saranno ricevuti a Palazzo Chigi

Dopo la lettera di sostegno alla legge sicurezza firmata da 400 primi cittadini, il direttivo dell’Associazione dei Comuni italiani dà mandato al presidente Antonio Decaro di trattare con il governo alcune modifiche sul tema dell’accoglienza dei migranti e respinge ‘fughe in avanti’ di chi minaccia di non applicare la legge. Restano però le tensioni con il Viminale. Anzi si acuiscono. Il ministro Matteo Salvini chiude a qualsiasi cambiamento. L’incontro di lunedì prossimo a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – afferma il vicepremier leghista – sarà solo per un caffè, “che non si nega a nessuno. Ovviamente il decreto funziona, non si tocca e rimane così com’è, applicato e apprezzato dal 99% dei sindaci”. Parole respinte non solo dal presidente dell’Anci, ma anche dai sindaci di Palermo e di Napoli. “Magari prendiamo una camomilla così siamo tutti più calmi e riusciamo a dialogare”, risponde Antonio Decaro. “Il dialogo – sottolinea – aiuta le istituzioni a riconoscersi”. Meno diplomatica la risposta di Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo che contro il provvedimento ha presentato ricorso alla Consulta: “Salvini con una inaudita volgarità non solo disprezza i migranti e gli italiani ma anche le istituzioni. Il suo nervosismo è segno di mancanza di argomenti. Lo lascio urlare e cerco un giudice per far valere l’incostituzionalità di queste norme”. Sulla stessa linea Luigi De Magistris. Nel sostenere che le nuove norme porteranno più insicurezza nelle città, il primo cittadino di Napoli ed ex magistrato conferma che rispetterà la legge e che la interpreterà “in maniera costituzionalmente orientata”. “Non capisco perché Salvini è così nervoso e insofferente nei confronti dei sindaci che dicono di voler applicare la Costituzione. Lo vedo nervoso. Il caffè non gli conviene, si pigliasse una camomilla”, consiglia al titolare del Viminale.

Da jobsnews


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