Editoria, Silvestri: a rischio non solo posti di lavoro ma agibilità dell’informazione

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Per valutare quanto si perderà in termini di democrazia e conoscenza dopo il taglio dei contributi previsti dal fondo per il pluralismo dell’informazione, bisogna considerare il “come” e il “cosa” non verrà più raccontato. La Campania per esempio rischia di essere oscurata e si tratta di uno dei territori che più hanno bisogno di riflettori, analisi, controllo; è anche una delle aree più complesse e più difficili da narrare poiché le storie della Campania sono storie di cronaca nera, giudiziaria, intrecci tra economia e politica, bancarotte e se ne può scrivere davvero solo finché esisteranno redazioni strutturate con giornalisti adeguatamente formati, dignitosamente retribuiti e con una testata che li aiuta e protegge. Non si illuda nessuno: l’informazione digitale, quella fondata su siti e (sempre più spesso) blog non ce la può fare a sostenere cronache di questo tipo perché nella quasi totalità dei casi quei siti hanno un solo giornalista, quasi sempre senza contratto giornalistico e costretto a fare un lancio ogni dieci minuti, quindi senza alcuna possibilità, effettiva, di realizzare inchieste e nemmeno di leggersi gli atti di un’indagine giudiziaria.
Le società editoriali colpite dai tagli in Campania sono cinque, le testate sette: Il Sannio Quotidiano, Metropolis, Il Golfo, Il Giornale di Napoli, Il quotidiano del Sud, Cronache di Napoli, Cronache di Caserta, Il Roma (quotidiano storico, fondato nel 1862). Se queste testate smettono di andare in edicola, intere province della Campania resteranno senza una quotidiano della carta stampata e il sistema attuale non ha una rete per l’informazione digitale in grado di prenderne il posto né sul piano tecnico né su quello occupazionale. “E’ incredibile come sia stata presa a cuor leggero la possibilità di una desertificazione dell’informazione nella regione Campania. – dice Claudio Silvestri, segretario del sindacato dei giornalisti campani – Avellino, Caserta e Benevento potrebbero restare senza un quotidiano che parla del territorio e lo racconta a tutto tondo. Impossibile non vedere il vulnus, non solo economico e professionale, che si sta creando. La Campania ha bisogno di essere raccontata. E’ un’area ad alta densità mafiosa, ogni anno molti Comuni vengono sciolti per condizionamento esterno. Pensiamo alla provincia di Caserta, dove il problema dell’inquinamento non è risolto, anzi le preoccupazioni di una recrudescenza sono visibili”.
Dunque questo Governo non vuole vedere quello che ha abolito tagliando i contributi ai giornali?
“Non lo so, ma il sospetto c’è. Ma si può pensare che il problema della camorra in Campania, dei rifiuti, della sanità, delle collusioni tra clan e politica possa sparire se non se ne parla, non se ne scrive e dunque non se ne legge? Proprio nel momento in cui c’è maggior bisogno di illuminare questa terra e questi problemi noi che facciamo? Spegniamo la luce?”
I sostenitori dei tagli dicono che ormai i giornali di carta non li vuole nessuno e i lettori si orientano verso l’informazione della rete.
“Ma la rete, ad oggi, si fonda su siti che hanno un giornalista, una persona sola che deve fare tutto, ossia seguire arresti,omicidi, consigli comunali, processi per camorra. Come fa? Non lo fa. Al massimo può passare comunicati perché non ha il tempo e spesso neppure la formazione per seguire un’inchiesta sulla malavita organizzata. Per fare un lavoro puntuale serve una redazione. Qui non è in gioco soltanto il reddito dei giornalisti e dei lavoratori dell’indotto, no qui è in ballo l’agibilità dell’informazione e della democrazia. In territori del sud come la Campania si sta anche facendo un favore alle mafie, le quali prosperano nel silenzio”


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