Aosta come San Luca. La Vallèe è stata per un trentennio il rifugio dei picciotti di ‘ndrangheta. Non stupisce, quindi, l’ultima operazione della Dda di Torino nella quale sono finiti in manette politici, avvocati ed esponenti del clan Nirta-Scalzone del piccolo paesino dell’Aspromonte. Per gli inquirenti non ci sono dubbi: dalle indagini è emerso uno scenario di pervasiva infiltrazione delle ‘ndrine nella vita economico-imprenditoriale. Un mare magnum di collusioni in cui ci sarebbe di tutto: dai legami con la politica ai contatti con la massoneria. Tra gli arrestati c’è pure un consigliere regionale della Valle d’Aosta, rappresentante di un partito di ispirazione autonomista e il noto penalista torinese Carla Maria Romeo, che è stato negli anni protagonista di processi contro la criminalità organizzata calabrese a Torino. Per l’accusa, tutto ruoterebbe attorno ai pacchetti di voti in cambio di appalti e affidamento di lavori. Ma alle cosche non piacerebbe solo la politica. Perché da una intercettazione emergerebbe l’intenzione dei clan di scalare le gerarchie di una loggia valdostana con lo scopo di far iscrivere poi imprenditori e professionisti. I Cacciatori di Calabria sono, finalmente, riusciti ad arrestare il presunto boss Bruno Nirta, fratello di Giuseppe che fu assassinato in Spagna nel 2017. Ma il blitz aostano fa emergere più aspetti inquietanti, come la guerra sfiorata tra famiglie calabresi che vivono in Valle d’Aosta e tutto ebbe origine dalla lite tra due giovani. Sfogliando, infatti, la corposa ordinanza vengono fuori i dettagli di un episodio avvenuto nel giugno-luglio 2015, quando ci fu una colluttazione tra il nipote e il figlio di due persone che sarebbero appartenuti a schieramenti opposti. I due ebbero lesioni lievi ma il fatto non poteva passare inosservato. Perché quello che era accaduto doveva dimostrare, scrivono i magistrati, chi comandava lì. E i Nirta non potevano non riaffermare il loro dominio. Perché la Vallee è una succursale di San Luca.
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