Sono i giornalisti perseguitati per il loro lavoro le”persone dell’anno” 2018 secondo Time. Un riconoscimento ai “guardiani della verità”, come si legge nella motivazione della scelta annunciata oggi dal magazine statunitense che per la copertina del 24 dicembre ha scelto la foto di Jamal Khashoggi, editorialista saudita del Washington Post ucciso nella sede diplomatica di Riad a Istanbul lo sorso 3 ottobre.
Con lui, Time ricorda anche le cinque vittime della sparatoria nella redazione della Capital Gazette, e altri tre giornalisti: la filippina Maria Ressa e i due reporter della Reuters arrestati in Myanmar, Wa Lone e Kyaw Soe Oo. Annunciando la decisione, il direttore Edward Felsenthal ha sottolineato che 52 giornalisti sono stati uccisi nel 2018.
Oltre a quella del giornalista dissidente assassinato in Turchia, caso che ha assunto rilevanza internazionale, la rivista patinata più influente degli States ha voluto sottolineare le vicende di tanti, troppi, giornalisti perseguitati nel mondo.
Come la storia di Maria Ressa, autrice di articoli critici della politica del presidente filippino Rodrigo Duterte, incriminata il mese scorso per evasione fiscale. Rischia fino a dieci anni di carcere. Ex giornalista della Cnn, dirige ora il sito di news Rappler.
Il numero più importante del 2018 del magazine americano è dedicato anche a Wa Lone e Kyaw Soe Oo, due reporter della Reuters in carcere da un anno in Myanmar. A settembre sono stati condannati a sette anni di detenzione per aver ottenuto documenti confidenziali sulla persecuzione della minoranza etnica dei Rohingya.
Questa notizia, a pochi giorni dalla festa di Articolo 21, alla Casa delle donne il 13 dicembreD alle 19, che vedrà tra i premiati Deniz Yucel, giornalista turco / tedesco che ha trascorso 11 mesi in carcere da innocente, e Corinne Vella, sorella della cronista maltese Daphne Caruana Galizia assassinata un anno fa, conferma che mai come ora la battaglia per la libertà di informazione debba essere combattuta con grande determinazione. Più compatti che mai, come ieri davanti al ministero dello sviluppo economico, con l’assemblea pubblica promossa dalla Federazione Nazionale della stampa contro il precariato e per il pluralismo dell’informazione.
L’indipendenza della libertà di stampa, un diritto sancito nell’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che proprio ieri è stata celebrata in tutto il mondo nel 70° anniversario della proclamazione, è un valore essenziale alla costruzione di una società democratica.
Un diritto fondamentale, dunque, prerequisito per la protezione e la promozione di tutti gli altri diritti umani.
Ed è per questo che, insieme ai tanti colleghi imprigionati, in particolare in Turchia il più grande carcere per gli operatori dei media, quelli perseguiti e uccisi solo per aver cercato di raccontare storture e violenze dei regimi che ancora in tante parti del mondo vessano le proprie popolazioni, come il fotoreporter Shawkan, troviamo giusto ricordare anche Giulio Regeni e tutti gli attivisti o semplici cittadini vittime di violenze e torture in ogni angolo del mondo.
Ognuno di noi che scrive o racconta in autonomia storie difficili, dimenticate, che magari non fanno audience, e che ha scelto di non sottostare a imposizioni e logiche di share, sa bene quanto l’esercizio della professione di giornalista e il diritto a farlo autonomamente non siano scontati ma necessitino di un ambiente sicuro, nel quale tutti possano operare senza timore di rappresaglie.
Ciò vale soprattutto per quei colleghi che lavorano in contesti dove queste garanzie non sono minimamente assicurate.
Tanti i giornalisti che nonostante i rischi hanno portato avanti con determinazione e coraggio il proprio impegno professionale, il mio pensiero va tra gli altri a Andrea Rocchelli e Tim Hetherington, colleghi di grande valore che per la loro voglia di raccontare vicende e notizie ‘scomode’ hanno sacrificato la propria vita.
A distanza di anni, dopo la rabbia, il dolore e il cordoglio, ci resta la memoria dell’esempio virtuoso di buon giornalismo che entrambi hanno sempre perseguito.
A loro, oggi, ogni giorno, va il nostro ringraziamento per aver difeso la libertà di informazione interpretando nel modo più alto e coraggioso possibile la nostra professione.