Un attacco senza precedenti all’informazione libera, che farà crollare l’Italia ancora più in basso nella classifica già umiliante sulla libertà di stampa nel mondo. Il governo gialloverde utilizza un metodo simile a quello mafioso contro le voci critiche, e, con un emendamento alla legge di Bilancio, escludendo il Parlamento dal dibattito democratico su un diritto sancito dalla Costituzione, taglia di netto i contributi per pluralismo dell’informazione, mandando 200 giornali al macero, 200 voci libere in territori che nessuno racconta spariranno dalle edicole.
Matteo Salvini, ministro dell’Interno e della purezza della razza, non usa mezzi termini, per chiarire le reali motivazioni, lo dice chiaramente e la minaccia non è velata: il giornale “Avvenire” mi critica, gli taglio i contributi. La sua dichiarazione è un capolavoro di sintesi sull’uso corretto del manganello e dell’olio di ricino. Nominare “Avvenire” nella sua arringa, il quotidiano che si è schierato apertamente contro la sua politica della chiusura delle frontiere agli immigrati, fa parte di un linguaggio violento e antidemocratico che ricorda tempi bui della nostra storia: “Mi hai attaccato e io ti tappo la bocca”: «Io adoro la libertà di stampa, se ci sono alcuni giornaloni che prendono 6 milioni di contributi pubblici all’anno, penso ad “Avvenire” – dice il leader della Lega – che leggo con estremo affetto e attenzione, penso che la libertà di stampa debba corrispondere alla libertà del mercato e alla fiducia dei lettori. Perché quei milioni di euro potrebbero andare ad aiutare un disabile in difficoltà», dice a margine di un’iniziativa del Carroccio a Milano. «Se qualcuno non vende in edicola, si chieda il perché. Io mi domando se è giusto continuare a dare centinaia di migliaia di euro di contributi pubblici, tolti ad altre destinazioni – sottolinea – Ci sarà un taglio minimo, chi ha un prodotto positivo sul mercato ci rimane, chi non vende perché scrive cose strane, troverà altri lettori».
Parla proprio lui, i soldi che il suo partito deve restituire allo Stato sono l’equivalente di quanto più di duecento giornali prendono in un anno.
La verità è che questi signori mentono sapendo di mentire, il loro unico scopo è liberarsi di giornali non allineati. Sanno benissimo che il contributo all’editoria nasce proprio per tenere in vita voci che sul mercato non potrebbero sopravvivere: è il teorema semplice che giustifica l’esistenza stessa del finanziamento pubblico.
Per questo quando Salvini e Di Maio, Fico e Crimi dicono a questi giornali: “Vedetevela con il mercato”, da un lato si rivolgono alla pancia dei cittadini, facendo credere loro che ci sono giornalisti parassiti che campano sulle loro spalle. Dall’altro lato, con un grande sorriso compiaciuto, stanno aprendo a quei giornali, e a un pezzo della nostra democrazia, la porta della camera a gas.
Per questo, l’appello a Mattarella, unico garante della Costituzione nel nostro Paese, è importante. Come è importante che i giornalisti non abbassino la testa di fronte alle minacce e scendano in piazza, non solo a difendere il loro posto di lavoro, ma un bene primario come il diritto di tutti i cittadini ad essere informati.