Ieri ho iniziato la giornata pensando al giudice Savasta. L’avvocato mi ha dato tempo fino a sera per depositare la terza e definitiva memoria per dimostrare il rischio , il danno, la pericolosità celata dietro a una richiesta di divisione in lotti della più prestigiosa area del Parco Nazionale del Circeo.
Mi sono immersa febbrilmente nelle carte di questi undici anni raccolte nel libro che non riesco a consegnare a un editore perché richiamata sempre da nuovi e imprevisti eventi. La “maledizione del lago” non è più solo un titolo, magari azzeccato, ma anche una sorta di fantasma che mi ha inseguito legando la storia della mia famiglia all’ambiente, ai soldi, alle debolezze degli individui e alla grande, incredibile corruzione del nostro Paese.
Una storia di poteri tanto forti che solo ripercorrerli attraverso la rassegna stampa di questi anni mi ha creato per tutto il giorno uno stato di ansia. Ansia e paura. Sei interrogazioni parlamentari, procedura di infrazione dell’Unione Europea, conferenze di servizio andate deserte, e quella storia amorale di un figlio maschio designato erede e custode di una storia, protagonista dell’inizio del nuovo “sacco del Circeo”. Complicità logiche per una giornalista. Nessun privato commette reati tanto evidenti come realizzare una darsena abusiva per 1300 barche senza la copertura delle Amministrazioni. Il posto barca ce lo avevano tutti. Magistrati, politici e amici degli amici. La vita da bere. Gite a Ponza, scorribande in area protetta a due passi dalla Villa dell’Imperatore Domiziano.
Erano gli anni d’oro del politico “ forte “ della provincia di Latina, Il sindaco di Sperlonga Armando Cusani, colui che definì la relazione del Prefetto Frattasi, l’uomo di Stato che chiese lo scioglimento del Comune di Fondi, testualmente, “una patacca” e i membri della commissione d’accesso “pezzi deviati dello Stato”. Era il 2008. Una vita fa ormai. Solo tra anziani giornalisti riusciamo a ricostruire l’ascesa al potere a partire dal 94 di questo gruppo legato con un doppio nodo al senatore Fazzone, l’ex agente di scorta del Ministro Mancino quando questi era Ministro dell’Interno.
Erano gli anni di Storace alla Regione e Matteoli all’Ambiente. Io lavoravo in Rai e avevo girato la testa: difficile voler entrare in questo verminaio. Non mettevo neanche piede in quella zona. Anche se Giovannino Russo e Igor Man , presenti sul lago perché proprietari di una casa nel Villaggio dei Giornalisti, mi mandavano messaggi preoccupati. Forse non mi sono mai voluta rassegnare al fatto che ci potesse essere qualcuno disposto a distruggere una risorsa ambientale ed economica di quel livello in cambio di soldi. Per quanto mi riguarda, fossero stati anche molti, essere al centro di un ecosistema e’ qualcosa di immortale e divino. Per tutta la giornata ho cercato di immedesimarmi nel giudice Antonio Savasta ,colui che avrebbe preso in mano le carte. Ho pensato che sicuramente vedendo le foto storiche conservate nel libro di mio padre si sarebbe reso conto della storia centenaria di lavoro e di impresa che abbiamo sul lago.
Per me Savasta era un nome. Mi avevano detto che era sotto inchiesta ma fino a prova contraria- mi dicevo- non si può negare a un cittadino il principio di non colpevolezza.
Insomma, alla fine della mia febbrile ricerca mi ero convinta che con quelle centinaia di foto e documenti nessuno avrebbe mai potuto avallare una possibile lottizzazione. Poi ho pensato alle dune di Sabaudia, palesemente demaniali e umiliate da nomi altisonanti che si sono costruiti la loro piscina affondando nella mediocrità una storia di Imperatori romani e Papi. Ho pensato anche che il Prefetto Frattasi ha perso sullo scioglimento del Comune di Fondi per mafia e che l’avvocato che chiede la lottizzazione è lo stesso che denunciò Ministero dell’Ambiente e il Parco del Circeo per ottenere che il lago fosse navigabile per yacht di 40 metri.
L’ansia mi ha ripreso. Il giudice Savasta avrebbe compreso il gioco di amministrazioni corrotte? Sarebbe riuscito a capire che la giustizia è chiamata a svolgere un ruolo importante nel Paese per la tutela dei diritti fondamentali? In fondo fare il giornalista, ho pensato, seppur con il pericolo che a un certo punto ti possono ammazzare è sempre meno devastante che sentirsi spinti nel vuoto . Il giornalista oggi teme le querele temerarie e l’arbitrarietà di certe azioni di certi magistrati ma ha una categoria dietro alle spalle.
Se è il cittadino a trovarsi solo davanti alla pubblica amministrazione deve fare una unica cosa: sperare che non ci siano corrotti. E’ così che a fine serata pur depositando documenti e interrogazioni mi è tornata una grande paura. Possibile- mi sono detta- che possano concepire che i canali che portano l’acqua salata dal Mar Mediterraneo nell’entroterra siano controllati ipoteticamente dai futuri proprietari dei lotti? E’ stata una giornata di tormento vissuta tra la sconfinata cultura e grandezza di mio padre che per cinquant’anni ha evitato che fosse cementato anche un granello di sabbia e l’abisso della perdita della morale e dell’etica pubblica. In mezzo io, schiacciata da mesi senza riuscire neanche più a raccontare le tappe perché logorata e perché anche una giornalista può avere difficoltà ad accettare che la storia non sia finita e anzi abbia ripreso con gli stessi personaggi di prima . Forti come prima nei territori. Con giornali, imprese e studi professionali. E nuove complicità in seno alla mia stessa famiglia.
Ce lo diciamo – noi che da dieci anni militiamo nel sud pontino – sono nuovamente anni duri. Pensavamo di avere vinto e invece per ciascuno di noi si è aperto un nuovo fronte. Ho mandato il materiale all’avvocato e ho pensato per l’ultima volta al giudice Savasta. Mi sono detta” speriamo che qualcuno lo illumini, magari mio padre”. In quegli stessi minuti il Fatto Quotidiano dava la notizia dell’arresto del giudice Antonio Savasta per corruzione e associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.