Qiu Xiaolong “L’ultimo respiro del drago”

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“Si era vestita di tutto punto, portava un trench rosso scuro, leggero, su un abito bianco, e i tacchi alti. Lui aveva gioito. Una donna si fa bella per l’uomo che la apprezza, dice Confucio”.

Lei è Shanshan, che riaffiora dal passato ancora più avvenente e desiderabile di sempre; divenuta nel frattempo un idolo della rete, una attivista con milioni di followers schierata severamente contro l’inquinamento atmosferico che sta letteralmente soffocando la Cina.

Nella grandi megalopoli l’aria è ormai irrespirabile, la popolazione vive avvolta in una nebbia tossica, “a Pechino per molti giorni di fila un gran numero di voli aerei subiscono cancellazioni o ritardi a causa delle visibilità notevolmente ridotta dalla cappa di smog”. L’azzurro del cielo è soltanto un ricordo. A Shangai “centro finanziario dell’Asia e presto del mondo intero”, la situazione non è certo migliore. Fuori di casa gli abitanti si sono rassegnati a indossare sul viso l’immancabile mascherina bianca, perché  il cancro ai polmoni ha superato ogni livello di guardia. Circola persino un prodotto che si chiama Aria fresca canadese:“Viene appunto dal Canada ed è contenuto in una lattina di alluminio che si può portare appresso ovunque e in qualunque situazione. Circa mille inalazioni di aria pura, parecchio costose”.

L’opinione pubblica è inasprita perché nessuno prende le misure indispensabili; il Partito Unico afferma che non esiste alcun pericolo per la salute, e nega la situazione di allarme creata dalla industrializzazione incontrollata che è servita a innalzare il PIL nazionale ai più alti vertici mondiali. Ma la produttività esasperata non ha trovato un riscontro adeguato nella diffusione del benessere economico, e inoltre lo scenario urbano ne è stato completamente stravolto:

“Un vecchio con una casacca di seta banca, con le maniche ampie e i bottoni rossi sempre di seta, stava praticando il tai chi. Sembrava calmo, sereno, anche se la mascherina con il filtro elettronico che gli copriva la bocca lo faceva somigliare a un personaggio di un film di fantascienza. Spingeva in avanti la mano destra e poi la sinistra come se stesse combattendo le particelle invisibili dell’aria inquinata”.

L’ispettore capo Chen Cao, come sempre quando è sopraffatto dalla tensione, si è rifugiato nel Bund, il parco lungo il fiume, l’unico luogo in cui fin da ragazzo riesce a recuperare il feng shui, cioè il suo equilibrio, la serenità attraverso l’ordine delle cose. Un’espressione che nel taoismo indica il vento e l’acqua, gli elementi che plasmano la terra e sono indispensabili alla vita, e allude all’armonia dello spazio che ci circonda, capace di difendere la nostra salute. Sospinge l’essere umano al superamento dello squilibrio che si è creato tra  yin e yang, il principio umido oscuro e femminile, e il principio caldo luminoso e maschile.

Il caso ha voluto – il caso? – che seguendo l’indagine spinosa e per il momento irrisolvibile di un assassino seriale, l’ispettore capo abbia finito per imbattersi di un enigma assai più vasto e pericoloso, perché le sue radici si allungano fino alla Città Proibita, il cuore stesso del regime. A coinvolgerlo è stato il Segretario del Comitato Centrale di Disciplina del Partito, Zhao, un uomo ormai anziano e ufficialmente in pensione, ma ancora assai influente nella nomenclatura, e capace di sovvertire le sorti stesse dell’imminente Assemblea Nazionale del Popolo nella corsa all’accaparramento del Potere. Zhao è arrivato a Shangai da ‘turista’, e ha chiesto a Cao di essere la sua ‘guida’ nella visita alla città, in realtà ingaggiandolo in segreto per dipanare una matassa così aggrovigliata che persino la Sicurezza Interna non riesce a cavarci le gambe. La China Petroleum Company, uno dei colossi alla base dello sviluppo economico della Cina, sta avvelenando senza scrupoli la popolazione; e si parla di uno scandalo in grado di travolgere Kang, il capo in testa della società “rimasto coinvolto nella lotta per il potere in corso nella Città Proibita. Si parla dell’imminente diffusione di un documentario di denuncia che potrebbe infliggere un colpo fatale a lui e a tutta la banda del petrolio”.

La persona pronta a lanciare in rete la bomba mediatica è proprio Shanshan, l’antica fiamma di Chen Cao, mai più dimenticata da quando ragazzo l’aveva incontrata proprio al Bund, e sedevano complici sulla stessa panchina con in mano una grammatica di lingua inglese, proibitissima ai tempi della  Rivoluzione Culturale di Mao. Esiste una poesia che lui le aveva dedicato «Alla  musa del dormitorio e del centro ricreativo per i quadri del Partito sul lago Tai», pubblicata sullo Shangai Literature. L’ispettore capo ne tiene gelosamente una copia in tasca: il suo lasciapassare o la sua inevitabile condanna? Nella mente gli risuonano i versi di una poesia della dinastia Song: “Sono trascorsi vent’anni/ è sorprendente che io sia ancora qui.”

