Un ministro dell’interno che per biechi motivi solo propagandistici utilizza gli ormai insopportabili social per pubblicizzare un’operazione delle forze dell’ordine prima che si sia conclusa è qualcosa di inaudito. Ma ancora più inaudito è che si permetta di insultare il magistrato che sacrosantamente diffonde una nota ufficiale per rimarcare la questione e spiegare che si tratta – anche se non usa questi termini – di una forma di intralcio alle indagini. Oltre l’inaudito. Come lo è utilizzare le foto dei nemici, e per Salvini tali sono senza alcuna virgoletta, per pubblicizzare una manifestazione di partito. Come lo è mandare a quel paese la Confindustria e i sindacati, cioè i rappresentanti dell’economia produttiva del paese, solo perché criticano l’operato del governo. Ed è oltre l’inaudito che il presidente della Repubblica senta il bisogno, da ultimo baluardo delle istituzioni e dello Stato quale è Mattarella in questo momento, di ricordare per sette volte in poche settimane il valore della libertà di espressione per la tenuta della democrazia.
Il presidente Mattarella, che fu insultato dall’attuale presidente della Rai. Oltre l’inaudito è che il governo stia attuando in pochi mesi una occupazione militare di ogni ruolo, di ogni organigramma, di ogni posto, compresi gli organismi di natura prettamente scientifica che da sempre erano stati sottratti ad ogni forma di spoil system. Oltre l’inaudito è che un governo stia trattando, anzi ritrattando con l’Europa sulla manovra economica senza aver informato il parlamento né dei confronti né degli scontri e nemmeno dei contenuti di questa trattativa. Oltre l’inaudito è che si stia facendo dell’Italia, che fu paese di migranti per decenni e di accoglienza per molti anni, uno dei paesi più razzisti d’Europa, mistificando dati, diffondendo paura, predicando odio, perseguitando chi cerca di opporsi, a partire dalle ong, dai sindaci, dai volontari. E irridendo perfino alla terza carica dello stato, peraltro appartenente al partito partner di governo. E’ davvero tempo di resistenza civile a quelli che Giulietti giustamente chiama i nuovi oligarchi: perché l’oligarchia e la democrazia non sono affatto la stessa cosa.