I funerali di Antonio a Trento, e le cronache di questi giorni, hanno portato tutti gli organi di stampa a fare un parallelo con il suo assassino coetaneo. E a parlare di un giovane giornalista che era partito da Trento alla volta di un lavoro in europa. Non ho letto alcun parallelo con la morte di Vitali Mardari, della stessa eta’ di Antonio, operaio moldavo morto sul lavoro, a Trento, il cui corpo e’ stato scaricato dal suo datore di lavoro a distanza, quando non era ancora morto, per depistare l’ accertamento delle responsabilita’. Cio’ si e’ saputo nello stesso giorno in cui Antonio e’ stato ucciso a Strasburgo.
Potrei dire…intelligenti pauca. Ma… non me ne vogliate: oggi nel corso di un’intervista ho osservato che:
1) queste due storie hanno in comune l’eta’ delle vittime, entrambe hanno lasciato il loro paese per cercare lavoro, una da Trento, l’altra per Trento. Antonio e Vitali sono morti entrambi per il loro lavoro, lontani dal proprio paese.
2) anche nella ricchissima e civilissima Trento I giovani emigrano e immigrano per cercare lavoro, non solo dal sud.
3) nessuno ha notato che ai funerali di Vitali Mardari non c’era nessuna autorita’. Nessuna corona di fiori da questo Stato che lo ha voluto per il suo lavoro.
4) morire per colpi di pistola o per una fune d’acciaio e’ pur sempre morire a 29 anni.
5) nobilmente e simbolicamente alla famiglia di Antonio e’ stato consegnato un tesserino postumo di giornalista; alla famiglia di Vitali, lavoratore a nero, cosa e’ stato dato? Nulla!
6) questi ragazzi sono stati uniti tragicamente dallo stesso destino, siamo noi che ne abbiamo fatto due storie diverse. Siamo noi a trattarli diversamente. Non e’ giusto.
Penso che Antonio, nella sua Trento, questa storia l’avrebbe raccontata dalla sua radio.
P.s. il giornalista che mi telefonava mi ha detto che questa intervista non sarebbe passata. Allora ve la racconto.
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