Un nuovo dossier di Openpolis e Oxfam fotografa l’impegno italiano su cooperazione allo sviluppo e lotta alla povertà. Francesco Petrelli (Oxfam Italia): “Per la prima volta dal 2012, calano le risorse destinate all’aiuto pubblico, segno tangibile che per il governo il tema della cooperazione non è tra quelli prioritari”
ROMA – È un giudizio negativo quello formulato da Openpolis e Oxfam in merito alle politiche del Governo sull’aiuto pubblico allo sviluppo (aps) e alla cooperazione internazionale. Secondo un nuovo dossier delle due organizzazioni, che fotografa l’impegno italiano su cooperazione allo sviluppo e lotta alla povertà, sono state infatti completamente disattese, dalla legge di bilancio approvata il 30 dicembre scorso, le stime relative alle risorse che il governo intendeva destinare alla cooperazione internazionale.
“Nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza – spiegano Oxfam e Openpolis – era infatti previsto che il rapporto dell’aiuto pubblico (con la) ricchezza nazionale (aps/rnl) si sarebbe assestato allo 0,33% nel 2019 per poi crescere allo 0,36% nel 2020 e addirittura allo 0,40% nel 2021, mostrando la volontà di superare l’impegno intermedio dello 0,30% sottoscritto in sede Nazioni Unite e raggiunto nel 2017 con 3 anni di anticipo. Niente di tutto ciò è accaduto: le tabelle presentate dal ministero delle finanze dicono di 5.077 milioni di euro nel 2019, 4.654 milioni nel 2020 e a 4.702 milioni nel 2021. Con queste cifre, nel 2020 il rapporto aps/pil secondo alcune stime potrebbe calare allo 0,26 tornando a livelli inferiori al 2016”.
“Per la pima volta dal 2012, calano le risorse destinate all’aiuto pubblico, segno tangibile che per il governo il tema della cooperazione non è tra quelli prioritari. – ha detto Francesco Petrelli, senior policy advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia – Non si tratta solo di mancare gli obiettivi, effettivamente ambiziosi, che il governo si era posto con la nota di aggiornamento al Def, ma di un significativo calo dell’aps. Secondo le nostre proiezioni potrebbero essere quasi 730 milioni in meno nel 2019, 1,7 miliardi nel 2020 e 2,4 miliardi nel 2021.”
L’aiuto gonfiato e l’aiuto genuino. Da un’analisi e una verifica qualitativa dei dati definitivi sul 2017 dell’Ocse, emerge che dal 2012 al 2017 l’Italia ha destinato risorse sempre maggiori all’aps. Eppure una corretta lettura evidenzia che questo aumento è stato in buona parte trainato dalla crescita della voce “rifugiati nel paese donatore”, quasi un terzo del totale dell’aiuto pubblico ancora nel 2017.Si tratta del cosiddetto “aiuto gonfiato”, quello destinato a coprire le spese per l’accoglienza dei rifugiati e per la cancellazione del debito e non a finanziare progetti di cooperazione. Denaro che non varca i confini dell’Italia e che non viene utilizzato per gli scopi propri dell’aiuto allo sviluppo: la lotta alla povertà e il raggiungimento degli obbiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Agenda 2030. “La diminuzione di risorse destinate ai paesi in via di sviluppo significa sostanzialmente meno soldi per cibo e acqua, salute, istruzione di base che sono elementi determinanti per combattere la povertà – ha aggiunto Petrelli – Pensiamo così di affrontare alla radice le migrazioni cui sono costrette centinaia di migliaia di persone a causa di fame e guerre? Ci chiediamo inoltre perché in una prospettiva di risorse decrescenti e con una fortissima riduzione degli arrivi vengano mantenuti stanziamenti così alti per il Ministero dell’Interno. Avremo due cooperazioni distinte? Quella del Viminale dedicata al controllo delle frontiere? Una prospettiva non solo discutibile sul piano dei principi ma inefficace e illusoria sul piano dei risultati pratici”
Nonostante tra il 2017 e il 2018 lo sbarco di migranti in Italia sia calato di oltre l’80%, la legge di bilancio mantiene per il triennio 2019-2021 consistenti stanziamenti per la parte della cooperazione internazionale gestita dal ministero dell’interno: al Viminale infatti continueranno in media ad essere destinati 1,6 miliardi di euro all’anno.
Controllo delle frontiere e strumentalizzazione dell’aiuto allo sviluppo. Con un budget di 4,1 miliardi di euro – provenienti per il 95% da risorse per lo sviluppo – il Trust Fund ha utilizzato un’ampia quota delle sue risorse, pari al 35%, per l’attività di controllo delle frontiere. Si tratta ancora una volta di una tendenza che rischia di produrre una distorsione delle finalità dell’aiuto allo sviluppo. “Per far sì che la cooperazione allo sviluppo continui a essere strumento di contrasto alle disuguaglianze e di giustizia sociale è necessario distinguere le politiche di cooperazione vere e proprie da quelle di controllo e gestione delle frontiere nei paesi di origine e transito delle rotte migratorie mediterranee.” ha concluso Petrelli.
Secondo il dossier, inoltre, “non risulta confermato l’impegno preso nei confronti dei paesi agli ultimi posti nei livelli di sviluppo (Ldc): l’Italia è tra gli stati che donano meno a tali paesi, con un misero 0,06%, del proprio aiuto pubblico, percentuale lontanissima dallo 0,15% raccomandato dall’Onu ai paesi donatori”. Sulla base di questi dati secondo Oxfam e Openpolis emerge la necessità di una rapida inversione di rotta, a partire da alcuni punti fondamentali: “la riprogrammazione delle risorse dell’aps in ambito triennale tale da garantire almeno il raggiungimento dello 0,30% nel 2020; rafforzare il coordinamento e la coerenza a livello interministeriale nella definizione di una strategia corrispondente a un uso appropriato delle risorse; garantire che le risorse progressivamente rese disponibili dalla diminuzione dei flussi migratori vengano utilizzate in modo efficace e coerente per gli obiettivi propri della cooperazione e dell’agenda 2030 e, infine, aumentare le risorse da destinare ai paesi ultimi nella classifica dei tassi di sviluppo (ldcs) e garantire la coerenza tra obiettivi dichiarati, temi e paesi prioritari, risorse effettivamente allocate”.