Siamo molto più legati al presepe di quanto vogliamo far credere. Ne teniamo uno illuminato 364 giorni riservando a un solo giorno quello della favola in excelsis deo. Sullo sfondo di Taranto-Betlemme il quartiere Tamburi è incollato al cielo nero di polveri sottili che si liquefa sul mar morto da mo’. La strage degli innocenti è già compiuta ed erode ancora… I pastori italici pascolano greggi malate di diossina e decimate da mungiture e tosature pagate miserevoli spiccioli. Le portatrici d’acqua contaminata, gli artigiani lacerati da global logo, gli operai giustiziati sul lavoro, le ricamatrici surclassate dai pizzi che garrotano, i pescatori di pesci già avvolti nella plastica, gli ortolani per stagioni inventate nei laboratori, i suonatori e i ballerini ammazzati e storditi da bulli maligni si dividono i percorsi cercando di non inciampare tra frane e squarci da inondazioni, terremoti, incendi ovvero lassismi lascivi. C’è chi vuole arrivare prima che il pargol divin muoia disidratato o ucciso da Giuseppe e Maria impazziti.
Fortuna che San Gregorio Armeno provvede ad aggiungere femmine e maschi sfavillanti ché se possono loro “io può anch’io”…
“Gloria a (qualunque) Dio nell alto di (qualsiasi) Cielo e pace in Terra a Donne e Uomini di buona volontà” ci dicono che è quello finto della favola, ma io non ci credo. Questa Terra (ancora) è vita. Potrebbe mai esserlo nei cieli, nelle strade e nei mari di quei 364 giorni spacciatori di morte eterna?
La vita dunque può (è) affidarsi esclusivamente a incessante umana buona volontà impossibile da spacciare?
Buon Natale. Quello vero.