Salvini sperimenta il lessico fascista. E per i penalisti Bonafede ha un “concetto primitivo della dignità umana”
Di Pino Salerno
Sulla vicenda di Cesare Battisti, sulla cui cattura in Bolivia restano ancora alcuni lati oscuri, si è sollevata una sacrosanta e legittima ondata di protesta contro la vera e propria caciara mediatica inscenata da alcuni ministri del governo Conte, primi tra tutti quello dell’Interno Salvini e quello della Giustizia, Bonafede. Il ministro dell’Interno ha sostenuto che Battisti sarebbe un “assassino comunista che deve marcire in galera”. Ora, sul fatto che sia un assassino, non possiamo sindacare qui ed ora i giudizi di merito dei tribunali che l’hanno condannato all’ergastolo. Non spetta a noi. Ma rileviamo alcuni elementi che caratterizzano, ormai da tempo, il tentativo di Salvini di proporre all’opinione pubblica un lessico neofascista sul quale non possiamo più tacere. Nell’intenzionalità evidente del ministro dell’Interno, l’aggettivo “comunista” punta a fare di tutta l’erba un “fascio”, condannando l’intera storia del comunismo italiano tout court, con l’inferenza logica secondo la quale tutti i comunisti sarebbero assassini. Chiarissimo l’intento di operare una torsione storica, neofascista appunto, per la quale non esistono più differenze, distanze, tra il terrorismo rosso, che macchiò di sangue parte della storia italiana negli anni Settanta e Ottanta, e il Partito comunista italiano, di Togliatti, Longo, Berlinguer. Ed erano comunisti quei partigiani, che con la loro vita hanno dato la possibilità a Salvini e a quelli come lui di affermare idiozie come quella espressa nei confronti di Battisti, che, lo ripetiamo, nessuno qui intende scagionare dalle sue responsabilità penali. Vogliamo dirlo qui con chiarezza estrema: per milioni di italiani essere stati comunisti è stato motivo di orgoglio politico e sociale, e a nessuno, neppure al ministro Salvini, possiamo concedere un’inferenza logica di tale grettezza intellettuale. Grettezza pericolosa, però, perché potrebbe affondare nelle convinzioni di persone che quella storia non la conoscono, perché nessuno, purtroppo, l’ha mai raccontata loro. Il minimo che possiamo chiedere a una personalità del governo è di chiedere scusa: ai partigiani comunisti, ai dirigenti del Pci, e a tutti coloro che da comunisti e sindacalisti della Cgil sono stati ucciso da mano terrorista, come Guido Rossa, il cui omicidio fu compiuto esattamente 40 anni fa. Alla loro memoria Salvini e l’intero governo dovrebbero chiedere scusa. No, quella frase del ministro non possiamo farla passare, proprio per il rispetto che serbiamo verso la memoria di quei tanti comunisti che hanno reso l’Italia, in tante fasi difficili della sua storia, più civile e democratica. Ci pare che abbia ragione il governatore della Toscana Enrico Rossi quando in televisione ha detto: “il terrorismo è stato il grande nemico della sinistra e del movimento democratico e nessuno può cancellare questo dato”. Una lezione di Storia per Salvini, che meriterebbe anche una lezione di Diritto.
La Costituzione vieta che nel nostro Stato di diritto si possa “marcire in galera”. L’indignazione di tante associazioni per i detenuti, e la nota durissima contro il governo dell’Unione Camere penali
Ma c’è nella seconda parte dell’affermazione di Salvini quel verbo che ci offende, “marcire”, e che nei fatti consolida il tentativo di rendere normale il lessico neofascista. La nostra Costituzione, sulla quale il ministro ha giurato, sottolinea che nessuno, neppure il criminale più incallito, può “marcire in galera”, poiché continua a godere dei diritti umani fondamentali, nella convinzione che il carcere è un sistema dove la punizione punta a redimere, e non a veder “marcire”. Su questo punto, si sono manifestate le indignazioni delle associazioni che operano nel campo dei diritti dei detenuti, e perfino il Garante dei detenuti ha sostenuto che farà un’inchiesta sulle parole di Salvini. Ma ci pare che la nota più incisiva provenga dai penalisti, i quali, indignati, scrivono: “Quanto accaduto ieri in occasione dell’arrivo a Ciampino del detenuto Battisti è una pagina tra le più vergognose e grottesche della nostra storia repubblicana. E’ semplicemente inconcepibile che due Ministri del Governo di un Paese civile abbiano ritenuto di poter fare dell’arrivo in aeroporto di un detenuto, pur latitante da 37 anni e finalmente assicurato alla giustizia del suo Paese, una occasione, cinica e sguaiata, di autopromozione propagandistica”. Per questo l’Ucpi “esprime tutto il proprio sdegno e la propria riprovazione per questa imbarazzante manifestazione di cinismo politico in una occasione in cui lo Stato aveva già dimostrato la sua superiorità senza gratuiti clamori. Altro è esprimere legittima soddisfazione per la conclusione di una lunga latitanza di un cittadino raggiunto da plurime sentenze definitive di condanna per gravissimi fatti di sangue, altro è esporre il detenuto, chiunque egli sia, qualunque sia la sua colpa, come un trofeo di caccia, con foto ricordo al seguito. Una pagina umiliante e buia di malgoverno, che rappresenta nel modo più plastico e drammatico un’idea arcaica di giustizia ed un concetto primitivo della dignità umana, estranei alla cultura del nostro Paese”. Difficile dirlo meglio di così.
