E’ la battaglia delle cifre, anche quest’anno. Come se le ottanta vittime denunciate da Reporters sans frontières non fossero abbastanza. Personalmente seguo da anni le cifre di Press EmblemCampaign, associazione svizzera di difesa dei giornalisti, e scopro che i reporter uccisi nell’anno che sta finendo sono 116, fra cui 7 donne, divisi per 31 Paesi. Un quadro forse più capillare, che tiene conto anche delle periferie più nascoste e dimenticate. L’aumento è del 18 per cento rispetto al 2017, tornando purtroppo molto più vicino al tragico standard annuale, intorno pressocchè stabilmente alle 150 vittime. Un dato sconvolgente specie se rapportato agli ultimi dieci anni: addirittura 1224 dal 2009 al 2018, 2,3 morti ogni settimana. Più o meno simili tuttavia sono le situazioni nei vari Paesi. In testa agli omicidi ci sono Afghanistan e Messico, con 17 vittime: cioè una guerra che dura addirittura dal 2001 e la nuova sanguinosa frontiera dei narcos. Poi ci sono, di seguito, le altre guerre rovinose: Siria con 11 morti, India con 8 eccetera, ecco di seguito la graduatoria completa.
Afghanistan 17, Mexico 17, Syria 11, India 8, Yemen 8, UnitedStates of America 6, Pakistan 5, Brazil 4, Philippines 4, Colombia 4, Somalia 4, Central African Republic 3, Ecuador 3, Russia 3, Guatemala 2, Israël (Gaza) 2, Bangladesh 1, Bulgaria 1, Ethiopia 1, France 1, Germany 1, Haiti 1, Indonesia 1, Iraq 1, Liberia 1, Libya 1, Nicaragua 1, Salvador 1, Saudi Arabia 1, Slovakia 1, Ukraine 1
Nell’elenco dettagliatissimo di dodici mesi (https://www.pressemblem.ch/casualties.shtml),ci sono nomi eccellenti, primo fra tutti la coraggiosa Daphne Caruana che ha scoperchiato il malaffare maltese, o lo slovacchio Jan Kuciak. Vittime del terrorismo come il povero Antonio Megalizzi o della politica come Jamal Khashoggi. Assai significativa la copertina che il “Time” ha dedicato alla Capital Gazette del Maryland con i suoi cinque cronisti uccisi che sono diventati i Guardians, i guardiani dell’informazione. I nostri eroi, ultimo baluardo contro chi non vuole la libertà di stampa.