“Non abbiamo semplicemente la prova del delitto, abbiamo la pistola fumante”.
Fa un certo effetto sentire questa frase da un giornalista garbato come il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio che così riassume il delitto perpetrato contro il pluralismo dell’informazione in Italia, consumato a poche ore dalla festa “buona” di Natale e facendolo passare come la fine di un costo esagerato e non più sostenibile dai cittadini italiani. Che non sia così e che si tratti dell’ennesima fake news del Governo in carica lo stanno scrivendo e spiegando in molti in questi ultimi giorni.
Ma intanto il delitto è andato. E ora?
“Prepariamoci alla resistenza. – dice il direttore Tarquinio, che sul suo giornale ha spiegato bene cosa c’è davvero in ballo – Io non sono uno che fa polemica, credo che i fatti vadano raccontati per quello che sono e credo che sia ormai evidente che i tagli al fondo per il pluralismo siano, in realtà, un modo per spostare soldi dalle aziende che fanno informazione ad un fondo a disposizione della Presidenza del Consiglio che verrà gestito nella più totale discrezionalità. Cioè: si passa dalla erogazione di contributi regolata con legge e in modo stringente e rigoroso, trasparente, a una modalità incontrollabile e affidata al Governo, alla politica. Siamo di fronte ad un’elargizione in luogo di contributi regolati per legge”.
La scelta sui tagli ai contributi per i giornali è stata spiegata come un risparmio necessario
“Peccato che mentre si va a risparmiare 60 milioni nell’arco di due anni se ne ‘spendono’ 80 per la digitalizzazione della Rai, che lo ricordiamo, è sotto il controllo di forze di Governo. E siamo di nuovo alla filosofia del fondo a discrezione della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
Lei e il suo giornale siete stati pesantemente attaccati da questo Governo, siete loro sgraditi diciamolo e, casualmente, siete tra le testate che subiranno le conseguenze peggiori da questi tagli. Insieme al Manifesto. Pagate il prezzo delle inchieste sulla politica relativa ai migranti? Siete stati puniti?
“Non lo so e comunque io ho sempre avuto una posizione autonoma e critica. Non siamo stati compiacenti nemmeno con gli altri Governi e questo è il nostro lavoro. Noi raccontiamo i fatti. Esponenti del Governo mi hanno preso di petto ma io non ci sto ad essere definito il ‘nemico dei poveri’ in quanto appartenente ad una casta che spreca. Ciò è gravissimo. A parte che non è vero, mi sembra proprio un’affermazione bieca. A guardar bene si vede che stanno colpendo un comparto, quello dell’informazione, già debole, in un momento di particolare fragilità”.
Come se la spiega questa “furia assassina” contro i giornalisti?
E’ un atteggiamento coerente e terribile insieme. Ci sono indizi concordanti. Si è cominciato affermando che le aziende di Stato non dovevano più fare pubblicità sui giornali, per togliere ossigeno. Poi è arrivata la proposta ‘necessaria’ di abolire l’Ordine dei Giornalisti e ora si è passati a svuotare il fondo per il pluralismo dell’informazione che va a colpire le piccole realtà, quelle che assicurano voce alle minoranze e ai territori e tutto questo ha sì un costo perché sono a rischio diecimila posti di lavoro e il reddito di altrettante famiglie. A latere si fa spazio l’ idea che tutto deve essere regolato dal mercato, un po’ il pallino dei Cinque Stelle, si colpisce la ‘biodiversità’ dell’informazione, del credito e così via. Ci sono realtà e prodotti che non possono e non debbono essere regolati solo dal mercato perché rappresentano valori altri e più alti nonché indispensabili alla democrazia”
Questa scelta sui tagli che colpiscono l’informazione ci avvicina ad un “regime”?
Certamente rivela il volto illiberale di questo Governo e del Movimento Cinque Stelle. Vorrei anche aggiungere che ogni qualvolta diminuisce la democrazia poi ne risente anche il regime e precipita.
E’ preoccupato?
Sinceramente sì e vorrei poter usare toni diversi ma, purtroppo, non è possibile.
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