L’incredibile su Battisti video montato con musica ad effetto dal ministro della Giustizia. Senza limiti l’indecenza e l’inciviltà giuridica di chi espone al ludibrio pubblico il corpo di un detenuto
E a proposito del ministro della Giustizia, non ancora soddisfatto di manifestare “un’idea arcaica di giustizia”, pubblica un ignobile video sulla sua pagina facebook, che neppure nei regimi totalitari più devastanti si è mai vista. “Il racconto di una giornata che difficilmente dimenticheremo”, il video postato dal ministro della Giustizia per documentare le fasi del rientro in Italia di Cesare Battisti, si è guadagnato diverse censure politiche e molte ironie social. “Il guardasigilli trasforma la giustizia in un b-movie – ha denunciato via Twitter Mara Carfagna, vice presidente della Camera e deputata di Forza Italia – Questo video squalifica le istituzioni e il ruolo del ministro della Giustizia”. “Il video postato dal ministro della Giustizia e lo spettacolo dato dal ministro dell’Interno sulle fasi dell’arrivo di Battisti sono degni di una repubblica delle banane, non di un Paese civile”, ha rincarato la dose Walter Verini, responsabile Giustizia del Pd e componente della commissione Giustizia della Camera: “spettacolarizzare la vicenda, farne una occasione di volgare propaganda, esibire qualunque persona – sia pure un pluricondannato all’ergastolo – come un trofeo di caccia è un comportamento vergognoso”. “Il rispetto dei diritti è un principio ineludibile, anche per i detenuti responsabili di crimini efferati – ha ricordato Giuseppe Civati, fondatore di Possibile – Chi fa il ministro della Giustizia dovrebbe conoscere questo concetto: è la base per ricoprire un ruolo del genere, davvero il minimo”. E invece Bonafede “ha pubblicato un video da Stato dittatoriale, in cui oltre al carcere per i condannati c’è la gogna social”. Il video, postato su Facebook dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, è stato oggetto di una valanga di commenti negativi e di critiche perfino sui social. Il video si apre con una serie di immagini in bianco e nero, istantanee della vita di Battisti prima dell’arresto. Poi il racconto, circolato ieri su tv e siti, dalla discesa dell’aereo alla saletta dell’aeroporto, con il ‘palchetto’ allestito per i ministri presenti, il discorso di Bonafede, la folla di telecamere, fotografi e cronisti. “E’ un ministro della repubblica, non può fare queste pagliacciate, mica siamo in un reality. La giustizia va fatta con sobrietà. Ed efficacia, senza clamore,…”, scrive un utente. Senza mezzi termini un altro post: “Che schifo! Questo montaggio con musica emozionale è da subumani”. C’è qualcuno che chiama in causa un divo del cinema, e ipotizza: “All’arresto di Messina Denaro contatteranno Ron Howard per farne un bel colossal hollywoodiano… Quanta pena…”. Ancora: “Al di lá da come la si pensi politicamente… Questo post è una pagliacciata. La GIUSTIZIA si amministra in silenzio. Le Istituzioni sono una cosa seria, non un circo equestre”. Qualcuno si chiede: “Ma cos’è sta cosa? Mi sembra il trailer di un poliziesco TV senza qualità. Una pagliacciata che offende le persone e le istituzioni”. C’è chi si rivolge direttamente al ministro: “Ma che squallore, lei è inadeguato a ricoprire una qualsiasi carica istituzionale. Torni a fare quello che faceva prima , cioè aspettare un miracolo”. Fino a un giudizio che suona come l’addio a qualsiasi speranza: “Questo è un Paese finito, e voi siete stati il colpo mortale”. Difficile dar torto a questo utente social. Il punto è che dopo queste pagliacciate, due ministri di un governo serio dovrebbero provare vergogna e dimettersi. Ma non lo faranno. Purtroppo.