Il Natale è la festa della speranza perché porta l’annuncio della buona novella. Il Natale della politica italiana, al contrario, porta l’annuncio della cattiva novella. Quest’annuncio è stato anticipato da un’intervista del “Governatore” del Veneto, Luca Zaia, al Corriere della Sera del 18 dicembre. Zaia ci ha confermato che il segretissimo progetto di uno statuto speciale di autonomia del Veneto (ma le trattative sono in corso anche con Lombardia ed Emilia Romagna) è giunto in dirittura d’arrivo, anticipandoci che l’intesa potrebbe giungere al Consiglio dei Ministri (per essere approvato dal Governo) il 21 dicembre. Ha aggiunto che potrebbe essere la data buona per scrivere una nuova pagina di storia, chiedendo che si imbocchi con decisione la strada “che dovrebbe cambiare la faccia del paese”. Sulla valutazione dell’importanza storica di quest’intesa non possiamo che essere d’accordo con lui, vediamo perché.
Nello stesso articolo il Governatore ci informa che, con il precedente governo, era stata raggiunta una debole pre-intesa, che riguardava solo cinque materie. Adesso invece è in gestazione un’intesa articolata sulle 23 materie previste dalla Costituzione “con competenze serie ed una visione prospettica per il futuro”. Questo significa che diventeranno regionali tutte le materie di legislazione concorrente, con l’aggiunta delle norme generali sull’istruzione, nonchè la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, finora riservate alla competenza esclusiva dello Stato. In questo modo verrebbero “regionalizzati” servizi attinenti a beni pubblici fondamentali, come l’istruzione, la sanità, la sicurezza del lavoro, la protezione dell’ambiente e dei beni culturali. Ciò comporterebbe anche la diretta attribuzione alle Regioni interessate del gettito fiscale in linea con le nuove attribuzioni. Abbiamo già osservato (La secessione attraverso la scuola, il Corriere dell’Irpina del 26/10/2018) che la scuola è la principale funzione pubblica che garantisce l’unità del paese, per cui, se si progetta di spezzettare la scuola pubblica e di introdurre livelli differenziati nell’istruzione per aree geografiche, seguirà inevitabilmente una narrazione differenziata della nostra vita come comunità politica. Ugualmente, se si regionalizzano i servizi essenziali per il godimento dei diritti sociali, come la sanità, si rischia di creare cittadini di serie A, di serie B e di serie C. In altre parole si potrebbe realizzare una secessione delle regioni ricche a tutto danno delle regioni povere.
Il regionalismo differenziato, previsto dalla Costituzione (grazie all’improvvida riforma del 2001), non necessariamente si deve risolvere in una calamità. Però poiché il gioco è in mano a quegli attori politici che sono nati invocando la secessione, il rischio di frazionare l’Italia in tante signorie, di rompere l’universalità dei diritti e di alzare nuove gabbie e steccati è elevato. Quanto meno è necessario che nel paese si apra un dibattito serio e trasparente sulle soluzioni che si vogliono adottare. Invece tutto avviene nel silenzio più assoluto ed impenetrabile. Quando quest’intesa emergerà, perché il Consiglio dei Ministri dovrà approvarla e presentarla al Parlamento, i giochi saranno fatti. La Costituzione richiede solo che l’intesa sia approvata dalle Camere a maggioranza assoluta. Con l’apposizione della fiducia può essere strozzato ogni dibattito nel Parlamento e nel paese. Una volta approvata, la legge (e l’intesa) non potrà essere più cambiata. Non potrà cambiarla il popolo, perché si tratta di una legge non sottoponibile a referendum abrogativo; non potrà cambiarla il Parlamento, perché occorrerebbe il consenso della Regione interessata ed è implausibile che una Regione che abbia ottenuto dei privilegi vi rinunci.
Siamo di fronte ad un evento che potrebbe cambiare il volto del Paese e si tratterebbe di un cambiamento irreversibile. Forse quest’anno invece della novena di Natale dovremmo cantare Va’ pensiero, pensando alla nostra Patria, sì bella e perduta.
di Domenico Gallo edito dal Quotidiano del Sud