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Ricorso in appello contro l’inaccettabile sentenza assolutoria per i manager Pirelli

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“Non ci fermeremo, lo dobbiamo alle vittime e ai loro famigliari. Continueremo a lottare, finché non avremo giustizia e i responsabili di questo genocidio non saranno fermati e puniti:  il nostro primo passo sarà il ricorso in appello! Questo non riporterà in vita i morti e non guarirà il dolore dei loro famigliari e dei malati, ma senz’altro ne eviterà altri perchè non si può concedere l’impunità a padroni e manager con teorie antiscientifiche. Così si afferma nella pratica che uccidere i lavoratori non è reato!”.
E’ quanto ha dichiarato Michele Michelino, presidente del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, non appena conosciute le motivazioni della Sentenza della V Sezione del Tribunale di Milano, presieduta dalla giudice Annamaria Gatto, che ha mandato assolti al processo Pirelli Bis  9 ex manager della Pirelli, imputati di omicidio colposo plurimo per la morte per mesotelioma di 28 lavoratori che hanno lavorato nell’azienda milanese fra gli anni ’70/’80. Ciò che è inaccetabile è che le motivazioni della sentenza siano state depositate     a due anni di distanza dalla sua emissione, in data 19 dicembre 2016, e soltanto dopo la protesta  dello stesso Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, di Medicina Democratica, dell’ Associazione Italiana Esposti Amianto e delle parti civili, che  il 6 dicembre hanno presentato una segnalazione  al Presidente del Tribunale di Milano, Dr. Roberto Bichi, e al Presidente della V Sezione Penale del Tribunale di Milano, Dr. Ambrogio Moccia per denunciare il grave danno rappresentato da questo ritardo per le Parti Civili, rappresentate dall’avv. Laura Mara, impossibilitate di fatto ad agire.
” Quanto accaduto e le  motivazioni della sentenza- ha aggiunto Michele Michelino ci inducono a pensare che il segnale politico che sta dando il tribunale di Milano sia chiaro: questi processi non si devono più fare”.
 Colpiscono- ha detto Fulvio Aurora, responsabile vertenze giudiziarie AIEA-  le ragioni addotte dalla giudice Annamaria Gatto per motivare la sentenza di assoluzione, in quanto risultano decisamente  in contrasto con alcune recenti sentenze della Corte di Cassazione, quali ad esempio quella della  Quarta Sezione della Corte di Cassazione sui morti d’amianto alla Centrale Enel di Chivasso (To)  e  quella  della IV Sezione Penale della Corte di Cassazione per iol processo fincantieri di Monfalcone.   La prima,   che ha condannato i dirigenti per la morte dei lavoratori e la seconda che ha confermato le condanne per i numerosi casi di lavoratori deceduti per patologie derivanti dall’amianto presso la Fincantieri di Monfalcone”. In tutte e due  le sentenze di Cassazione si sostiene il principio che  “Il superamento, alla stregua della letteratura scientifica ormai consolidata, della teoria della cosiddetta  dose killer non può che comportare, sul piano logico, l’adesione all’ipotesi scientifica, avente fondamento epidemiologico, secondo cui l’aumento della esposizione produce effetti nel periodo di induzione e di latenza” e cioè, in buona sostanza, che assorbita una prima dose di polveri killer di amianto, continuare ad assorbirne non può che aggravare la patologia.
In contrasto con queste motivazioni che hanno determinato la condanna dei responsabili nei rispettivi processi,  la giudice Gatto scrive invece, a pag.69/70 delle motivazioni della sentenza, che “ Si può ritenere ormai del tutto superata la discussione sulla dipendenza della asbestosi dalla esposizione ad amianto mentre rimangono dubbi soprattutto in ambito clinico sulla derivazione del mesotelioma dallo stesso agente nocivo. E ancora. “La durata dell’induzione o latenza minima  è più difficilmente individuabile e l’unico elemento che incontra un significativo consenso è l’affermazione che per determinare l’inizio dell’induzione si deve  far riferimento alla prima – e quindi più risalente – esposizione ad amianto. Incontra un significativo consenso anche l’affermazione che, una volta terminata l’induzione le esposizioni successive non hanno alcuna rilevanza nella storia del mesotelioma.  Diversamente è ancora molto dibattuta la questione relativa all’effetto acceleratore che possono avere le cd “dosi cumulative”.  
In altre parole, per la giudice sono rilevanti solo le prime esposizioni, quindi se i lavoratori sono stati contaminati nei primi anni di lavoro possono tranquillamente continuare a lavorare con la fibra killer o i cancerogeni perché il continuo avvelenamento è irrilevante! “E inoltre- sottolinea Fulvio Aurora- sembrerebbe  mettere in discussione la correlazione amianto-mesotelioma, da decenni acclarata da tutta la letteratura scientifica a livello internazionale!”

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