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Il caso Amica geniale

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Molti si stupiscono del successo de L’amica geniale, come se fosse un miracolo radunare oltre 7 milioni di italiani davanti all’adattamento televisivo di uno dei più bei romanzi della letteratura nazionale contemporanea. Gli stupefatti sono quelli che hanno sempre detto che con la cultura non si mangia, ma solo se si mangia si fa audience, propiziando l’invasione di cuochi con l’avvento della fornello-crazia televisiva.
Eppure, non è la prima volta che la cultura fa centro. E’ capitato con Alberto Angela che illustrava la Cappella Sistina e altre meraviglie d’Italia. O al teatro, quando ho visto ragazzi delle medie superiori entrare in sala come mandrie nel mattatoio sospinte da eroiche insegnanti e poi entusiasmarsi  vedendo Le Rane di Aristofane, con i bravissimi Ficarra e Picone.
La questione quindi non è lo spessore dell’argomento, ma la cura con cui lo si espone, cercando di esaltare i contenuti profondi con le emozioni, senza che nessuna di queste due componenti fondamentali cannibalizzi l’altra. Non è un equilibrio semplice, ma nella letteratura c’è ampia scelta. E la televisione può riscoprire un ruolo strategico per l’elevazione della cultura collettiva, che ha svolto meravigliosamente nei suoi esordi e poi inspiegabilmente abbandonato.
Insomma, non fermiamoci all’Amica geniale: vogliamo emozionarci con altre storie.

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