FIRENZE – Gli assassinii di rue Morgue ha tutto il sapore e la tensione che solo i racconti di Edgar Allan Poe riescono a trasmettere, unendo fantasia e vita vissuta dello scrittore maledetto. L’accoglienza degli attori parte già nell’atrio delle colonne della Pergola con un “quasi” assalto mentale tra ciò che viene definito furbizia e ciò che invece è il potere di analisi, cioè la capacità di annotare, sviluppare e infine sommare ogni minimo particolare visto, letto, ascoltato o semplicemente percepito. L’atmosfera sollecita l’immaginazione esattamente come la lettura di un libro. Le sofisticate e immaginifiche suggestioni – in sequenza – nascoste, itineranti e visibili lasciano spazio a creare spazi e soggetti, per poi svelarli delicatamente fino a convincerci che così soltanto era possibile concepirli.
Dunque, una notte a Parigi, dentro un appartamento al quarto piano sito in rue Morgue, l’anziana Madame L’Espanaye, viene trovata nel cortile interno atrocemente mutilata e con la gola tagliata, e la figlia Camille, strangolata e nascosta nel camino. La porta è stata chiusa dall’interno e le prime persone richiamate dalle urla delle vittime e di due non ben definiti soggetti, sono obbligati a sfondarla. La polizia non riesce a capacitarsi: porta e finestre dell’appartamento sono ermeticamente chiuse e i vicini hanno riconosciuto, insieme alle voci delle due donne, le costernate imprecazioni di un francese e una seconda voce gutturale e irriconoscibile che sembrava esprimersi in un idioma non riconoscibile dai vari testimoni.
Un uomo innocente è stato ingiustamente arrestato, Auguste Dupin, riesce ad avere l’autorizzazione dal prefetto per fare un sopralluogo sulla scena del delitto e così analizzare personalmente qualche elemento magari sfuggito alla polizia. Dupin, accompagnato da un amico visita l’appartamento, constatando che non ci sono altre uscite verso l’esterno. Si convince che l’assassino è uscito da una delle finestre della stanza sul retro dell’appartamento che però sono state tutte trovate chiuse dall’interno. L’investigatore vuole dimostrare con un’accurata analisi che la sua ipotesi è realtà e riuscirà a provarlo, trovando infatti una vite spezzata sulla parete esterna, che chiude con un automatismo la finestra.
Davvero difficile pensare che l’assassino sia passato proprio dalla finestra, posizionata a molti metri di altezza. Dupin sa che soltanto un essere dotato di forza, di agilità quasi sovrumana può aver fatto un salto del genere. No, non può essere un uomo. Dupin ricorda un articolo letto giorni prima e grazie anche a quello ricostruisce esattamente l’avvenuto e convocherà chi, pur non colpevole di sua mano, ha assistito al duplice omicidio. Dupin spiega con i più circostanziati particolari la soluzione del caso. Il prefetto però non apprezza affatto la brillante analisi di Dupin e anzi borbotta che le persone dovrebbero pensare ai fatti loro.
Un finale un po’ gotico che contraddistingue sempre i racconti di Poe.
La Compagnia delle Seggiole accompagna e suggerisce un viaggio nei sotterranei più nascosti e sconosciuti della Pergola, viaggio che non si esaurisce con la conclusione del racconto ma che continua a vivere e creare stimoli anche fuori e lontano dal teatro.
a cura di Sabrina Tinalli
costumi e maschere Giancarlo Mancini
musiche Vanni Cassori
con (in ordine alfabetico) Marcello Allegrini, Fabio Baronti, Luca Cartocci, Sabrina Tinalli, Silvia Vettori
produzione Fondazione Teatro della Toscana
in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole
foto di scena Filippo Manzini
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10/12 – 24/26 GENNAIO 2019
7/9 – 21/23 FEBBRAIO
7/9 – 21/23 MARZO
4/6 APRILE