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Sentenza processo per l’omicidio del 32enne Mauro Guerra. Assolto il maresciallo dei carabinieri

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Assolto. Il fatto non costituisce reato. Non c’è stato un eccesso, si è trattato di legittima difesa. Quando il maresciallo Marco Pegoraro ha sparato, prima due colpi in aria, poi al fianco di Mauro Guerra, trapassandogli il torace, lo ha fatto per salvare la vita al carabiniere in terra su cui Mauro era salito sopra. Non importa se il militare riporterà solo lievi ferite, il suo maresciallo l’ha percepito in pericolo di vita. Legittima difesa putativa, si chiama così, tecnicamente. Questo, probabilmente, il motivo alla base dell’assoluzione. Le motivazioni del giudice monocratico Raffaele Belvederi si conosceranno fra due mesi. Il verdetto è arrivato dopo 40 minuti di Camera di Consiglio. Applauso sprezzante dal pubblico verso il pubblico ministero, il procuratore capo Carmelo Ruberto che nella sua requisitoria ha sostanzialmente demolito il lavoro istruttorio del suo Sostituto (trasferito a Roma nel corso del processo) e persino le conclusioni del proprio perito balistico, per arrivare a chiedere l’assoluzione del maresciallo che all’epoca dei fatti (era il 29 luglio del 2015) comandava la stazione di Carmignano di Sant’Urbano. Procura della Repubblica che si era dapprima orientata verso l’ipotesi di omicidio volontario (ma solo per la pressione dovuta a un’interrogazione parlamentare, sosterrà Ruberto nella requisitoria) poi per un eccesso colposo in legittima difesa, imputazione dalla quale Pegoraro viene assolto nella serata di sabato 14 dicembre 2018. Si dicono esterrefatti e senza fiato i legali di parte civile, il professor Alberto Berardi e l’avvocato Fabio Pinelli. Non hanno più lacrime i familiari , il fratello più piccolo (aveva 15 anni quando Mauro è stato ucciso), la sorella Elena, il papà Ezio. “Me l’hanno ucciso un’altra volta” commenta la mamma, Giusy Busonaro. “Sono sollevata solo dal fatto che sia tutto finito perché questo non è stato un processo ma una farsa. Era già tutto deciso. Quella scritta sull’ aula:<La legge è uguale per tutti> dovrebbero toglierla perché non è vero”.

Fuori dal tribunale ancora qualche applauso ironico, qualche grido di rabbia mentre la notte gelida avvolge il Palazzo di Giustizia di Rovigo .
L’intero processo è stato ripreso dalle telecamere Rai di “Un giorno in pretura”. Andrà in onda nei prossimi mesi. Chi avrà modo di seguirlo si farà una propria idea. A chi ha assistito al dibattimento restano perplessità non certo sul verdetto (le sentenze si rispettano) ma sulle indagini che in questa dolorosa vicenda non hanno certo brillato né per precisione né per completezza. Lasciando insolute molte domande. Perché si è deciso di affrontare con militari in divisa un 32enne con problemi di salute? Perché durante una improbabile trattativa andata avanti per ore non si è avviata la procedura per un Tso, avvisando il medico di base e poi il Sindaco? Perché si è arrivati all’inseguimento, pistole e manette in mano, di un giovane che scappava nei campi disarmato, scalzo e in mutande? Perché lo si è lasciato in terra agonizzare per 40 minuti fino alla morte per dissanguamento nonostante fossero li due ambulanze e un elicottero del Suem?

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