Una ghiandaia azzurra balena nell’aria opaca del mattino, e l’ispettore capo Chen prende una decisione; come si dice: “La vita è una lunga serie di sbilanciamenti casuali  di yin e yang”.

Anche su Shanshan esiste un video assai scandaloso commissionato dal governo per distruggerla; in esso vengono riportate le prove delle sue relazioni intime pre-matrimoniali, inammissibili per la morale corrente della Cina comunista. C’è una foto che la ritrae insieme a un “riccone”, il futuro marito: “Shanshan è sdraiata sulla schiena, con le braccia conserte sul seno, accoccolata contro Yao che le accarezzava le dita dei piedi e le unghie rosse come petali…”

Ma c’è anche un secondo filmato, ancora più compromettente, che risale a molti anni prima e che forse riguarda Chen personalmente: si vede Shanshan che rientra nella sua camera dal corridoio del dormitorio con indosso solo una maglietta. Poi dalla stessa porta si vede uscire un uomo: le luci sono spente, si distingue soltanto una sagoma piuttosto indefinita che si avvia in fretta verso le scale. E compare una didascalia: «La sgualdrina ha trascorso una notte intera con un amante segreto nella stanza del dormitorio». L’ispettore la rivive nel ricordo: “Rannicchiata tra le sue braccia: la serena radiosità dei suoi lineamenti era resa vivida dal chiaro di luna. Chen era inondato di gratitudine”.

«Nubi e pioggia», così un poema antichissimo raccontava la vicenda della dea dei monti, la quale  dopo una notte di passione prometteva al re che sarebbe tornata sotto forma di nubi e pioggia. “E da allora quell’espressione era diventata una straordinaria metafora per indicare la sensualità amorosa”.

Chen Cao è costretto a lasciare nelle mani del suo vice, il fedelissimo e intelligente Yu, il caso del serial killer che uccide ogni settimo giorno e del quale la polizia ancora non è riuscita a decifrare la logica che c’é dietro il disegno criminale. Chen indagherà su entrambi gli enigmi, durante una settimana di fuoco scandita dal lunedì al venerdì, nella quale quasi non riesce più a chiudere occhio nella corsa disperata contro il tempo. Intuisce infatti che  i due ‘casi’ in qualche modo si saldano. La vittima del primo omicidio è Xiang, una bellissima ex massaggiatrice di un club privato ora sposata con Geng, un principe rosso, anziano membro del Partito. I pettegolezzi  su Xiang e suo marito circolavano da un pezzo, ma ora è stato messo in rete un filmato, risalente a prima del matrimonio, in cui si vede “Geng seduto sul lettino, con i pantaloni calati fino alle caviglie, e Xiang accoccolata sul suo ventre, completamente nuda, con una gamba tesa per bloccare con il piede la porta del camerino ed essere sicura che nessuno riesca ad entrare. Il vecchio strofinava con vigore il pube della ragazza, che chiudeva gli occhi e raggiungeva l’estasi dell’orgasmo”.

In città, proprio al New World, il centro commerciale di lusso per l’élite facoltosa, si riunisce in assemblea plenaria il movimento contro l’inquinamento per annunciare la prossima uscita del documentario. Chen Cao vi si reca, senza mostrarsi, e rivede Shanshan che sale sul palco: “Si voltò e si sfilò il trench rosso granata, e il capelli ondeggiarono leggiadri.” Chen viene galvanizzato da una sensazione di déjà-vu: era lo stesso trench che aveva sul lago Tai, sul piccolo sampan?

Da un pacchetto sgualcito trae l’ultima sigaretta: “Aveva un disperato bisogno di nicotina. Si accese la sigaretta, poi giurò che avrebbe smesso se fosse riuscito a trovare un modo, un qualunque modo, per proteggere Shanshan”.  L’ispettore si rivolge a Melong, un vecchio amico hacker a cui promette tutti i soldi di cui personalmente dispone in cambio del suo intervento; ha bisogno di un paio di giorni, non di più. Ha compreso d’un tratto che “L’arresto del serial killer non era che la logica soluzione al problema dell’inquinamento che aveva innescato una crisi di legittimazione del sistema a partito unico”.

Ci si domanda  che ruolo svolgano nella vicenda i Zogzi di cui Chen Cao è  terribilmente ghiotto.  Sono “crocchette calde di riso glutinoso marinato in salsa di soia e ripieno di maiale e tuorlo d’uovo, sorprendentemente gustosi e capaci di amalgamare miracolosamente sapori e consistenze così diverse”. E Peiqin, la moglie del viceispettore Yu, sa cucinarli con arte sopraffina, come nessun altro nell’intera Shangai.


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