Il 20 settembre 2018 il Tribunale di Catania emetteva un provvedimento di sequestro-confisca dei beni dell’editore siciliano Mario Ciancio Sanfilippo. Il 20 settembre 2018, giorno della confisca, ad oltre 400 chilometri di distanza, a Bari, accadeva l’inferno: lo storico giornale della Puglia e della Basilicata, la Gazzetta del Mezzogiorno, improvvisamente si ritrovava “congelato” nell’amministrazione giudiziaria, affidata dai giudici per tutti i beni in capo all’editore Ciancio, azionista di maggioranza della Edisud spa che edita il giornale di Bari. I Motivi? Presunte collusioni con soggetti mafiosi in quel della Sicilia, mentre in Puglia oltre 140 famiglie – tra giornalisti e poligrafici – si ritrovano da allora su un precipizio senza sapere neanche perché. L’anomalia di un giornale finito nelle maglie del Codice antimafia senza che abbia mai avuto a che fare con la mafia, sta tutta qui: una voce storica, che da 130 anni informa i cittadini di Puglia e Basilicata su ciò che accade in ogni singolo comune, rischia di spegnersi per sempre. E un’azienda di Bari in profonda crisi, come tante aziende editoriali in Italia, rischia di precipitare perché l’applicazione del Codice antimafia e i tempi della giustizia, che deve ovviamente fare il suo corso, non consentono di sanare i debiti, ma al massimo di coprire i costi con i ricavi. Un conto economico a cui, inevitabilmente, finisce per rimanere “impiccato” il sacrosanto diritto all’informazione dei cittadini pugliesi e lucani, i quali ogni giorno si recano in edicola per comprare il “loro” giornale, lo sfogliano nei bar o dal parrucchiere, lo commentano in piazza e lo citano quando vogliono dare peso alle cose che dicono (“Non ci credi? Lo ha detto la Gazzetta!!!”).
Al momento 52 giornalisti a tempo pieno e 25 redattori part-time, distribuiti nelle 8 province di Puglia e Basilicata, non percepiscono lo stipendio e le tredicesime a causa di quei conti. Si chiede loro di far fronte all’emergenza rinunciando al 50% dello stipendio, dimenticando i sacrifici che da oltre sei anni già sopportano nell’ambito degli stati di crisi (contratti di solidarietà e cassa integrazione) sottoscritti dinanzi al Ministero e che hanno comportato l’uscita di ben 40 giornalisti dal lavoro. Soprattutto, si dimentica che un giornale non può essere fatto “a metà”, non èuna salumeria, una fabbrica di bulloni o un’azienda edile che vive di commesse. Il giornale vive del lavoro che ogni giorno, con grandi sacrifici, redazioni già ridotte all’osso riescono a garantire, verificando le notizie, realizzando approfondimenti, raccontando ciò che accade in ogni campanile dei quasi 300 comuni di Puglia e Basilicata, dove lavorano a loro volta corrispondenti e collaboratori pagati appena 5,75 euro ad articolo per assumersi responsabilità incredibili sui fatti di cronaca, di politica o di sport. Un giornale, insomma, è un corpo vivente che ogni giorno “vive” negli occhi dei suoi lettori, fatto di una testa (i giornalisti che lo pensano), di un busto (i giornalisti che lo scrivono) e delle gambe (i poligrafici che lo disegnano e lo stampano in rotativa) che deve poter camminare sempre, per garantire ogni giorno un prodotto di qualità ai suoi veri proprietari – i lettori – e tutelare il loro diritto di essere cittadini informati.
I giornalisti della Gazzetta non si sono dati per vinti. Hanno scritto e pubblicato sul giornale una lettera aperta al Presidente Mattarella, chiedendogli di farsi garante – come più volte ha fatto e testimoniato in questi mesi a sostegno del pluralismo dell’informazione – dei principi dell’Art. 21 che, per vicende giudiziarie lontane, rischiano di essere compromessi in Puglia e Basilicata. E hanno lanciato una grande mobilitazione sociale, chiamando tutti i lettori ad essere vicini al loro giornale il 29 dicembre: una copia in più, da prenotare in edicola, per testimoniare quanto importante sia per loro la Gazzetta. Le adesioni sono arrivate a valanga, dai politici agli imprenditori, dagli attori ai cantanti, dai professionisti ai semplici pensionati, affezionati a quel giornale che ha raccontato e vuole continuare a raccontare la loro terra, la loro gente, la loro vita quotidiana. E il risultato è stato il record delle copie vendute, 50mila su53mila stampate dalla rotativa, per un quotidiano che ormai si struttura su un venduto medio di 18mila copie. E’ anche arrivata, su sollecitazione del presidente della Regione Emiliano, la convocazione nella Task force per le crisi industriali presso la Regione e in quella sede, alla presenza degli amministratori giudiziari e dei segretari regionali Cgil, Cisl e Uil, il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso ha ricordato il primato della qualità dell’informazione e del ruolo storico che la Gazzetta ha nelle due regioni rispetto alle vicende economiche dalle quali, loro malgrado, i giornalisti sono stati travolti.
Di più: i giornalisti della Gazzetta hanno deciso di scendere in piazza insieme alla loro gente. E così la principale strada di Bari, via Sparano, in mattinata si è animata per un flash mob cui hanno partecipato in centinaia sventolando la loro copia della Gazzetta in mano, mentre gli orchestrali del Teatro Petruzzelli suonavano coi loro fiati celebri pezzi jazz e swing dinanzi alla centrale Chiesa di San Ferdinando. Lì l’artista Maria Piperno, con i bimbi della città vecchia radunati dal centro Anspi, ha realizzato con i fogli del giornale una statua di cartapesta da donare alla Gazzetta. Alle 18, nella stessa giornata, si è animata anche la Galleria Mazzini, nel centro storico di Lecce, mentre altre iniziative si sono svolte per il “Gazzetta day” a Potenza.
Segnali di affetto e di partecipazione alla vita del loro giornale, quello a cui non puoi rinunciare ogni mattina – hanno detto tantibaresi lanciando messaggi sui social network – al momento del caffè o della focaccia. Segnali di una terra e di un popolo che vogliono, così, ricordare agli amministratori giudiziari nominati dal lontano tribunale di Catania – richiamati presso la Task Force della Regione il prossimo 22 gennaio – che nessun cittadino pugliese o lucano intende rinunciare al suo bene primario, quello di essere informato, di conoscere ciò che accade sotto l’angolo di casa o nel Basso Salento, nel più sperduto comune del Gargano o nel piccolo municipio del Potentino. Di essere, così, un cittadino più libero e protagonista di una autentica democrazia.