Denis Cavatassi, l’agronomo abruzzese in carcere in Thailandia con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio del socio (e che rischia la condanna a morte) sta ricevendo decine di lettere. L’iniziativa è partita dai familiari di Denis e dal legale Alessandra Ballerini ed è stata rilanciata sull’Espresso da Fabrizio Gatti e dal sito di Articolo21
Sono lettere di scrittori, personalità del mondo politico e sociale e semplici cittadini che dialogano a distanza con Denis, che ama leggere ma che ha pochi libri a disposizione. Il primo a scrivere è stato Moni Ovadia e di recente anche Luigi Manconi che da ex presidente della Commissione per i Diritti Umani alla Camera ha seguìto da subito la vicenda di Denis e ha denunciato la privazione reiterata dei diritti fondamentali e della sua dignità umana nel carcere thailandese.
Un processo farsa quello a Denis senza movente e senza testimoni oculari. Alcune settimane fa il presidente della Camera Roberto Fico ha ricevuto i familiari di Denis nel suo studio testimoniando la sua attenzione al caso di Denis.
In attesa della decisione della Corte Suprema thailandese che speriamo arrivi rapidamente e restituisca Denis ai suoi cari pubblichiamo le lettere di Luigi Manconi e Moni Ovadia invitando chi vuole a scrivere a Denis inviando una mail a: leg-ale@libero.it
La lettera di Luigi Manconi per Denis Cavatassi
Carissimo Denis,
faccio fatica a credere che una lettera che venga da fuori, dall’Italia, dalla libertà possa portarti conforto. Quindi ti scrivo, in realtà, per confortare me. Per cercare, cioè, di immaginare, oltre al tuo nome e alla tua vicenda, la tua persona che legge queste mie parole nel profondo di un luogo infame, dove pure hai trovato la capacità non solo di resistere ma di cercare una tua liberazione.
Io conosco un po’ il carcere, sia perché da molto giovane vi passai sette mesi (ma era un luogo di detenzione incomparabilmente migliore), sia perché, nel corso dei decenni successivi, tanti ne ho visitati, da Garante dei diritti o da parlamentare. Da quest’esperienza, ho maturato una convinzione: resistere al carcere, sopravvivergli con dignità, corrisponde davvero al primo passo verso la liberazione dal carcere stesso. Mantenere vivo e attivo il cervello, e anche i muscoli (per quel che si può), significa sottrarre una parte di sé – piccola, ma preziosissima – al dominio, mentale e non solo mentale, della prigione. E prepararsi a uscirne quando ciò potrà avvenire.
E, per uscire dal carcere, vi sono mille buone ragioni: tua figlia, la tua compagna, i tuoi familiari.
A queste ragioni ne aggiungo un’altra: dovresti uscire dal carcere anche per me. Per convincermi che la mia vita non è poi così inutile, se risulterà, in primo luogo a te, che sono riuscito a darti una mano.
Un caro saluto,
Luigi Manconi
La lettera di Moni Ovadia per Denis Cavatassi:
Caro Denis,
mi chiamo Moni Ovadia, non ci conosciamo ma io ho appreso di lei e di quello che le è capitato dall’amica Alessandra Ballerini. Sono rimasto profondamente toccato dal calvario che l’ha travolta così all’improvviso
Mi ribello all’idea che ad una persona possa toccare in sorte un trattamento così crudele.
Vorrei poter fare qualcosa per lei per riscattarla da tanta ingiustizia e dalla brutalità con cui viene perpetrata.
Ho letto alcune sue riflessioni sulla condizione in cui lei si è venuto a trovare e su ciò che le hanno provocato. Ammiro la sua straordinaria forza d’animo e l’ammaestramento che lei trae dalla dolorosa esperienza che sta attraversando. L’essere umano rivela la sua tempra nella fragilità che è la nostra verità più intima, anche se talora nella routine della vita stentiamo a prenderne coscienza. Io spero con tutto il cuore che lei esca subito dall’orrenda prigionia a cui è costretto e che venga restituito ai suoi affetti. Allora potremo incontrarci di persona, per me sarebbe di grande importanza.
La abbraccio con tutta l’intensità di cui sono capace.
Moni Ovadia