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Quirinale, i trenta “esempi civili” insigniti degli encomi del presidente Mattarella

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Un riconoscimento all’impegno civile, per la legalità e contro lo sfruttamento. Marco Omizzolo si è battuto per anni contro il caporalato che è il peggior marchio dell’agricoltura pontina e per questo è stato più volte minacciato. Ieri è arrivato il più prestigioso degli encomi per quanto ha fatto in favore dei diritti: è stato infatti insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. La motivazione è più che meritata e rende Marco Omizzolo il simbolo delle nuove lotte necessarie. Eccola:”Per la sua coraggiosa opera in difesa della legalità attraverso il contrasto al fenomeno del caporalato”. Marco Omizzolo, 43 anni, di Sabaudia, sociologo, legale rappresentante dell’associazione di promozione sociale Tempi moderni e consigliere della cooperativa sociale In Migrazione che svolge servizi di mediazione culturale e assistenza ai migranti,”ha più volte denunciato, anche con dettagliati dossier, il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento degli stranieri nei campi. Segue da anni il fenomeno dei braccianti nell’Agro Pontino: ha descritto la rete dei caporali, raccontato le condizioni di vita, i problemi di salute e lo stato delle abitazioni di questi lavoratori. Da quando ha cominciato ad impegnarsi sulla questione, riceve avvertimenti e minacce di morte”. Nessuno come Omizzolo ha sollevato il velo su una piaga che incide sulla seconda voce di pil della provincia di Latina, ossia una delle aree a maggiore vocazione agricola d’Italia. Per anni associazioni di categoria e anche alcune forze politiche hanno negato l’evidenza e definito “esagerate” le ricerche e le denunce di Omizzolo. Adesso arriva finalmente il giusto riconoscimento per il lavoro svolto da Marco in favore dei braccianti indiani sfruttati ma, in generale, per i diritti dei lavoratori. E’ stato promotore insieme alla Cgil di Latina del primo sciopero dei lavoratori agricoli pontini, con uno storico presidio sotto la sede della Prefettura di Latina che si è tenuto il 18 aprile 2016. Dopo quella data nulla è stato più come prima.
Ed è Cavaliere della Repubblica Italiana anche Roxana Roman, 34 anni, la barista della Romanina selta dal Presidente Sergio Mattarella “per il suo contributo nell’affermazione del valore della legalità”. La giovane rumena è proprietaria del bar ‘Roman Roxana’, nel quartiere Romanina dove, il giorno di Pasqua 2018, due appartenenti al clan dei Casamonica hanno aggredito il marito Marian Roman e una cliente disabile. Gli stessi aggressori, hanno rivolto ai presenti espressioni intimidatorie, distrutto gli arredi del locale e costretto a tenere chiusa l’attività commerciale per due giorni a causa delle continue minacce. Roxana e il marito hanno deciso di denunciare. La donna racconta: “La mia denuncia è stato un gesto normale. Nel quartiere la paura c’ è sempre, è lo strumento dei Casamonica per avere più potere”. E anche lì da allora tutto è cambiato, quel quartiere oggi è un po’ diverso da come era fino ad aprile. Per Roxana e il marito si sono mobilitati in tanti, numerose le manifestazioni davanti e all’interno del locale divenuto simbolo di una nuova resistenza. L’associazione Articolo 21 insieme al molte altre, tra cui Fnsi, No Bavaglio, Libera, nell’immediatezza dei fatti avevano lanciato un appello al Presidente Mattarella perché ai due giovani rumeni fosse concessa la cittadinanza italiana. Loro stessi avevano detto: “Vorremmo crescere i nostri due figli da cittadini italiani». La loro denuncia contro il clan Casamonica aveva rotto un silenzio decennale, granitico. E il racconto di questa storia fu possibile grazie all’intuito e alla straordinaria professionalità di Floriana Bulfon, che in anteprima su Repubblica aveva rivelato il caso del bar nel quartiere della Romanina. Poi l’eco nazionale per una notizia che da subito era apparsa diversa dalle altre.
“Certi gesti possono infondere coraggio, convincere gli altri che cambiare è possibile. Sono gesti e sogni che meriterebbero una ricompensa, anche se non la chiedono”. Questo era scritto nell’appello, consegnato al presidente Sergio Mattarella da Giuseppe Giulietti presidente della Fnsi.
Articolo 21 è lieta di aver contribuito a raccontare le storie di Marco Omizzolo e Roxana Roman.

 


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