Togliere la riduzione del 50% dell’Ires a chi fa del bene è inaccettabile. La manovra in via di approvazione prevede così il raddoppio secco di tasse al terzo settore, cioè a chi s’impegna nell’alleviare le sofferenze degli ultimi. Non solo, ma i migranti che con il loro lavoro vogliono aiutare le famiglie rimaste “a casa loro”, si vedranno applicare una tassa sulle rimesse.
Perché questo accanimento verso chi ha già poco?
Perché la stretta sulle associazioni e fondazioni che si occupano di queste persone?
La risposta sta nella “teoria della pacchia” . Chi non si sostiene con il proprio lavoro è un parassita, che potrebbe fare, ma preferisce oziare. Così la povertà diventa un vizio da estirpare, una colpa che va punita, una “pacchia che deve finire”. Il disprezzo di censo del benestante verso il povero è il nerbo del “pacchismo” di destra, dove la carità è facoltativa, compassionevole, occasionale. Guai ad attenuare la sofferenza con servizi stabili e pubblici, perché là siamo già nella palude del “buonismo”. Se proprio vogliono soldi per aiutare gli ultimi – pensano i pacchisti – li chiedano in tv con le campagne dei bambini secchi che piangono.
E’ questa la società che non mi piace. E’ per cambiarla, che dobbiamo impegnarci ancora di più.
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